Le Scienze - 04.2020

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48 Le Scienze 6 20 aprile 2020


Macchine dotate di intelligenza di livello umano
sono ormai all’orizzonte.
Tuttavia, non è ancora chiaro se macchine

del genere saranno effettivamente dotate di
coscienza.
Perché? È improbabile che le simulazioni del

nostro cervello, anche quelle più sofisticate in
assoluto, siano in grado di produrre sensazioni
coscienti.

IN BREVE

Christof Koch è chief scientist e presidente dell’Allen
Institute for Brain Science di Seattle e fa parte
del comitato scientifico di «Scientific American».

e di ansia appena prima di una gara. Parafrasando il filosofo Tho-
mas Nagel, potremmo dire che un sistema è dotato di coscienza se
c’è qualcosa che si prova a essere quel sistema.
Consideriamo la sensazione di imbarazzo quando ci si accorge
all’improvviso di aver appena fatto una gaffe, di aver detto qualco-
sa che voleva essere uno scherzo e che invece è stato percepito co-
me un insulto. I computer potranno mai sperimentare un’emozio-
ne così spiacevole? Quando telefoniamo a un servizio di assistenza
clienti, aspettiamo mentre passano i minuti e sentiamo una voce
artificiale che ci dice «Siamo spiacenti per l’attesa», il programma
si sente davvero in colpa mentre ci fa rimanere in quel limbo?
Sembra indubbio che la nostra intelligenza e le nostre espe-
rienze siano conseguenze ineluttabili di cause naturali nel nostro
cervello, non di cause soprannaturali. Questa premessa è stata uti-
lissima per la scienza negli ultimi secoli, mentre gli esseri uma-
ni esploravano il mondo. Il cervello umano, con i suoi circa 1500
grammi di sostanza simile al tofu, è di gran lunga il pezzo di mate-
ria attiva organizzata più complesso che esista nell’universo noto,
ma deve obbedire alle stesse leggi fisiche a cui sono soggetti cani,
alberi e stelle, perché non c’è niente che a quelle leggi possa sot-
trarsi. Ancora non capiamo fino in fondo le cause che operano nel
cervello, ma ne facciamo esperienza tutti i giorni: un certo grup-
po di neuroni si attiva quando vediamo i colori, le cellule che si ac-
cendono in un’altra regione corticale sono associate a un umore
scherzoso. Se un neurochirurgo stimola quei neuroni con un elet-
trodo, il soggetto vede a colori e scoppia a ridere. Al contrario, spe-
gnere il cervello con un’anestesia elimina queste esperienze.
Considerate queste ipotesi di fondo ampiamente condivise,
che cosa significherà l’evoluzione di una vera intelligenza artifi-
ciale per la possibilità di una coscienza artificiale?
Nel considerare questa domanda ci troviamo di fronte a un bi-
vio che porta a due destinazioni diverse. Lo zeitgeist, incarnato in
romanzi e film come Blade Runner, Lei ed Ex Machina, avanza sul-
la strada che porta all’idea che le macchine davvero intelligenti sa-
ranno senzienti: saranno capaci di parlare, ragionare, automoni-
torarsi e fare introspezione, dunque saranno dotate di coscienza.
Questa strada si incarna esplicitamente nella teoria dello spazio
di lavoro globale neuronale (GNW, da global neuronal workspace),
una delle teorie dominanti a proposito della coscienza, che par-
te dal cervello e arriva a dedurre che siano alcune caratteristiche
della sua peculiare architettura a dare origine alla coscienza.
Le origini di questa teoria si possono far risalire all’architettura
a blackboard dell’informatica degli anni settanta, in cui i program-
mi specializzati accedevano a un deposito condiviso di informa-
zioni chiamato blackboard, o spazio di lavoro centrale. Gli psicolo-
gi hanno ipotizzato che una risorsa simile per l’elaborazione delle
informazioni esista anche nel cervello e sia centrale per la cogni-
zione umana. Questo spazio ha una capacità ridotta, perciò in ogni
singolo momento è occupato solo da un singolo percetto, pensie-
ro o ricordo. Un’informazione nuova compete con quella vecchia
e la rimpiazza.
Il neuroscienziato cognitivo Stanislas Dehaene e il biologo mo-
lecolare Jean-Pierre Changeux, entrambi al Collège de France di


Parigi, hanno mappato queste idee sull’architettura della cortec-
cia cerebrale, lo strato più esterno della materia grigia. Nello scu-
do protettivo del cranio ci sono due lamine corticali ripiegate su se
stesse, una a sinistra e una a destra, ognuna con un diametro di 35
centimetri. I due hanno ipotizzato che lo spazio di lavoro sia rap-
presentato da una rete di neuroni piramidali (di tipo eccitatorio)
legati a regioni corticali lontane, in particolare alle aree associati-
ve della corteccia prefrontale, temporo-parietale e limbica.
Gran parte dell’attività cerebrale rimane localizzata e quindi in-
conscia, come avviene per esempio per il modulo che controlla la
direzione dello sguardo, una cosa di cui siamo quasi del tutto in-
consapevoli, o per quello che accomoda la posizione del corpo. Ma
quando l’attività in una o più regioni supera una certa soglia, per
esempio quando si vede l’immagine della Nutella, innesca un’ac-
censione, un’ondata di eccitazione neurale che si spande in tutto
lo spazio di lavoro neuronale, in tutto il cervello. Di conseguenza il
segnale diventa disponibile per una serie di processi secondari co-
me linguaggio, pianificazione, sistemi di ricompensa, accesso alla
memoria a lungo termine e conservazione nella memoria a breve
termine. L’atto di comunicare questa informazione globalmente
è ciò che la porta a livello conscio. L’esperienza inimitabile della
Nutella è costituita da neuroni piramidali che contattano l’area del
cervello responsabile della pianificazione del movimento, ordi-
nando di prendere un cucchiaio per raccogliere quella crema spal-
mabile alla nocciola. Intanto altri moduli trasmettono il messaggio
di attendere una ricompensa sotto forma della scarica di dopamina
causata dall’elevato contenuto di grassi e zuccheri nella Nutella.
Gli stati di coscienza sono determinati dal modo in cui gli algo-
ritmi dello spazio di lavoro elaborano i rilevanti input sensoriali,
output motori e variabili interne collegate a memoria, motivazio-
ne e aspettative. La coscienza ha a che vedere con l’elaborazione
globale. La teoria del GNW accoglie il mito contemporaneo delle
capacità quasi infinite di calcolo; per arrivare alla coscienza man-
ca solo un’invenzione creativa.

Forza causale intrinseca
La strada alternativa, la teoria dell’informazione integrata (IIT,
da integrated information theory), usa un approccio più basilare
per spiegare la coscienza.
Giulio Tononi, psichiatra e neuroscienziato dell’Università del
Wisconsin a Madison, è il principale architetto dell’IIT, a cui han-
no contribuito anche altri, tra i quali il sottoscritto. La teoria parte
dall’esperienza e procede verso l’attivazione dei circuiti sinaptici
che determinano la «sensazione» di quell’esperienza. L’informa-
zione integrata è una misura matematica che quantifica la «forza
causale intrinseca» di un dato meccanismo. I neuroni che sparano
potenziali d’azione con un effetto sulle cellule a valle alle quali so-
no collegati (per mezzo delle sinapsi) sono un tipo di meccanismo,
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