10 Mercoledì 11 Marzo 2020 Il Sole 24 Ore
Primo Piano Coronavirus
5
MILIARDI
DI DOLLARI
La «tassa»
pagata agli high
frequency trader
(che sfruttano gli
arbitraggi)
quantificata da
uno studio della
Financial Conduct
Authority, la
Consob inglese
MERCATI
Faro sui titoli delle crociere. Royal Caribbean ha tentato
ieri un mini rcupero dopo il crollo del 25% del lunedì nero.
A provare a sostenere i titoli del comparto crociere, così
come di quelli del settore aereo, è stato il presidente
statunitense Trump, che ha promesso aiuti al comparto.
20 anni
LO SCOPPIO DELLA BOLLA «DOT COM»
Esattamente 20 anni fa, il 10 marzo del 2000, scoppiava a
Wall Street la bolla dei titoli tecnologici
Il rimbalzo dura poche ore,
Borse europee ancora giù
Mercati sotto stress. L’annuncio di misure di stimolo da parte della Casa Bianca sostiene i listini,
ma il ritardo nell’arrivo li frena. Chiudono due Etf a leva sul petrolio. Solo Wall Street tiene duro
Morya Longo
Venti anni esatti fa, il marzo del
, scoppiava la bolla delle .com.
Il grande crollo di Wall Street che
mise fine alla madre di tutte le gran-
di speculazioni finanziarie. Venti
anni dopo non si poteva trovare mo-
do peggiore per rendere “omaggio”
alla lezione di quella crisi: dopo il
crollo di lunedì scorso, ieri il fisiolo-
gico rimbalzo dei listini è infatti du-
rato solo poche ore in Europa. Sono
bastati il tergiversare della Casa
Bianca (che aveva annunciato misu-
re «sostanziali» per aiutare l’econo-
mia) e l’annuncio della Regione
Lombardia (che intende chiudere
tutto tranne i servizi essenziali) per
far ricadere tutti i listini del Vecchio
continente nel precipizio. Alla fine di
una seduta che era iniziata bene, il
bollettino è dunque ancora ne-
ro: Milano -,%, Francoforte
-,%, Parigi -,%. Solo Wall Street
in serata era ancora positiva, in atte-
sa delle misure di Trump.
Alta tensione
Questi movimenti erratici sono tipici
dei momenti di grave turbolenza sui
mercati. Hanno a che fare con il pani-
co da un lato e con i meccanismi tec-
nici della finanza dall’altro L’indice
Market Risk Indicator di Bloomberg,
che misura la volatilità di tutti i mer-
cati, è arrivato al massimo dai tempi
di Lehman Brothers. L’indice Vix,
che invece misura la volatilità di Wall
Street, ieri quotava intorno a : al
massimo dal , anche se lontano
dai picchi toccati in quell’occasione.
Il problema è proprio qui: sebbene
sia comprensibile per l’eccezionalità
del momento, questa erraticità dei
mercati rischia di diventare la miccia
in grado di rendere l’emergenza eco-
nomica nata da quelle sanitaria an-
cora più grave. Insomma: se il coro-
navirus ha prodotto una crisi econo-
mica e questa si è riverberata sui
mercati finanziari, il rischio ora è che
siano i mercati finanziari ad amplifi-
care la crisi dell’economia.
I segnali di stress
Il vero rischio di questa situazione
è che i mercati finanziari si inceppi-
no, e con essi la capacità delle im-
prese di rifinanziare i debiti in sca-
denza. Questo trasformerebbe una
comprensibile fase di panico sui
mercati in una vera e propria crisi di
liquidità delle aziende, e dunque in
un aumento dei default. Il Europa il
principale canale di finanziamento
delle imprese è quello bancario,
mentre negli Stati Uniti è quello del
mercato obbligazionario. Il proble-
ma è che entrambi i settori iniziano
a soffrire davvero. Soprattutto
quello statunitense.
Ieri Moody’s ha diramato una no-
ta per dire che il coronavirus «avrà
un impatto negativo sulle banche
europee». Le istituzioni creditizie -
scrive l’agenzia di rating - «vedran-
no un deterioramento del portafo-
glio crediti». Insomma: aumente-
ranno i crediti deteriorati. Per ora,
scrive però Moody’s, l’impatto è «li-
mitato». Diventerebbe severo solo in
caso di prolungata emergenza sani-
taria. Morale: sulle banche le tensio-
ni ci sono, ma (grazie anche al fatto
che negli ultimi anni si sono raffor-
zate) non sono ancora gravi. In ogni
caso il settore, dal primo caso di co-
ronavirus scoperto a Codogno il
febbraio, ha perso il ,% in Europa
e il % in Italia.
