Le Scienze - 04.2020

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ma fino a poche decine di migliaia di anni fa l’umanità era deci-
samente plurale e diversificata. Oltre ai gruppi di cui abbiamo già
parlato, Neanderthal e Denisova, c’erano i piccoli «hobbit» dell’i-
sola di Flores, in Indonesia, ma anche gli uomini trovati recente-
mente a Luzon, nelle Filippine, abili ad arrampicarsi sugli albe-
ri come certi lontani ominidi. Entrambi sono sopravvissuti fino
all’arrivo degli uomini anatomicamente moderni nell’area, circa
50.000 anni fa. Dopo essere stata oscurata a lungo dalla culla afri-
cana, insomma, l’Asia è tornata al centro dei riflettori come crogio-
lo dell’umanità. «Il DNA di H. floresiensis potrebbe dare risultati
sorprendenti», ci dice Slatkin.

Dall’Africa all’Asia, e ritorno
Degli oltre 500 campioni antichi che hanno avuto il DNA
sequenziato finora, quasi il 90 per cento viene dall’Eurasia occi-
dentale. Molto, insomma, resta da scoprire. Ma la Cina ha ormai
i suoi laboratori specializzati in paleoDNA e l’India segue l’esem-
pio. Gli specialisti occidentali a cui finora era stato negato l’acces-
so ai reperti di questi paesi, quindi, si aspettano
l’arrivo di molti nuovi dati. Per quanto riguarda
l’Africa, dove il contributo neanderthaliano è sta-
to minimo, è probabile che siano avvenuti rime-
scolamenti con altri ominidi arcaici.
«Penso che la questione più seria sia se gli an-
tenati di alcune popolazioni africane si siano me-
scolati con un altro gruppo di ominidi. Ci sono
prove a favore di questa ipotesi e molti credono
che sia vera, ma non abbiamo ancora prove pa-
ragonabili a quelle degli incroci avvenuti fuo-
ri dall’Africa con Neanderthal e Denisova», sostiene Slatkin. Ap-
pare convincente, in particolare, il lavoro pubblicato nel febbraio
2020 su «Science Advances» da Arun Durvasula e Sriram Sankara-
raman, dell’Università della California a Los Angeles. Analizzando
il DNA di persone originarie dell’Africa occidentale, i ricercatori
hanno trovato misteriose e sostanziose tracce genetiche arcaiche
che suggeriscono il contributo di una popolazione non ancora
identificata vissuta in Africa circa mezzo milione di anni fa.
Quanto sarà difficile trovare conferme? Nonostante i gran-
di progressi nelle tecniche di isolamento, sequenziamento e in-
terpretazione del DNA, secondo Slatkin «le condizioni di con-
servazione per i fossili in gran parte dell’Africa sono scadenti e il
recupero di sequenze da fossili molto antichi è improbabile. Ma
certamente le sequenze arcaiche africane potrebbero produrre
molte sorprese». Compreso qualche fantasma. Q

