Corriere della Sera - 10.03.2020

(Nandana) #1


24 Martedì10Marzo2020 Corriere della Sera


SEGUEDALLA PRIMA


R


estiamoallora su quella linea
eandiamoaleggerelenoti-
zie che arrivano oggi da
Wuhan,capoluogo di una
provinciacentrale dellaRe-
pubblicapopolare, lo Hubei,
doveviveuna popolazione
checorrisponde nei numeri
aquella italiana (oltre60mi-
lioni di abitanti).Èfonda-
mentale farlo per riflettere
su quantostacapitando a
noi. Ieriinuovi infetti a
Wuhan, città da 11 milioni di
persone,erano 36.Perilse-
condo giornoconsecutivo,
invece, nessun nuovoconta-
giatoregistratonel restodel-
la Cina. Con orgoglio,elavo-
lontà di ribaltareinfretta la
rappresentazione delPaese
dacolpevoleavirtuoso, ilre-
gime mostra lefotodegli
ospedali d’emergenza men-
trevengono smantellati.
Capiremo prestosel’epi-
demia stia arretrando per
semprenei luoghi dovesi è
generata; nel frattempo l’ita-
lia da ieri seraèentrata in
una fase nuova.Èilmomen-
todi innestarelamarcia in-
dietro, che—speriamo —
correrà in parallelo all’espe-
rienza cinese doveiguariti
sono il 70 percento.
La domanda che tutti fan-
noesifanno in questeore è
giustaesemplice: può una
democrazia classicaocci-
dentale sopportarelaterapia
che hafermatolasocietà e
l’economia attorno alla pro-
vincia dello Hubei? Chiusure
arafficadiuffici, negozi e
fabbriche; stopatutti gli
spostamenti interni;control-
li nelle stradeesanzioni du-

re;famiglie bloccateincasa
da oltreunmeseconlaspesa
consegnata aicancellicon-
dominiali; ilcampionatodi
calcio sospeso senza neppu-
reun po’ di dibattito...
Come possiamo trovare
una strategia, eccezionale e
nostra,capacediallinearela
democraziaconuno statodi
emergenza, rispondendoco-
sì anche ai dubbi del New
York Times apropositodella
capacità/incapacità italiana
di rispettare(enon eterna-
menteaggirare) leregole?
In questi giorni—che
sappiamo esseregli ultimi
decisivi per scongiurareil
collasso degli ospedali —
ciascuno di noi ha assistito
sgomentoalla spericolata fu-

ga dal Norddimigliaia dire-
sidentiverso leregioni meri-
dionali d’origine (il governa-
toreEmiliano hacontato
9.362 pugliesi di ritorno).
Abbiamo vistolefotodei
parchi milanesi pieni di ra-
gazzieragazzeinuna dome-
nicadisole. Ci siamo spaven-
tati davanti alle immagini
dolomitiche dellafolla inco-
da agli impianti di sci. Abbia-
mo smesso di sorridereper
l’audacia di chirompe la
quarantena per portarein
salvo«almenoifigli»edichi
non riesceaesultareadi-
stanza per un golaporte
chiuse. Soprattutto, ci siamo
chiesticome mai all’interno

per l’area arancione.Pergli
italiani il perimetrodella «si-
curezza» non potevachecor-
rispondereaiconfini delPa-
ese intero. Non potranno più
esserci né incomprensioni
tra cittadini né salti tra pro-
vince. Né migrazioni alcon-
trarionécondizioni speciali
perilVenetoche, perfortuna
emerito, ha numeri in mi-
glioramento.
Qualcuno suggerisce, in
questa grande provanazio-
nale senza appello, l’uso del-
l’esercito. Ma nonc’èbiso-
gno di militarizzareilPaese, i
soldati possono aiutarepoli-
ziaecarabinieri sulterritorio
—einpartegià lo fanno —
comeèaccadutoinaltre
emergenze, dallecalamità
naturali alterrorismo.
La grande paura, natural-
mente,èilbloccodell’econo-
mia nazionale. Ilregime di
Pechino sièpotutopermet-
teredicongelaretuttoetutti,
economiaesocietà, garan-
tendo che «la mano statale»
sosterràicosti della crisico-
me della ripresa. Di nuovo
avremo bisogno di trovarela
nostra via, occidentaleelibe-
rale, per progettareildopo e
per limitaresin d’oraidanni
dello spread.Edinuovola
nostra risposta esiste:èl’Eu-
ropa, rimasta finora quasi
afona in mezzoaidati asim-
metrici degliStati membri.
Quelcambio di passo che
chiediamoachi ora dovrà vi-
gilaresul rispettodinorme
radicalitoccaancheanoi.
Nella difesa ostinata di uno
stile di vitafondatosul movi-
mentoesulla sfida, ci sentia-
moprobabilmentepiùforti.
Siamo inrealtà ostaggi di
unaforma di pigrizia macro-
scopica: non riusciamo a
concepireildisagio, non riu-
sciamo ad affrontarelafatica
dicambiarevita, la faticadi
rallentare, di starefermi per
il bene degli altri.Enostro.
©RIPRODUZIONE RISERVATA

