Le Scienze - 04.2020

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John Cancalosi/AGF

SCIENZE DELLA TERRA

Materie prime che diventeranno un tesoro

Sono ben 23 le materie prime minerarie la cui disponibilità è già critica

Dal cobalto delle batterie ricaricabili al tellurio delle celle fotovol-
taiche passando per le terre rare usate nei magneti permanenti:
sulla spinta delle nuove tecnologie, nel prossimo decennio alcune
materie prime minerarie diverranno richiestissime.
Già da qualche anno, la concentrazione di alcuni elementi in un
numero limitato di paesi ha reso il loro accesso strategico, dotan-
do i fornitori di un’influenza considerevole sui prezzi e sulla di-
sponibilità delle materie prime. Inoltre, le tensioni commerciali
e l’instabilità geopolitica di alcune regioni minacciano la stabilità
dei mercati. Nell’adempimento di un ordine esecutivo del 2017, l’e-
cologo industriale Nedal Nassar e colleghi dell’United States Geo-
logical Survey (USGS) hanno modellato il rischio di approvvigio-
namento a breve termine nel settore manifatturiero statunitense.
L’analisi, pubblicata su «Science Advances», si basa sulle ten-
denze del decennio 2007-2016 di 52 materie prime minerarie non
combustibili. I ricercatori hanno calcolato il rischio di approvvi-
gionamento come media di tre indicatori: potenziale interruzione
dell’offerta complessiva, interruzioni dell’offerta estera e vulnera-
bilità economica in caso di interruzione. Tra gli elementi conside-
rati, la disponibilità di 23 è risultata critica.
Le materie prime di gran lunga più a rischio sono gli elemen-
ti chimici del cosiddetto gruppo delle terre rare, la cui estrazione
dipende, per la quasi totalità, dalla Cina. Tuttavia, a destare pre-
occupazione è anche la disponibilità di cobalto, niobio, tantalio,
tungsteno nonché quella degli elementi del gruppo del platino.
I ricercatori suggeriscono che il rischio di approvvigionamento
può essere mitigato tramite la riduzione di uno qualsiasi degli in-
dicatori, per esempio diversificando la fornitura oppure ottimiz-
zando l’efficienza dei processi produttivi.
Davide Michielin

Sintetizzato un parente stretto del vaiolo umano

Tre anni fa scoppiò un putiferio, oggi invece
è calma piatta. Nel 2017 il virologo David
Evans, della Università dell’Alberta, in Canada,
aveva ricreato il virus estinto del vaiolo equino
con tecniche di biologia sintetica, a partire
da sequenze di DNA ordinate per posta.
Scatenando grandi polemiche fra gli esperti
di biosicurezza, perché il vaiolo equino è
innocuo per l’essere umano, ma la ricetta per
fabbricarlo sarebbe utilizzabile da chi volesse
ricostruire il vaiolo umano, oggi eliminato, e
non sembrava quindi il caso di renderla nota.
Ora l’azienda statunitense che aveva
finanziato Evans, Tonix Pharmaceuticals, ha
reso noto di averlo rifatto: ha sintetizzato un
altro parente stretto del vaiolo umano, il virus

Vaccinia. Ma stavolta nessuno ha reagito,
lamenta sul «Bulletin of Atomic Scientists»
Gregory Koblentz, esperto di biodifesa alla
George Mason University di Fairfax, negli Stati
Uniti.
«Hanno ignorato le preoccupazioni di molti
esperti», scrive Koblentz. «A differenza di
molte ricerche ambivalenti, qui nessun
beneficio bilancia i rischi. Secondo Tonix,
il vaiolo equino permetterebbe di produrre
vaccini migliori contro quello umano. Ma già
allora era una tesi debole, e lo è ancor più
oggi. Intanto perché Vaccinia è già disponibile
e sintetizzarlo era inutile. E poi perché è
stato appena approvato un nuovo vaccino,
JYNNEOS, più sicuro dei precedenti e indicato

anche per chi ha problemi immunitari. È
difficile che finanziatori e autorità siano
interessati a sviluppare il vaccino di Tonix.»
Il rischio, rimarcato dal silenzio odierno, è che
la ricerca su questi virus sia normalizzata e
legittimata e si crei una rete di esperti che la
persegue. Fabbricare il vaiolo sarebbe alla
portata di molti, avendo il DNA. E le norme
attuali non impediscono a molti produttori di
vendere le sequenze del vaiolo a chiunque.
«Così, il prossimo comunicato potrebbe
annunciare che una società senza scrupoli,
uno Stato o un gruppo terroristico hanno
reintrodotto il vaiolo nel mondo», conclude
Koblentz.
Giovanni Sabato
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