cugino di Neanderthal e Denisova. Sempre nel 2019, sui «Procee-
dings of the National Academy of Sciences» João Teixeira e Alan
Cooper, entrambi dell’Università di Adelaide, in Australia, in un
altro studio sugli attuali abitanti dell’isola indonesiana di Flores
suggeriscono il possibile contributo di un altro fantasma geneti-
co indicato come EH2, ma è presto per sbilanciarsi. «Non ritengo
che vi sia un consenso a favore dell’idea che una terza popolazio-
ne arcaica [oltre a Neanderthal e Denisova, N.d.R.] si sia mescolata
con gli uomini moderni dopo l’uscita dall’Africa», ci dice Slatkin.
Il metodo usato nel lavoro uscito su «Nature Communications»,
comunque, merita attenzione. I ricercatori hanno usato il deep le-
arning per far emergere dal rumore anche i più flebili segnali sta-
tistici. L’intelligenza artificiale (IA) si sta facendo largo in tutte le
scienze della vita, genomica compresa, perché aiuta a individua-
re pattern negli insiemi complessi di dati. Nel caso della paleoan-
tropologia, però, non ci sono valanghe di dati con cui allenare gli
algoritmi, dunque i ricercatori fanno simulazioni. Combinano in
molti modi diversi i dettagli demografici relativi alle popolazio-
ni ancestrali e producono una grande quantità di
scenari. Da qui vengono generati genomi simulati
per le odierne popolazioni, su cui impostare l’alle-
namento. Infine l’intelligenza artificiale interpre-
ta i dati genomici reali. Ma non rischiamo di scam-
biare artefatti statistici per eventi biologici reali?
Slatkin è cauto sulle potenzialità dell’approc-
cio. «L’intelligenza artificiale ha molto successo
quando c’è un training set di dimensioni adegua-
te. Il riconoscimento di formazioni tumorali a fi-
ni diagnostici è un classico esempio di buon uso
dell’IA. Il problema con l’evoluzione umana è che non c’è un trai-
ning set, perché esiste un’unica storia», ci spiega lo specialista di
Berkeley. «Per applicarla alla genomica evoluzionistica sono sta-
ti generati training set dalle simulazioni al computer, ma non c’è
modo di sapere quanto siano buone queste simulazioni come mo-
delli della storia umana». La conclusione di Slatkin è che «l’intelli-
genza artificiale sarà uno strumento utile per generare ipotesi, ma
queste ipotesi dovranno essere testate in altri modi». Anche il giu-
dizio di Reich è in chiaroscuro. «Il deep learning e l’intelligenza
artificiale sono strumenti straordinariamente potenti, e sono sicu-
ro che prima o poi, magari in un futuro non troppo lontano, avran-
no un impatto importante sugli studi genetici della storia umana»,
premette il cacciatore di popolazioni fantasma rispondendo alle
nostre domande.
«Allo stesso tempo, le analisi genetiche della storia umana so-
no una delle aree in cui questi metodi, per quanto ne so, non han-
no portato a risultati che non potevano essere ottenuti con ap-
procci basati su modelli espliciti», continua Reich. La ragione è
che, secondo il genetista, abbiamo una comprensione molto pre-
cisa di come la storia delle popolazioni influenza i pattern gene-
tici analizzati in questi lavori. Perciò, per affrontare un problema
come l’introgressione arcaica si potrebbero semplicemente testa-
re i modelli alternativi con i metodi convenzionali senza passare
per la «scatola nera» del deep learning. La conclusione dello spe-
cialista è che «i risultati dello studio sono interessanti ma non mi
convincono, anche perché ci sono sottili distorsioni in questo tipo
di dati che potrebbero essere scambiate per segnali di introgres-
sione arcaica». Una volta identificato il segnale, avrebbero potuto
cercare conferme, ma questo supplemento di indagine non com-
pare nel lavoro pubblicato.
Riassumendo: oggi esiste un’unica specie umana sulla Terra,


Using Hominin Introgression to Trace Modern Human Dispersals. Teixeira J.C.
e Cooper A., in «Proceedings of the National Academy of Sciences», Vol. 116,
n. 31, pp. 15327-15332, 30 luglio 2019.
Approximate Bayesian Computation with Deep Learning Supports a Third
Archaic Introgression in Asia and Oceania. Mondal M., Bertranpetit J. e Lao O.,
in «Nature Communications», Vol. 10, articolo numero 246, 16 gennaio 2019.
Evidence Mounts for Interbreeding Bonanza in Ancient Human Species.
Callaway E., in «Nature», 17 febbraio 2016. doi:10.1038/nature.2016.19394.
Recovering Signals of Ghost Archaic Introgression in African Populations.
Durvasula A. e Sankararaman S., in «Science Advances», Vol. 6, n. 7,
eaax5097, 12 febbraio 2020.
Chi siamo e come siamo arrivati fin qui. Reich D., Raffaello Cortina, Milano, 2019.
Noi siamo sapiens. Condemi S. e Savatier F., Bollati Boringhieri, Torino, 2019.

PER APPROFONDIRE

Ormai è difficile

persino definire

nettamente

i contorni

del nostro

nucleo familiare
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