Il Sole 24 Ore Sabato 7 Marzo 2020 23
.food
Ismea e Qualivita. Dalla Sicilia orientale con arancia rossa,
cioccolato di Modica e vini dell’Etna, alle eccellenze campane
Dop e Igp, le alleanze
sul territorio spingono
i nuovi distretti
Giorgio dell’Orefice
U
na volta erano Parma
con la sua food valley
(anche se ancora non
era chiamata così), la
Toscana col Chiantishi-
re e poco altro. Adesso
invece l'Italia del vino e del cibo di
qualità appare come un universo po-
licentrico e che in anni recenti insie-
me al tumultuoso sviluppo dei pro-
dotti Dop e Igp ha visto nascere e raf-
forzarsi molteplici distretti produtti-
vi, spesso attorno a più di un prodotto
in modo da proporre ai mercati anche
esteri un vero e proprio menu a deno-
minazione d’origine, finendo così an-
che per esercitare un significativo ri-
chiamo turistico sui territori.
È quanto emerge dal Rapporto
di Ismea e Qualivita sui prodotti
Dop e Igp italiani diffuso nei giorni
scorsi. Un rapporto dal quale al di là
dei numeri generali (, miliardi di
valore alla produzione, +% in un an-
no, export oltre i miliardi, +,%
con spedizioni più che triplicate dal
) consente di cogliere anche il
rilevante impatto territoriale del-
l’universo Dop e Igp. Un impatto che
vede in ben cinque regioni italiane
realizzare un fatturato a denomina-
zione d’origine superiore al miliardo
di euro. Si tratta di Veneto (che tra
vino e prodotti alimentari registra un
giro d’affari Dop superiore ai , mi-
liardi), Emilia Romagna (, miliar-
di con le portaerei Grana, Parmigia-
no, Prosciutto di Parma e Aceto Bal-
samico), Lombardia (, miliardi),
Piemonte (,) e Toscana (,).
«Negli ultimi anni sta emergendo
con forza – spiega il direttore della
Fondazione Qualivita, Mauro Rosati
- lo sviluppo e il consolidamento di
alcuni nuovi distretti alimentari in-
termedi, anche al Sud. Aspetto im-
portante perché fino a non molto
tempo fa la Dop economy sembrava
una questione solo del Centro Nord
del Paese. Insomma laddove una
volta c’era solo la ‘food valley' emi-
liana oggi c’è ad esempio l’ampia
area tra Napoli e Caserta dove na-
scono produzioni come la Mozzarel-
la di Bufala Campana Dop, la Pasta
di Gragnano Igp e il Pomodoro San
Marzano Dop. Non a caso i primi due
consorzi proprio nei giorni scorsi
hanno avviato una partnership per
realizzare iniziative promozionali in
comune. Ma molto interessante è
anche il distretto che sta nascendo
nella Sicilia Orientale e che può con-
tare sull’Arancia Rossa di Sicilia Igp,
sul Cioccolato di Modica Igp e sui vi-
ni dell’Etna Doc».
Se nelle regioni del Mezzogiorno si
sviluppano nuovi distretti nel Centro
Nord si arricchiscono i panieri a de-
nominazione d’origine. «Penso al Ve-
neto – aggiunge Rosati – dove al trai-
no delle due macrodenominazioni
del vino, Prosecco e Pinot Grigio, sono
cresciute le produzioni casearie
(Asiago, Montasio, Piave) mentre il
Radicchio di Treviso Igp attraverso le
insalate della IV gamma è approdato
nella grande distribuzione di tutt’Ita-
lia. In Toscana invece, all’ombra dei
grandi vini e dell’Olio Toscano Igp già
presenti da anni il paniere si è allarga-
to ai salumi (prosciutto Toscano Dop
e Finocchiona Igp) il Pecorino Tosca-
no, fino ai prodotti da forno come il
Pane Toscano e i Cantuccini».
La doppia dimensione del paniere
Dop e Igp, da un lato export oriented,
dall’altro volano di sviluppo dei terri-
tori è sintetizzata dai dati elaborati da
Ismea. «Secondo una nostra elabora-
zione – spiega il dirigente di Ismea
Fabio Del Bravo – ben . comuni
italiani sui . totali, ovvero il ,%
sono coinvolti almeno in una produ-
zione Dop o Igp. Questa grande diffu-
sione territoriale fa il paio con una
forte propensione all’export. Oggi il
paniere Dop e Igp copre una quota del
% delle esportazioni agroalimentari
italiane. E nell’ultimo anno ha com-
pensato le flessioni registrate in alcu-
ni mercati storici come Usa, Francia e
Germania con incrementi in doppia
cifra in Canada, Paesi Bassi, Svizzera
e Australia».