Più seria ancora è la situazione del
mercato obbligazionario statuniten-
se, dove molte aziende (incluse quel-
le ad elevato debito e bassa affidabi-
lità) trovano finanziamenti vitali per
sopravvivere. Il mercato dei corpora-
te bond è illiquido per sua natura e,
ormai, è in completo stallo: sono
sparite le emissioni (segno che nes-
suno sta rifinanziando i debiti) e so-
prattutto sul settore aereo e petroli-
fero dello shale oil i rischi sono eleva-
ti. I loro bond hanno registrato prezzi
in caduta in questi giorni.
Una crisi del mercato obbligazio-
nario metterebbe in difficoltà anche
chi quei soldi alle imprese li ha pre-
stati in passato: i fondi di investi-
mento e gli Etf. Già ieri due Etf a leva
legati al petrolio (Wisdom Tree Brent
e Wti Crude Oil X)sono stati «termi-
nati» perché il crollo del greggio lu-
nedì ha fatto scattare la clausola della
chiusura anticipata. Ma anche altri
Etf (sebbene nel complesso il settore
stia reggendo) sono sotto stress: al-
cuni legati al petrolio, altri legati pro-
prio ai bond aziendali ad alto rischio.
I segnali di tenuta
Siamo dunque al punto di non ritor-
no? Ancora no secondo molti addetti
ai lavori: alcuni indicatori sembrano
infatti mostrare che lo stress - pur
elevato - non è su livelli raggiunti
nelle crisi del passato. Questo signi-
fica che la crisi finanziaria non sem-
bra ancora essere diventata sistemi-
ca. Capital Economics ha per esem-
pio monitorato vari indicatori che
misurano la “salute” del sistema fi-
nanziario. Con risultati tranquilliz-
zanti: «Questi indicatori si sono
mossi da quando è iniziata l’attuale
turbolenza - scrivono gli economisti
di Capital Economics -, ma nulla di
paragonabile con quanto accaduto in
passate crisi finanziarie». Insomma:
ancora il punto di rottura, sui merca-
ti, sembra non essere stato toccato.
Ma si avvicina.
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Variazione % di ieri e da inizio anno
IERI DA INIZIO ANNO
-23,
Milano
Ftse Mib
-3,
-21,
Madrid
Ibex 35
-3,
-29,
Mosca
Rts
-13,
-22,
Parigi
Cac 40
-1,
-19,
Europa
Stoxx 600
-1,
-20,
Londra
Ftse
-20,
Francoforte
Dax
-1,
-16,
Tokyo
Nikkei 225
+0,
-0,
Borse sotto pressione
CORSI E RICORSI STORICI
Quando l’orso morde:
i cinque precedenti
di tracollo globale
Negli ultimi anni pochi
casi di ribassi oltre il %:
recuperi in tre, quattro anni
Maximilian Cellino
Una durata media di mesi, nel
corso della quale finisce in fumo il
% dei risparmi. Dura resistere agli
artigli dell’Orso che graffiano quan-
do i mercati azionari globali arriva-
no a perdere più del % del valore,
proprio come in queste ultime setti-
mane. Se si guarda l’indice Msci
World sono cinque le fasi del genere
che si sono verificate negli ultimi
anni: ciascuna, riassume uno studio
di Capital Group, diversa dalle altre.
Si va dalle più fulminee e anche
relativamente meno profonde risa-
lenti al (Black Monday) e
(saving and loan association Usa) -
con perdite del % e del % e tem-
pi di recupero di appena mesi nel
primo caso – a quelle profonde e du-
rature del (crisi energetica) del
(bolla internet) e (crisi
subprime culminata con il fallimen-
to Lehman). Queste ultime hanno
richiesto un periodo dai anni ai
anni per tornare al punto di parten-
za dopo crolli dei prezzi che, nell’ul-
timo episodio, hanno raggiunto an-
che il per cento: sono state più
traumatiche e costose, dunque, ma
alla fine il mercato è pur sempre tor-
nato in salute e ha recuperato.
In generale - e comprendendo
anche le frenate superiori al %, ma
che non arrivano al limite del %
oltre il quale scatta il classico bear
market – le discese delle Borse sono
ovviamente più marcate e persi-
stenti quando vengono accompa-
gnate da recessioni, con una media-
na del ,% e di mesi contro
-,% e mesi registrati in caso di
mancata frenata dell’economia.
Presentano settori in grado di op-
pure una migliore (anche se non as-
soluta) resistenza alle vendite: tipi-
camente le aziende che producono
beni durevoli o le utility, a scapito
invece dei titoli finanziari, degli in-
dustriali e quelli legati alle materie
prime che invece restano i più colpi-
ti dalla furia degli investitori.
