Le Scienze - 04.2020

(ff) #1

Intervista


10 Le Scienze 6 20 aprile 2020


Una finestra

sugli oceani del futuro

T


uristica, chic, e ora con il più scenografico laboratorio d’I-
talia. Il Panarea ECCSEL-NatLab Italy si articola tra stan-
ze per riunioni e analisi chimiche e fisiche, e un pergolato
da cui pendono grappoli d’uva, mentre da una terrazza si vede in
lontananza il pennacchio di fumo del vulcano di Stromboli. È pro-
prio il suo essere su un vulcano quiescente che fa della infrastrut-
tura gestita dall’Istituto nazionale di oceanografia e geofisica spe-
rimentale (OGS) quello che Cinzia de Vittor, ricercatrice, definisce
«un laboratorio naturale d’eccezione». E ora d’eccellenza, come ci
spiega in questa intervista.


Che cosa hanno di speciale Panarea, e il suo laboratorio?
Quello di Panarea è più di un laboratorio. È un laboratorio na-
turale unico per studiare gli effetti del clima sull’acidificazione de-
gli oceani e anche aspetti legati al confinamento geologico dell’a-
nidride carbonica. Infatti, essendo un’area vulcanica, a Panarea
ci sono emissioni naturali di CO 2 che rendono acido l’ambien-
te marino. È unico anche perché facilmente raggiungibile e per-
ché le emissioni gassose sono a bassa profondità. È una finestra,
oggi, sull’oceano del futuro. Gli organismi dell’area sono adatta-
ti a quell’ambiente particolare. È un ecosistema che definiamo «di
stress» a causa della sua acidità, e quindi è un luogo ideale per lo
studio degli effetti della acidificazione degli oceani.


Accennavi anche al confinamento di CO 2 , la cosiddetta «carbon captu-
re and storage», o CCS.
Si tratta di una tecnologia sempre più spesso considerata tra
i metodi per la riduzione delle emissioni di CO 2 richiesta per il



  1. Nel momento in cui decidiamo di confinare CO 2 in forma-
    zioni geologiche adatte a contenerla, per esempio ex-giacimenti di
    gas naturale o petrolio, vorremmo sapere che cosa succede nel ca-
    so, improbabile, di fuoriuscite. Qui mettiamo a punto tecniche di
    monitoraggio per i siti di stoccaggio e studiamo i possibili impatti
    negli ecosistemi marini nel caso di fughe di gas. Tra l’altro a Pana-
    rea abbiamo sia fuoriuscite piccole ma continue sia singoli even-
    ti drastici e di maggiore entità. In questo modo studiamo sia casi
    cronici sia catastrofici. È interessante perché l’approccio agli studi
    sull’acidificazione degli oceani è molto simile a quello della CCS,
    pur essendo diversi gli obiettivi.


Mi fai qualche esempio di studio?
Ci sono diverse aree di ricerca e sperimentazione. Di recente è
stato scoperto un sito idrotermale con oltre 200 camini vulcanici
non lontano dallo scoglio di Basiluzzo. È stato chiamato smoking


land poiché sono state scoperte fumarole simili a quelle presenti
nelle dorsali oceaniche, ma queste sono raggiungibili in gommo-
ne da San Pietro [il porto dell’isola. NdR]. Il sito è ottimo per studi
sugli effetti del clima su organismi del coralligeno, uno degli habi-
tat più sensibili ai cambiamenti ambientali nel Mediterraneo.
Un esperimento che facciamo è porre organismi lungo un gra-
diente di acidità e misurare la loro risposta a questo stress. Gene-
ralmente ci concentriamo su organismi con gusci o scheletro cal-
careo, come i molluschi, perché sono tra quelli più vulnerabili alla
acidificazione. Però abbiamo studiato anche la Posidonia Oceani-
ca, una fanerogama endemica del Mediterraneo. Ovviamente gli
studi si concentrano su organismi fissati al fondale che, non po-

tendosi allontanare, risultano maggiormente colpiti dal fenome- Jacopo Pasotti (

tutte le foto, in questa pagina e a fronte

)

A Panarea un laboratorio naturale unico studia gli
effetti del clima sull’acidificazione dei mari e alcuni
aspetti del confinamento geologico della CO 2
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