dellanuova«zona di sicurez-
za» non sia rimasta lazona
rossa originariaasegnalare
un’areaancora più presidia-
ta. La rispostaèche il blocco
ha funzionato:idati dicon-
tagio sono simili tra Codo-
gnoeMilano. Nonèuna
buona notizia in sé, non per
il capoluogo lombardo, ma è
la provache sappiamocome
agireper usciredall’angolo.
Laveritàèche siamo arri-
vati aunbivio che ha impo-
stosceltechiare, definitive,
sacrifici per tutta la penisola,
scelte«non facili»—come
ha dettoilpresidentedel
Consiglio Giuseppe Conte—
eche da questa mattina sono
in vigore.Èunpassaggio sto-
rico, senza precedenti per le

generazioni che non hanno
conosciutolaguerra, ma che
invocaadesso la determina-
zione di chi ci governaedi
chi ci amministraafar ri-
spettareleregole di isola-
mentoetutela necessarie al-
lacomunità. LoStato, che ci
rappresenta, deveporreri-
medio senza indulgenza ai
casi di indisciplina.
In nome di questocheèun
obiettivonazionale,econsa-
pevoli di quella lineatempo-
rale che ha unitoeunirà in
sequenza rapidaPechino-
Milano-Roma-il Sud-ilresto
del mondo,èstatogiusto
estendereatutteleregioni le
misureprevistedall’8 marzo


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ANALISI
&
COMMENTI

A


dispettodellaco-
rona, laforza del
virus è ilcollettivo.
Nellecellulecon-
taminateilvirus
perde la sua individualità
strutturale per dissolversi in
qualcosa di più grande: la
malattia. Inteoria noi do-
vremmo farelostesso, op-
porre al suocollettivo uncol-
lettivougualeecontrario. I
cinesi ci sono riusciti. Maver-
rebbe da dire che hanno avu-
togioco facile, potendocon-
tare su una tradizionefonda-
ta suTao, Confucio e Mao,ov-
verosu una mentalità in cui

l’individuo esistesolocome
partediuntuttoetrovala
propria ragion d’essere esclu-
sivamentenell’accrescimen-
todel benecomune. Non a
caso la metafora è sempre la
stessa, l’alveare, ilformicaio,
una societàconsacrata all’eti-
cadel dovere.Manoi? Be’,
noi, senza andaretroppo in-
dietroecostringerciaunri-
passino delle numerosecan-
zoni civili della letteratura
(Italia mia, benché ‘l parlar
sia indarno...), dalla nostra
ultima vicendacollettivasia-
mo usciticon le ossarotte. Il
ventennio fascista ha prodot-
tocomereazione, nei decen-
ni successivi, un legittimo bi-
sogno di dissidenza e spirito

critico, quest’ultimo trasfor-
matoprestointotemdella
democrazia ed esibito spesso
dal primo che passa nei modi
più arbitrarieinconsistenti.
Pernoi criticareèindispen-
sabile, anche quandoèun
esercizio praticatosenzaco-
noscenzeecon argomenta-
zioni improvvisate. Criticare
ci hareso indubbiamente
spiriti liberi — e questa è una
grandefortuna—maèdi-
ventatoinpiù occasioni un
modo pretestuoso percolti-
vareil nostronarcisismo, il
nostroqualunquismo, il no-
stro menefreghismo.Per noi
l’alveareeilformicaio sono
cose brutte, posti da sfigati.
L’etica del dovereci favenire

in mente solo societàtotalita-
rie, mentrenoi amiamo fare
quello che ci pare, tipo pren-
dere un treno etornarcene da
mamma, anche se questo
comporta il rischioconcreto
di estendere ilcontagio.
Pensoatuttociò mentre
storincasando in bicicletta,
dopo che non sono statoal
bar, non ho fattolaspesa,
non hocomprato il pane.Ro-
maèguardinga,forse solo
perplessa. Anche sulla pista
ciclabile chi mi incrocia si
tiene a distanza, diciamo pu-
reche mi scansa. D’un tratto,
uomoodonna, siamo tutti
più disponibiliacedereil
passo. Ma non ècortesia.
Unavoltaacasa, vistoche
non possovederenessuno,
mi attaccoal telefono.
Secondo il mio amico
Gianfrancoc’èancora spe-
ranza: una studentessa pu-
gliesecon cui si è sentito per
latesi di laurea gli ha detto
cheèrimastaaMilano per