I loro effetti possono infine esse-
re mitigati da una costruzione più
equilibrata del portafoglio, con
un’esposizione maggiore sulle ob-
bligazioni. Quest’ultima classe di
investimento ha infatti offerto uno
scudo protettivo, limitando la vola-
tilità nei casi che si sono verificati
negli ultimi tre decenni (con l’ecce-
zione della frenata del , che al-
meno per quanto riguarda l’Euro-
zona ha visto finire sotto pressione
anche i bond). E anche ciò che sta
avvenendo in queste ultime due set-
timane - con la fuga verso i titoli di
Stato tedeschi e Usa assaltati come
«beni rifugio» - sembrano confer-
mare la regola.
Ma è guardando a cosa è successo
dopo le principali debacle dei mer-
cati globali che il discorso si fa forse
più interessante agli occhi di un in-
vestitore. Il recupero, se pur a volte
piuttosto graduale, è infatti stato
decisamente durevole ( mesi in
generale) e ha portato lo stesso indi-
ce a totalizzare un rialzo medio del
%, quindi quasi a quadruplicare
il valore rispetto ai minimi toccati
durante la crisi. Questo significa che
mosse avventate, così come il tenta-
tivo di indovinare l’istante esatto in
cui entrare o uscire da un mercato,
possono impattare in modo signifi-
cativo e negativo anche su un porta-
foglio equilibrato.
«Un investitore fortemente av-
verso alla perdite, che si fosse preci-
pitato a vendere il % delle proprie
azioni quando il mercato avesse ac-
cusato un calo di appena il %, per
rientrare poi seguendo il gregge nel
momento in cui i prezzi sono risaliti
del % rispetto ai minimi, si sareb-
be perso in media un rendimento
cumulativo fino al % nei cinque
anni successivi», osserva Tim Ar-
mour, gestore di Capital Group. Il
risultati dell’analisi, che si basa sui
già citati grandi cali di Borsa relativi
al periodo - e sull’esame
dei rendimenti che si sarebbero ot-
tenuti nei , e mesi successivi
al momento in cui l’ipotetico inve-
stitore «impulsivo» avesse lasciato
il mercato, risulta decisamente me-
no penalizzante nel caso di compor-
tamenti meno precipitosi.
Giunge poi alla conclusione che
«più a lungo l’investitore attende di
rientrare nel mercato, più dannose
sono le potenziali conseguenze», e
soprattutto, aggiunge Armour, che
«rimanere investiti può aiutare a ot-
tenere rendimenti più elevati». Per
il classico «cassettista» che acquista
le azioni e le mantiene nell’arco di
anni, . dollari investiti tra
nel si sarebbero adesso tra-
sformati secondo Capital Group in
oltre . dollari: una cifra che
supera dal % al % quella otteni-
bile da chi invece movimenta il por-
tafoglio cercando di mitigare o ca-
valcare le crisi. Mantenere i nervi
saldi sembra dunque dimostrarsi
ancora una volta la regola fonda-
mentale in situazioni simili: sempli-
ce da ricordare, molto più difficile
da seguire.
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FINANZA E TECNOLOGIA
Così il robot trader ultraveloce sfrutta i ribassi
L’investitore automatico
di breve cavalca la volatilità
provocata da virus e petrolio
Vittorio Carlini
Sono i giorni dei flash boys! Lo sot-
tolineano esperti ed investitori. Gli
operatori automatici ultraveloci, in-
fatti, vanno a nozze con l’aumento
della volatilità causata dal coronavi-
rus e dall’erraticità del petrolio. È
l’habitat ideale per le loro strategie.
Una fra tutte: l’arbritaggio di laten-
za. Di cosa si tratta? È presto detto.
Quando i listini crollano (o salgono)
velocemente gli High frequency tra-
der (Hft) riescono a sfruttare gli
scollamenti tra i prezzi di uno stesso
titolo. Pensiamo, ad esempio, ad
una società quotata contemporane-
amente a Piazza Affari e su una piat-
taforma di scambio alternativa
(Mtf). Ebbene: ipotizziamo che il ti-
tolo nel mercato principale scenda,
ad esempio, da euro a euro. In
teoria la quotazione sull’Mtf do-
vrebbe allinearsi immediatamente.
Sennonché, soprattutto a causa del-
le imperfezioni del mercato, questo
spesso non accade. Perlomeno non
istantaneamente. Ecco che allora
l’Hft, in un milionesimo di secondo,
riesce a comprare il titolo a euro a
Piazza Affari e a rivenderlo a sulla
piattaforma alternativa. Solo grazie
alla velocità “supersonica”, conse-
guente alla sua ipertecnologizzazio-
ne, il flash trader arriva alla plusva-
lenza di euro. «A ben vedere -sot-
tolinea Enrico Malverti, presidente
di Fintech I - l’arbritaggio ultrave-
loce, nelle ultime sedute, è stato
molto presente anche nei book di
negoziazione delle singole azioni».
Gli Hft, cioè, hanno sfruttato lo
spread tra le proposte di acquisto e
quelle di vendita.
