Le Scienze - 04.2020

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Scienza e filosofia

professore ordinario di filosofia delle scienze biologiche
dell’Università degli Studi di Padova

di Telmo Pievani

E si chiamano sapiens

Una fiaba evoluzionistica non a lieto fine
sul rapporto tra la nostra specie e i virus

C’

era una volta un pianeta bellissi-
mo, ricoperto di acqua. Quattro
miliardi di anni fa cominciarono
a nuotarci dentro alcune catene di molecole,
che erano capaci di fare copie complementa-
ri di se stesse, poi si staccavano, si replicavano
e assumevano differenti configurazioni spa-
ziali e funzionali. Quegli stampi autoreplicanti
erano fatti con una zuppa di basi azotate: ade-
nina, guanina, citosina, uracile. Contenevano
un bene prezioso: informazione.
Ben presto, il biopolimero a catena orienta-
ta chiamato RNA imparò a farsi proteggere da
una membrana di proteine da lui stesso cre-
ate e a usare i suoi simili come veicolo di tra-
smissione. Semplice e geniale, il tutto in una
capsula lunga un metro diviso dieci milioni di
volte. Forse i primi esseri quasi-viventi erano
fatti così: somigliavano a piccolissimi virus a
RNA. Si moltiplicavano infettandosi tra di loro
perché non c’era nessun altro in giro.

Una manna dal cielo
Poi comparvero batteri e archeobatteri,
che instaurarono con i virus una lotta senza
quartiere che dura da tre miliardi e mezzo di
anni. Gli uni e gli altri ebbero quindi un sacco
di tempo per sperimentare strategie infettive
e difese immunitarie, mosse e contromosse,
come prescritto dall’evoluzione per selezio-
ne naturale. I virus si erano quasi annoiati di
infettare solo microbi per miliardi di anni,
quando finalmente arrivò una manna dal cie-
lo: gli organismi pluricellulari, un intero zoo
di nuove creature da sfruttare come mezzi di
diffusione. Così, per 600 milioni di anni, i vi-
rus fecero ammalare e morire (ma non subito,
perché prima devono contagiare altri) le pian-
te e gli animali. Continuarono insomma a fare
il loro elementare, terribile mestiere.
Fu persino inventato il sesso, per difender-
si da loro, e la corsa agli armamenti ingaggiata
con i batteri si estese a tutta la biodiversità. Ma
a lungo andare i virus si stavano annoiando

anche di questo gioco, in cui alla fin fine vin-
cevano sempre loro. Fu così che il cielo mandò
loro una seconda manna: un primate africano
di grossa taglia che in poche decine di miglia-
ia di anni si diffuse su tutto il pianeta, si molti-
plicò fino a sette miliardi e mezzo di individui,
costruì metropoli, navi, treni, aerei, e inventò
la povertà e la diseguaglianza. Era l’ospite per-
fetto a cui chiedere un passaggio!

Salti continui
I virus ringraziarono e ricominciarono di
gran lena i loro traffici. Si preoccuparono un
po’ quando un certo signor Darwin diede agli
altri umani gli strumenti per capire che dove-
vano temere quelle creature mutevolissime e
replicanti. Una grande ricercatrice, Rosalind
Franklin, analizzò le strutture molecolari dei
virus. I genetisti si accorsero che il 20 per cen-
to del DNA umano era di origine virale. Ma con
gran sollievo dei virus, gli umani continuaro-
no a devastare gli ecosistemi, favorendo il con-
tatto con scimmie, roditori, pipistrelli e altri
ospiti-serbatoio che nascondevano i virus in
sé. Infischiandosene di leggi e biodiversità,
continuarono a cacciare e a commerciare ani-
mali selvatici. Poi li ammassarono in luridi
mercati, dove le bestie in gabbia convivevano
con le carcasse, i liquidi corporei si mescolava-
no, sangue dappertutto, e umani a torso nudo.
I virus, entusiasti, fecero un bel po’ di spil-
lover, cioè salti di specie, diventando spesso
più cattivi e contagiosi. Era già successo con
la rabbia, con l’AIDS, con Ebola, Marburg, feb-
bre gialla, influenze aviaria e suina, SARS e
molti altri. Certi umani, detti scienziati, lo ave-
vano previsto, era scritto sui libri di testo: si
chiama zoonosi. Ma non servì a nulla. Succes-
se ancora. Succederà. Perché c’è il solito mio-
pe tran tran da mandare avanti.
I virus si fecero una gran risata quando
seppero che quel borioso mammifero bipede
aveva avuto la presunzione di chiamarsi Ho-
mo sapiens.

Altri salti. Ballerine nella megalopoli
cinese di Shanghai danzano con la
mascherina in piena epidemia da SARS-
CoV-2. Conosciuto più comunemente
come coronavirus, SARS-CoV-2 ha fatto
un salto di specie infettando gli esseri
umani e così si è diffuso
dalla Cina al resto del mondo.

Xinhua/Avalon.red/AGF
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