non metterearepentaglio la
vita degli altri. Non tutti pen-
sano ai fatti propri dunque,
c’èanche chi hacapitoche,
almeno in questocaso, pen-
sare agli altri è anche un mo-
do per pensare a se stessi.
La secondatelefonata è per
mia madre, che vive a Trieste.
Cercadi mostrarsi salda nelle
convinzioni razionali, ma via
via che laconversazione pro-
cede miconfessa di aver ri-
nunciatoalla passeggiata
quotidiana per timoreche il
virus aleggi nell’aria. Lacapi-
sco, le notizie fanno pensare
auno scenario daromanzo
distopico.Epoic’èl’idea di
questa sciagura impalpabile,
fatta di parassiti acellulari,
microrganismi grandi qual-
che milionesimo di millime-
tro che si moltiplicano in mo-
do esponenziale proprio sot-
toi nostri occhi mentre sem-
bra che non stia succedendo
niente. È il sublime matema-
ticodiKant, la potenza del-

IGIOVANIEILVIRUS


L’INFINITAMENTEPICCOLO


CHEVEDETUTTINOI


l’infinito naturale (qui infini-
tamentepiccolo), rispettoal
quale l’essereumano prova
meravigliaealtempo stesso
il terrore di esserne sopraffat-
to.Poi peròmiracconta che
sta per andare acasa della ni-
potina per prepararle il pran-
zo. Maria è una ragazza sensi-
bile e di grandi ideali, ma non
rinunciacertoallevariefe-
sticciole organizzate in questi
giorni al postodella scuola.
Né rinuncia poiabaciaree
abbracciare la nonna.
È così, mi dice il mio amico
Alberto nellaterzatelefonata,
i comportamentivanno dalla
paranoia all’incoscienza. E mi
fa una serie di esempi tratti
dalla suacasistica personale,
lì nel pronto soccorso del po-
liclinico Gemelli, dovelavora.
Per i giovani il virus è un pro-
blema deivecchi.Igiovani
non lovedono, per loronon
esiste. Il fatto è che, se tu non
vedi il virus, il virusvedete.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

IL CAMBIO DIPASSO


NECESSARIOPERILPAESE


EpidemiaesicurezzaSiamoaunbiviochehaimposto


scelteradicaliecheinvocaadessoladeterminazionedi


chicigovernaafarerispettareleregolesenzaindulgenza


diBarbaraStefanelli


C


osa succede se siferma ilTerzo
settore inItalia? Ci siamofatti più
volte la domanda, ma solo in modo
provocatorio.Adesso però che l’emergenza
Coronavirus sta attraversando e
sconvolgendo le vite di tutti, il rischio va
seriamente valutato.Terzo settore è tante
cose: sono le cooperative chefanno servizi
nelle mense o nelle biglietterie dei musei;
che gestiscono lo sport di base e i centri
sportivi; che danno lavoro alle persone
svantaggiate; che seguono gli anziani
e i bambini dei nidi e della scuola
dell’infanzia; chefanno le guide nei musei
e lavorano nel mondo della cooperazione
internazionale; che aiutano le donne
vittime di violenza domestica.Tante cose,
tutte indispensabili secondo il principio
della sussidiarietà: lo Stato riconosce il
valore dei servizi che offrono e insieme si
collabora per la gestione del bene comune.
Maora?Fermi i servizi,ferme le
cooperative.Con due conseguenze che la
portavoce delForumTerzo settore Claudia
Fiaschi va ripetendo a tutti gli
interlocutori istituzionali: che questo
mondo venga messo in ginocchio, perché
non ha liquidità sufficiente perfar fronte
alla mancanza di entrate. E che allo stesso
tempo salti tutto il sistema del welfare nel
Paese. «L’azione virtuosa del singolo
rivolta agli altri, tanto più a coloro che
sono in una posizione di maggiore
fragilità, è un mattone per l’edificio dello
Stato»: il premier GiuseppeConte, in
occasione della Giornata del volontariato,
aveva usato una immagine molto efficace
per valorizzare il ruolo di questereti.
A maggiorragione, dunque, bisogna
proteggere il «mattone» per evitare che
l’edificio crolli. Sostenere chifa economia
sociale e solidale è anche un primo segnale
per indicare la via d’uscita da questo
tunnel.Coinvolgerli nelle scelte strategiche
e di visione sarebbe molto opportuno:
perché nel momento in cui la crisi sarà
passata bisognerà ricostruire il tessuto
sociale delPaese e serviranno l’energia,
la passione, la competenza e la capacità
solidale di queste cittadine e cittadini.Non
lasciamoli soli. © RIPRODUZIONE RISERVATA

NONLASCIAMOSOLO
ILTERZOSETTORE:
NEAVREMOBISOGNO

diElisabettaSoglio


ILLUSTRAZIONEDI


DORIANOSOLINAS


diMauroCovacich

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