L’altro elemento che sembra aver
contrassegnato lo sviluppo recente
dell’universo dei prodotti Dop e Igp è
il rinnovato rapporto con l’industria
alimentare. All’epoca della loro istitu-
zione negli anni ' i marchi a indica-
zione geografica a molti sembrarono
quasi un’alternativa ai prodotti del-
l’industria alimentare. Negli anni in-
vece quella iniziale diffidenza si è tra-
mutata in molteplici forme di profi-
cua collaborazione.
«Oggi i marchi Dop e Igp sono uti-
lizzati da molti brand del food made
in Italy – aggiunge Rosati – per com-
pletare la propria gamma con prodot-
ti premium. Ma non solo. La presenza
sempre più ampia delle indicazioni
geografiche anche nell’offerta di al-
cune multinazionali dei surgelati che
annoverano tra le loro referenze Basi-
lico genovese Dop, la Cipolla di Tro-
pea Igp e la Carota del Fucino Igp o il
rientrare anche solo tra gli ingredienti
di panini di Mc Donald’s ha enorme-
mente allargato il mercato di questi
prodotti e in qualche caso ha aperto
loro anche canali di export che, se fos-
sero rimasti su una dimensione loca-
le, sarebbero di certo stati preclusi».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Fonte: Rapporto 2019 Ismea - Qualivita
Le prime 10 regioni per impatto economico. Dati 2017-18 in milioni e variazione percentuale
FOOD DOP E IGP
WINE DOP E IGP
Emilia
Romagna
Lombardia Campania Veneto Friuli Venezia
Giulia
3.021 3.020
2017 2018
1.531 1.543
2017 2018
507 605
2017 2018
370 397
2017 2018
327 332
2017 2018
1 2 3 4 5
Trentino Alto
Adige
Piemonte Sardegna Toscana Lazio
324 307
2017 2018
284 307
2017 2018
191 271
2017 2018
130 144
2017 2018
6358
2017 2018
6 7 8 9 10
Veneto Toscana Piemonte Friuli Venezia
Giulia
Trentino Alto
Adige
3.234 3.501
2017 2018
969 961
2017 2018
1.009 921
2017 2018
524 560
2017 2018
550 560
2017 2018
1 2 3 4 5
Sicilia Lombardia Emilia
Romagna
Puglia Abruzzo
424 522
2017 2018
343 416
2017 2018
313 394
2017 2018
222 359
2017 2018
222 231
2017 2018
6 7 8 9 10
-
+0,8% +19,3% +7,2% +1,4%
+11,3% +8,1%
+41,4%
-5,40% +8,1%
+8,3% -0,8% -8,7% +7,0% +1,8%
+25,7% +62,0%
+4,3%
+23,1% +21,3%
Crescita record in Sardegna e Puglia
Fattorie Girau
Il proteico latte
di pecora
in vendita
al supermarket
S
ugli scaffali della grande di-
stribuzione dopo il latte di ca-
pra sta per arrivare anche il
latte di pecora. A lanciarlo sa-
rà Fattorie Girau (società del Gruppo
Arborea, milioni di fatturato, che
produce milioni di litri di latte del-
le tre filiere, ovina, caprina e bovina)
che a maggio sbarcherà sugli scaffali
della grande distribuzione con latte di
pecora fresco e a lunga conservazio-
ne, yogurt, formaggi spalmabili e a
fette da latte di pecora.
Un’opzione per decongestionare
l’offerta di latte ovino nel circuito del
Pecorino romano Dop? «No, il frutto di
una precisa strategia di differenziazio-
ne – spiega il direttore generale di Fat-
torie Casau, Francesco Casula –. Da cir-
ca sei anni siamo presenti nel segmen-
to del latte di capra alimentare e abbia-
mo visto che sta crescendo in termini di
consumi e presenta buoni margini. In
più siamo molto presenti in Asia dove
abbiamo visto negli ultimi anni cresce-
re l’offerta di prodotti a base di latte di
pecora da parte dei nostri concorrenti
australiani e neozelandesi. E quindi ci
siamo chiesti: perché non puntare su
un offerta analoga anche noi sardi che
le pecore le mungiamo da millenni?».
Il latte di pecora presenta un eleva-
to contenuto proteico rispetto ai pro-
dotti concorrenti (circa il ,-,% di
proteine contro il ,% del latte vacci-
no e del latte di capra), un maggiore
contenuto di calcio e, «grazie alle mo-
dalità con cui vengono effettuati alle-
vamento e trasformazione – spiegano
a Fattorie Girau – presenta un gusto
delicato che lo rende adatto insieme
alle sue caratteristiche nutrizionali al-
l’alimentazione dei bambini. Il punto
è che finora il latte di pecora veniva
utilizzato quasi esclusivamente come
ingrediente per fare formaggi. Voglia-
mo trasformarlo da ingrediente a
prodotto tout court».—G.d.O.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Utilizzato
finora solo
per fare
formaggi,
adesso è
apprezzato
per le carat-
teristiche
nutrizionali
uniche
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Quello di Giuseppe Lupo è un viaggio nell’immaginario industriale italiano,
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