Le Scienze - 04.2020

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30 Le Scienze 6 20 aprile 2020


Illustrazione di Danilo Sossi; fonte:

Using Hominin Introgression to Trace Modern Human Dispersals

, di Teixeira J.C. e

Cooper A., in «Proceedings of the National Academy of Sciences», Vol. 116, n. 31, pp. 15327-15332, 30 luglio 2019

giunge la studiosa, coautrice di due libri sul tema. Allora forse è
meglio parlare di Neanderthal anziché di Homo neanderthalensis
o Homo sapiens neanderthalensis, e di Denisova anziché di Homo
altaiensis, l’etichetta tassonomica proposta da una minoranza di
specialisti per i fossili dei Monti Altai. L’analisi del DNA suggerisce
che l’introgressione del DNA denisoviano nell’umanità odierna
sia avvenuta in due momenti principali a partire da due gruppi di-
stinti. I Denisova possono essere considerati una categoria molto
ampia e variegata, presente in un raggio esteso dalla Siberia al pla-
teau tibetano. In essa confluiscono i denisoviani-siberiani, gli au-
stralo-denisoviani e probabilmente altre varianti non ancora iden-
tificate. Molto clamore ha suscitato nel 2018 la pubblicazione del
genoma di un ibrido di prima generazione, una ragazza con mam-
ma Neanderthal e papà Denisova, vissuta circa 90.000 anni fa sui
Monti Altai. «Forse dovremmo considerare anche i Neanderthal
come una parte della grande famiglia Denisova», ragiona Reich.
Secondo uno studio del 2019 pubblicato su «Nature Commu-
nications» da Oscar Lao del Barcelona Institute of Science and
Technology e colleghi, il segnale che emerge dai dati relativi alle
popolazioni asiatiche e australo-papuane suggerisce un incrocio
degli uomini anatomicamente moderni con un gruppo di ominidi,
indicati come EH1. Questo «extinct hominid 1» potrebbe essere un

dimensioni e distribuzione geografica delle sequenze neandertha-
liane nel genoma delle popolazioni attuali sembra probabile che
l’incontro più importante, ai fini dell’introgressione genetica, cioè
il passaggio di geni da un gruppo all’altro, sia avvenuto prima (cir-
ca 50.000 anni fa) e altrove (in Medio Oriente e in Asia centrale),
quando qualche gruppo di Neanderthal si è avventurato fuori dal
vecchio continente. Tempi e luoghi sono stati ricostruiti studian-
do la presenza delle sequenze neanderthaliane prima negli esseri
umani attuali e poi in esemplari di H. sapiens antichi. Poiché il DNA
viene rimescolato a ogni generazione, la lunghezza delle sequenze
neanderthaliane presenti in H. sapiens funziona come un orologio.
Ci sono prove di scambi avvenuti anche in Europa, ma le popo-
lazioni risultanti sono state per lo più sostituite da genti arrivate
successivamente. In particolare Reich ha analizzato il DNA di uno
scheletro rinvenuto in Romania, già sospettato di essere un ibrido
tra H. sapiens e Neanderthal per le sue fattezze anatomiche. Il fos-
sile di Oase ha circa 40.000 anni e l’organizzazione del suo genoma
suggerisce che abbia avuto un antenato neanderthaliano distante
non più di sei generazioni. Il suo contenuto neanderthaliano si as-
sesta sul 6-9 per cento, molto più di chi abita oggi in Europa. La po-
polazione di Oase però potrebbe essersi estinta senza lasciare di-
scendenti, sostituita da altri H. sapiens che avevano acquisito la
loro componente neanderthaliana in Medio Oriente. La fonte più
probabile del piccolo Neanderthal che ci portiamo dentro resta ex-
tra-europea. Se la traccia neanderthaliana nel nostro genoma arri-
va solo al 2 per cento, forse è perché i due gruppi umani erano al li-
mite della compatibilità genetica, forse perché le differenze sociali
hanno limitato il numero degli accoppiamenti.
La scarsità di sequenze neanderthaliane in corrispondenza del
cromosoma X potrebbe indicare che la selezione naturale ha ope-
rato per rimuovere i fattori genetici che contribuivano a una ri-
dotta fecondità degli ibridi, perché nei mammiferi questi fatto-
ri sono concentrati proprio nel cromosoma X. Resta da spiegare
anche perché il DNA mitocondriale, trasmesso lungo la linea ma-
terna, racconti una storia diversa da quello del nucleo della cellu-
la, che invece racchiude i contributi dei due genitori. Il minuscolo
genoma contenuto nei mitocondri, organelli cellulari fondamenta-
li, traccia un confine netto tra i due gruppi umani, tanto che, se non
avessimo altre informazioni, saremmo portati a concludere che
i Neanderthal non sono nostri antenati. Il grande genoma del nu-
cleo conferma che noi H. sapiens discendiamo dall’espansione de-
gli uomini anatomicamente moderni che si sono evoluti in Africa
300.000 anni fa, ma ha svelato anche che successivamente abbia-
mo conosciuto in modo intimo i Neanderthal. Le donne che han-
no potuto trasmettere fino a noi il proprio DNA mitocondriale sono
poche, e forse è un caso che le varianti neanderthaliane siano an-
date perdute. O forse le coppie miste erano composte più spesso da
maschi neanderthaliani e femmine di H. sapiens che non viceversa.


Famiglie allargate


«I geni non scattano solo una fotografia statica della nostra ri-
stretta famiglia. Raccontano una storia dinamica fatta di migrazio-
ni, incontri, adattamenti ai patogeni e all’ambiente», commenta
Silvana Condemi, paleoantropologa dell’Università di Aix-Mar-
seille. Ormai risulta difficile persino definire nettamente i con-
torni del nostro nucleo familiare, tracciando confini precisi tra i
gruppi umani e continuando a considerarli specie diverse come
se non si fossero mai incrociati. «Quando il DNA indica divergen-
ze, resta da capire se si tratti di specie diverse o di variabilità uma-
na. Finora la genetica non ci ha spiegato che cos’è una specie», ag-


NUOVI INCONTRI

Altri ignoti

del remoto passato

La caccia alle popolazioni fantasma è un settore promettente. Un’a-
nalisi di dati disponibili avrebbe rilevato incroci avvenuti tra 55.000 e
50.000 anni fa tra popolazioni di Homo sapiens e altri gruppi uma-
ni estinti. La prima ibridazione sarebbe avvenuta tra nostri antenati
e una popolazione fantasma EH1 ( 1 ), e sarebbe di poco successiva
nello spazio e nel tempo a un nostro incrocio con i Neanderthal (N)
in Eurasia occidentale. Spostandosi verso est, tra Asia orientale e Su-
dest asiatico si sarebbero verificati tre incroci di nostri antenati con
denisoviani ( 2 , 3 , 4 ), e con un’altra popolazione fantasma EH2 ( 5 ). In
nero, le popolazioni umane attuali nelle rispettive aree di residenza.
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