Le Scienze - 04.2020

(ff) #1
http://www.lescienze.it Le Scienze 29

re in modo più sfocato. Lo spettro genetico ha trovato un corpo e
ha indicato la via per nuove scoperte.
Iosif Lazaridis, postdoc della Harvard Medical School, stava
cercando di decifrare la preistoria dell’Europa confrontando il
DNA dei suoi abitanti antichi e odierni, e ancora una volta i dati
suggerivano relazioni più complesse di una struttura classica ad
albero. Inserendo anche il genoma di Mal’ta nel test delle quat-
tro popolazioni si è convinto dell’esistenza di un’altra popolazio-
ne fantasma. Questi ipotetici eurasiatici sono detti «basali» perché
si sono separati precocemente da H. sapiens poco dopo l’uscita
dall’Africa, avvenuta circa 60.000 anni fa, e prima
delle divergenze che hanno portato alla compar-
sa di altre popolazioni. Si presentano dunque co-
me la divisione più profonda nella radiazione dei
gruppi non africani. Secondo Reich, hanno con-
tribuito per circa un quarto al DNA di europei e
mediorientali odierni. «Molti sono d’accordo con
lui, e penso che la sua ipotesi sia plausibile. Ma
per essere completamente convinto vorrei vede-
re sequenze eurasiatiche basali senza segni di me-
scolamento con Neanderthal», ci dice Slatkin.
Per ora questa prova regina manca e possiamo
basarci solo su echi genetici lasciati in altri cam-
pioni. Sono emerse somiglianze genetiche con gli antichi caccia-
tori-raccoglitori iraniani e con sei fossili israeliani, di cui nel 2016
Reich ha pubblicato il DNA. Sono sei natufiani, un popolo che abi-
tava circa 14.000 anni fa nel Vicino Oriente, noto per aver abban-
donato la vita nomade in favore di insediamenti permanenti, pur
continuando a praticare caccia e raccolta. «Nessuno ha ancora rac-
colto DNA antico dagli eurasiatici basali. Trovare un simile cam-
pione è un Santo Graal nel campo del paleoDNA, come lo era tro-
vare quello degli antichi eurasiatici del nord prima della scoperta
di Mal’ta», scrive Reich.
Quel che appare sempre più evidente è che la storia delle popo-
lazioni non può essere rappresentata con semplici alberi, e persi-

no l’analogia con i cespugli mostra i suoi limiti. I rami non parto-
no solo in tutte le direzioni, ma tornano indietro e si riuniscono ai
fusti. Se i popoli si separano e si allontanano, ma poi tornano a in-
contrarsi e a mescolarsi, allora l’immagine che riesce a catturare
meglio le loro relazioni è un reticolo. I misteriosi denisoviani, per
esempio, hanno loro stessi un antenato enigmatico. Nel genoma
del quasi-fantasma, dunque, si annida uno spettro genetico.
Dal momento che neanderthaliani e denisoviani sono genetica-
mente più vicini tra loro di quanto non lo siano agli uomini mo-
derni, ci si aspetterebbe che siano equidistanti rispetto agli odier-
ni africani subsahariani, che non hanno ricevuto
il DNA di questi gruppi arcaici incontrati dai no-
stri antenati in Europa e in Asia. Reich e Slatkin,
invece, hanno scoperto che chi oggi vive a sud
del Sahara è un po’ più affine a Neanderthal che
a Denisova. Segno che deve esserci stata un’al-
tra mescolanza non ancora scoperta nei fossi-
li. La spiegazione proposta è che i denisoviani si
siano incrociati con una popolazione profonda-
mente divergente che si era separata dagli ante-
nati comuni a H. sapiens, Neanderthal e Deniso-
va molto prima che questi si separassero gli uni
dagli altri. Possiamo chiamarli «umani super-ar-
caici». Confrontando con i test statistici il DNA africano moderno,
neanderthaliano e denisoviano, i ricercatori hanno stimato che
questa popolazione sconosciuta si è separata dal ramo che ha por-
tato agli uomini moderni circa un milione di anni fa, contribuendo
per il 3-6 per cento al genoma di Denisova.

Noi e i Neanderthal
Ma torniamo alle introgressioni arcaiche, anziché super-ar-
caiche, nel genoma di H. sapiens, a cominciare da quella meglio
documentata. Quando gli uomini anatomicamente moderni usci-
ti dall’Africa sono arrivati in Europa, oltre 40.000 anni fa, il con-

Illustrazione di Danilo Sossi; fonte: tinente era ancora abitato dai Neanderthal. Ma se si considerano

Evidence Mounts for Interbreeding Bonanza

in Ancient Human Species

, di Callaway E., in «Nature», 17 febbraio 2016

UNA NUOVA VISIONE

Un reticolo

di relazioni

L’analisi di genomi antichi prelevati da fossili suggerisce
che nel remoto passato le diverse specie umane che
abitavano la Terra si sarebbero conosciute intimamente.
Una conseguenza di questi incontri è che l’immagine
che riesce a catturare meglio le relazioni tra queste
specie non è quella dell’albero, ma del reticolo. Per
esempio, circa 100.000 anni fa una piccola popolazione
di Neanderthal che si stava spostando dall’Europa
all’Asia si sarebbe incrociata con una primissima ondata
di Homo sapiens in uscita dall’Africa ( 1 ). Tra 50.000 e
60.000 anni fa, altri rappresentanti della nostra specie
e di quella dei Neanderthal si sarebbero incrociati in
Medio Oriente, incontro ripetuto circa 40.000 anni fa in
Romania ( 2 ). Un altro incrocio è avvenuto in Asia oltre
50.000 anni fa tra sapiens e denisoviani ( 3 ). Questi
ultimi avrebbero incontrato anche i Neanderthal, sempre
in Asia ( 4 ), e una popolazione fantasma ( 5 ).

È chiaro che

la storia delle

popolazioni non

può più essere

rappresentata

con l’analogia di

semplici alberi
Free download pdf