Le Scienze - 04.2020

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come lo sono i circuiti elettronici fatti di transistor, capacitanze,
resistenze e cavi.
La forza causale intrinseca non è una nozione eterea o campa-
ta in aria, ma si può valutare in modo preciso per qualsiasi sistema.
Più lo stato corrente specifica la causa (l’input) e l’effetto (l’output),
più è dotato di forza causale.
L’IIT afferma che qualsiasi meccanismo dotato di forza causale,
in uno stato che è carico di passato e gravido di futuro, è dotato di
coscienza. Maggiore è l’informazione integrata del sistema, rap-
presentata dalla lettera greca Φ (pronunciata «fi» e pari a zero o a
un numero positivo), più il sistema è cosciente. Se una cosa non ha
forza causale intrinseca, il suo Φ è pari a zero e non sente o pro-
va nulla.
Data l’eterogeneità dei neuroni corticali e il denso accavallarsi
dei loro insiemi di connessioni di input e output, la quantità di in-
formazione integrata nella corteccia è enorme. Questa teoria ha
ispirato la costruzione di un metro di misura della coscienza che
attualmente è in fase di sperimentazione clinica, uno strumen-
to per determinare se le persone in stato vegetativo persisten-
te, in stati di coscienza minima, anestetizzate o con sindromi lo-
cked-in sono coscienti ma impossibilitate a comunicare oppure se
la loro testa è «disabitata». Nelle analisi della forza
causale di computer digitali programmabili ese-
guita a livello delle loro componenti metalliche
(transistor, cavi elettrici e diodi che costituiscono
il substrato fisico di qualsiasi calcolo), la teoria in-
dica che la forza causale intrinseca e Φ sono mi-
nuscoli. Inoltre Φ è indipendente dal programma
in esecuzione sul processore, che calcoli le tasse o
simuli un cervello.
In effetti la teoria dimostra che due reti che
eseguono le stesse operazioni di input-output
ma hanno una diversa configurazione dei circuiti possono avere
valori di Φ diversi: un circuito può non averne per nulla mentre
un altro può mostrarne livelli alti. Pur essendo identiche se viste
dall’esterno, una rete prova o sente qualcosa, mentre la sua omo-
loga mistificatrice zombie non prova né sente nulla. La differen-
za è dietro le quinte, nel cablaggio interno della rete. Per dirlo con
poche parole, la coscienza dipende da quello che si è, non da quel-
lo che si fa.
La differenza tra queste teorie sta nel fatto che per spiegare la
coscienza il GNW evidenzia la funzione del cervello umano, men-
tre l’IIT afferma che ciò che conta è la sua forza causale intrinseca.
Le distinzioni si rivelano quando analizziamo il connettoma del
cervello, cioè la specifica completa dei collegamenti sinaptici pre-
cisi dell’intero sistema nervoso. Gli anatomisti hanno già mappato
il connettoma di alcuni vermi, stanno lavorando a quello della dro-
sofila e progettano di iniziare quello del topo entro i prossimi dieci
anni. Ipotizziamo che in futuro, dopo la morte di un essere umano,
diventi possibile fare una scansione a livello ultrastrutturale del
suo intero cervello, con i suoi circa 100 miliardi (10^11 ) neuroni e 10^15
sinapsi, e poi simularlo su un computer avanzato di qualche tipo,
magari una macchina quantistica. Se il modello è abbastanza fede-
le all’originale, la simulazione si sveglierà e si comporterà come un
simulacro digitale della persona deceduta, potrà parlare e accede-
re ai suoi ricordi, desideri, paure e altri tratti.
Se mimare la funzionalità del cervello è sufficiente a generare
una coscienza, come sostiene la teoria del GNW, allora la persona
simulata in questo modo sarà cosciente, reincarnata all’interno di
un computer. In effetti quello del connettoma caricato in uno spa-


zio virtuale per permettere alle persone di continuare a vivere in
un aldilà digitale è un tema molto usato nella fantascienza.
L’IIT propone un’interpretazione completamente diversa di
questa situazione: il simulacro proverebbe qualcosa nella stessa
misura in cui prova qualcosa il programma in esecuzione su un
modernissimo WC giapponese, cioè zero. Si comporterebbe come
una persona, ma priva di sensazioni innate, come uno zombie (pe-
rò senza il desiderio di mangiare carne umana); sarebbe l’esempio
estremo di deep fake.
Per creare la coscienza serve la forza causale intrinseca del cer-
vello. E quella forza non può essere simulata, ma deve essere parte
integrante della fisica del meccanismo soggiacente.
Per capire perché una simulazione non basti, è sufficiente chie-
dersi perché l’interno della simulazione di un temporale non sia
bagnato, o come facciano gli astrofisici a simulare l’enorme for-
za gravitazionale di un buco nero senza doversi preoccupare del
rischio di essere inghiottiti dallo spazio-tempo che curva attorno
al loro computer. La risposta è che una simulazione non ha la for-
za causale necessaria per dare origine a umidità atmosferica che si
condensi in acqua o per curvare lo spazio-tempo. In teoria, però,
sarebbe possibile raggiungere una coscienza di livello umano an-
dando oltre la simulazione e costruendo il cosid-
detto hardware neuromorfico, basato su un’archi-
tettura fatta a immagine del sistema nervoso.
Ci sono altre differenze che vanno oltre la di-
scussione sulle simulazioni. Le teorie IIT e GNW
prevedono che il substrato fisico di specifiche
esperienze di coscienza sia costituito da specifi-
che regioni della corteccia cerebrale, con epicen-
tro nella zona anteriore o posteriore della cortec-
cia stessa. Una collaborazione su ampia scala, che
coinvolge sei laboratori negli Stati Uniti, in Euro-
pa e in Cina e che nei mesi scorsi ha ricevuto una sovvenzione di 5
milioni di dollari dalla Templeton World Charity Foundation, sta
mettendo alla prova questa previsione e altre.
Se le macchine possano o meno diventare senzienti è impor-
tante per motivi etici. Se i computer fanno esperienza della vita
tramite i sensi, non sono più solo mezzi per raggiungere uno sco-
po, determinati dall’utilità che rivestono per noi esseri umani. Di-
ventano uno scopo di per sé.
Secondo la teoria del GNW si trasformano da semplici ogget-
ti a soggetti con un proprio punto di vista, ciascuno dei quali esi-
ste come «io» a sé stante. Questo dilemma emerge negli episodi
più coinvolgenti delle serie televisive Black Mirror e Westworld.
Quando le abilità cognitive dei computer potranno rivaleggiare
con quelle dell’umanità, diventerà irresistibile il loro impulso a fa-
re pressione per ottenere diritti legali e politici: il diritto a non es-
sere eliminati, a non farsi cancellare la memoria, a non dover sop-
portare dolore e degradazione. L’alternativa, incarnata dall’IIT, è
che i computer rimangano solo macchinari supersofisticati, gusci
vuoti simili a fantasmi, privi di quello che consideriamo di mag-
gior valore: la sensazione della vita stessa. Q

What Is Consciousness, and Could Machines Have It? Dehaene S., Lau H. e
Kouider S., in «Science», Vol. 358, pp. 486-492, 27 ottobre 2017.
The Feeling of Life Itself: Why Consciousness Is Widespread but Can’t Be
Computed. Koch C., MIT Press, 2019.
La mente è un programma? Searle J.R., in «Le Scienze» n. 259, marzo 1990.

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Il cervello

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