Si tratta di un contesto che, com’è
noto, continua a suscitare mille po-
lemiche. Proprio di recente uno stu-
dio della Financial Conduct Authori-
ty (la Consob inglese) ha sottolinea-
to che simili attività, appannaggio di
pochissimi operatori, costituiscono
di fatto una “tassa” per il sistema da
miliardi di dollari l’anno. Certo di-
versi esperti non condividono la cri-
tica: «si tratta -afferma Raimondo
Marcialis, ad di Mc Advisory - di un
guadagno legittimo». E tuttavia re-
sta il fatto che, in situazioni di estre-
ma difficoltà come l’attuale, da un
lato c’è che chi fa soldi solo grazie
alla velocità; mentre, dall’altro, gli
investitori tradizionali rischiano di
rimanere con il cerino in mano.
Già, il cerino in mano. In realtà tra
i “perdenti” possono rientrare gli
stessi algoritmi. Il mondo degli in-
vestitori automatici comprende an-
che strategie di medio o lungo perio-
do. Robot trader che, impostati su
pacchetti di dati mensili o settima-
nali, possono non avere colto il re-
pentino mutamento. «È ipotizzabile
- riprende Malverti - che simili stra-
tegie abbiano addirittura interpre-
tato i primi ribassi come l’opportu-
nità di entrare in acquisto».
È vero: da una parte ci saranno
stati gli “stop loss”; e, dall’altra, i
computer di controllo, sempre pre-
senti, avranno fermato l’operatività.
Ciò detto, però, non è da escludere
che la velocità con cui i mercati sono
crollati abbia fatto male a diversi
trader algoritmici.
I problemi d’interpretazione
Insomma: la novità del contesto crea
delle difficoltà alle stesse macchine.
«Bisogna ricordare -sottolinea Fa-
brizio Lillo, docente di metodi mate-
matici per l’economia all’Università
di Bologna - che questi sistemi, an-
che nelle loro forme più sofisticate
d’intelligenza artificiale, imparano
in base a ciò che è stato il passato».
L’output è sempre conseguenza di
un input che, per definizione, deriva
dall’esperienza storica. La riprova è
fornita, secondo alcuni analisti, dal-
lo stesso andamento dei listini di
fronte allo scoppio in Cina dell’epi-
demia. In un primo momento infatti
le Borse, dove circa il % del con-
trovalore degli scambi cash è in ma-
no ai robot, hanno snobbato il ri-
schio del Covid-. Il motivo? Il fatto
che, di là dalla maggiore razionalità
della macchina rispetto all’uomo, la
variabile del virus non era contem-
plata. Un nuovo evento dai contorni
indefiniti, di difficile lettura. E come
tale non facilmente inquadrabile a
livello statistico e quantitativo.
Questa constatazione, tuttavia,
non significa che gli investitori au-
tomatici rinuncino a cercare la solu-
zione dell’equazione. Gli algo tra-
der, è l’indicazione di diversi esper-
ti, sfruttano anche il cosiddetto
“sentiment”. Vale a dire: usano si-
stemi neurali semantici per scanda-
gliare l’umore di fondo degli opera-
tori (e non solo) che si agita in Inter-
net. Diversi studi hanno provato
che, ad esempio sfruttando i cin-
guettii di Twitter, è possibile preve-
dere sul breve periodo la traiettoria
di un titolo. Di sicuro, quindi, gli
operatori più sofisticati hanno ana-
lizzato le tendenze nei social
network per, poi, aggiungerle tra le
variabili che costituiscono l’input
della macchina. Quella macchina
che tuttavia, a fronte della novità
della situazione legata al virus,
«avrà bisogno di tempo per impara-
re», conclude Lillo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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INIZIO MINIMO FINE
DATA PERDITA
MASSIMA
IN%
DURATA
CORREZIONE
MESI
TEMPO DI
RECUPERO
MESI
Fonte: Capital Group
Rendimenti complessivi cumulati per ciascuna fase ribassista
o rialzista dell’indice Msci World. Dati in %
MERCATO “TORO”
+283% Rendimento total return - 88 mesi
MERCATO “ORSO”
-37% Rendimento total return - 15 mesi
Orsi e Tori degli ultimi 50 anni
Market mover.
Il rimbalzo
dei mercati ieri
è partito dopo
che, nella notte
di lunedì,
Donald Trump
ha annunciato
misure
a sostegno
dell’economia. Ma
il ritardo, poi, ha
pesato sui listini
Utilizzati gli
scostamenti
di prezzo,
ma anche le
macchine
devono ora
imparare a
gestire la
variabile-
epidemia
Dal lunedì
nero
del 1987,
alle Tigri
asiatiche,
dalla crisi
del 73
alla bolla
.com fino
a Lehman