Le Scienze - 04.2020

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28 Le Scienze 6 20 aprile 2020


Una piccola avanguardia di ricercatori ricorre addirittura all’in-
telligenza artificiale per andare a caccia di oscuri antenati. Poi,
quando ne viene avvistato uno nuovo, monta l’attesa per scovarne
le tracce materiali. Solo se si trova un fossile il cui paleoDNA cor-
risponde alle previsioni su una popolazione fantasma si può dire
che il fantasma è stato catturato.
Con gli uomini di Neanderthal non è andata così. Gli studi di
anatomia e archeologia hanno preceduto di gran lunga la gene-
tica. Dalla scoperta del primo esemplare in Germania, nel 1856, a
oggi, la collezione di fossili è andata crescendo fino a comprender-
ne diverse centinaia. Abbiamo avuto tutto il tempo per scrutarli
in volto e meravigliarci delle loro arcate sopraorbitarie sporgen-
ti. Ne abbiamo apprezzato la grande capacità cranica e ne abbiamo
misurato la corporatura massiccia. Abbiamo rico-
struito i loro comportamenti sulla base dei reper-
ti archeologici, fino a convincerci che erano capa-
ci di pensiero simbolico. Il sequenziamento del
primo genoma nucleare neanderthaliano al Max-
Planck-Institut für evolutionäre Anthropologie
di Lipsia diretto da Svante Pääbo, in collaborazio-
ne con David Reich, della Harvard Medical Scho-
ol, Montgomery Slatkin, dell’Università della Ca-
lifornia a Berkeley, e altri ancora, è arrivato solo
dieci anni fa, e con esso la scoperta che questi an-
tichi uomini si sono incrociati con Homo sapiens, probabilmente
in più di un luogo e in svariate occasioni. Il risultato è che in media
negli uomini e nelle donne che vivono oggi fuori dall’Africa è pre-
sente circa il 2 per cento di DNA neanderthaliano.


La cattura di un fantasma


I denisoviani sono l’altro gruppo umano a cui abbiamo dovu-
to far posto nell’album della famiglia di H. sapiens e, in confronto,
sono decisamente più misteriosi. Al momento dobbiamo accon-
tentarci di pochi frammenti ossei rinvenuti nel 2008 sui Monti Al-
tai, in Siberia, tra cui una falange miracolosamente provvista di un
genoma in ottime condizioni, che è stato studiato ancora una vol-
ta da Pääbo insieme a Reich, Slatkin e altri ancora. Denisova, dun-
que, può essere considerato un quasi-fantasma, fatto di paleoDNA
e poco più. Un genoma ancora in cerca di un fossile completo. Del-
le sue fattezze si sa poco, a parte le ragguardevoli dimensioni dei
molari. Sappiamo però che devono essersi mescolati anche loro
con la nostra specie, perché tracce di DNA denisoviano si trova-
no nelle popolazioni asiatiche contemporanee e raggiungono ad-
dirittura il 3-6 per cento in Nuova Guinea.
Il primo fantasma vero e proprio, avvistato statisticamente nel


DNA umano attuale e poi catturato grazie al ritrovamento di un
fossile in Siberia, è quello di Mal’ta. Il gruppo diretto da Reich si è
trovato di fronte a un rebus, usando il cosiddetto test delle quattro
popolazioni, che permette di confrontare le lettere del DNA situate
nella stessa posizione in quattro genomi per cercare di ricostruir-
ne i rapporti di parentela, e poi il test delle tre popolazioni, che ser-
ve a studiare le mescolanze tra i gruppi in esame.
Come racconta il genetista statunitense nel libro Chi siamo e co-
me siamo arrivati fin qui, il suo laboratorio stava testando l’ipote-
si largamente accettata per cui nativi americani e asiatici orientali
siano popolazioni sorelle, discese da un ramo ancestrale comune
che si era già separato dagli antenati di europei e africani subsa-
hariani. I test statistici hanno però messo in evidenza una strana
connessione tra gli odierni abitanti dell’Europa
settentrionale e i nativi americani. Per far tornare
i conti, Reich e colleghi hanno proposto che oltre
15.000 anni fa nella parte settentrionale dell’Eu-
rasia vivesse una popolazione oggi estinta, che
non è la principale popolazione ancestrale di chi
attualmente abita la regione e si è incrociata sia
con gli antenati degli europei sia con gli antenati
dei nativi americani. Possiamo chiamarli «antichi
eurasiatici del nord». Una parte di questa popola-
zione è migrata a est percorrendo la Siberia e ha
contribuito al gruppo che attraversando lo stretto di Bering ha po-
polato le Americhe. Un’altra parte è migrata verso ovest e ha con-
tribuito al mix europeo.
«Quando l’abbiamo ipotizzato, erano un fantasma: una popola-
zione la cui passata esistenza può essere dedotta da una ricostru-
zione statistica ma non esiste più in forma non mescolata», spie-
ga il genetista. Anche se non hanno lasciato discendenti «puri», gli
antichi eurasiatici del nord hanno avuto grande successo. «Se met-
tiamo insieme tutto il materiale genetico che hanno passato alle
popolazioni odierne, hanno un peso equivalente a centinaia di mi-
lioni di genomi», calcola Reich. A conti fatti, oltre la metà della po-
polazione mondiale deve a questo ignoto gruppo una percentuale
del genoma compresa fra il 5 e il 40 per cento.
La conferma è arrivata nel 2013, quando Eske Willerslev, del-
l’Università di Copenaghen, e colleghi hanno pubblicato la se-
quenza del DNA estratto dalle ossa di un ragazzo vissuto nella
Siberia centrale circa 24.000 anni fa. Il genoma di Mal’ta è molto
affine a europei e nativi americani e poco ai siberiani odierni, co-
me nelle previsioni di Reich, ed è considerato il prototipo degli an-
tichi eurasiatici del nord. Il DNA antico, dunque, ha fatto luce su
vicende preistoriche che il DNA odierno aveva lasciato intravede-

Anna Meldolesi è una giornalista scientifica. Il suo ultimo libro è E l’uomo
creò l’uomo. CRISPR e la rivoluzione dell’editing genomico (Bollati
Boringhieri, 2017). Scrive per il «Corriere della Sera» e cura CRISPeR
Mania, un blog dedicato agli sviluppi delle nuove biotecnologie.

Nei nostri genomi sono presenti tracce di antiche
popolazioni umane estinte, ancora senza volto e
senza nome.
Queste popolazioni fantasma emergono dallo
studio del DNA umano di oggi e del remoto

passato, da modelli di genomi antichi e attuali,
e da metodi statistici applicati ai dati ottenuti.
Il primo fantasma avvistato è una popolazione
eurasiatica settentrionale. Altri studi indicano una
popolazione fantasma in Africa occidentale, ed è

dibattuta l’esistenza di fantasmi nei genomi attuali
di popolazioni asiatiche e australo-papuane.
Un aumento del numero di campioni di DNA e
paleoDNA provenienti da Africa e Asia potrebbe
riservare ulteriori sorprese.

IN BREVE

I denisoviani

possono essere

considerati

quasi-fantasmi,

fatti di paleo-

DNA e poco più
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