Le Scienze - 04.2020

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64 Le Scienze 6 20 aprile 2020


un’agenzia istituita con l’Affordable Care Act del 2010, Darnall sta
conducendo un trial di un anno con 1365 pazienti con dolore croni-
co chiamato EMPOWER (Effective Management of Pain and Opio-
id-Free Ways to Enhance Relief ). Tra i pazienti arruolati, 500 inten-
dono mantenere l’attuale dosaggio di oppioidi e faranno da gruppo
di controllo. Gli altri verranno assegnati casualmente a una fra tre
possibili terapie. Un gruppo seguirà il metodo dello studio pilota
di Darnall; un altro seguirà lo stesso percorso e riceverà in aggiun-
ta otto sessioni settimanali di terapia cognitivo-comportamenta-
le di gruppo per il dolore, un tipo di counseling psicologico a breve
termine incentrato sulla modifica degli schemi di pensiero e delle
credenze che condizionano comportamenti ed emozioni. Anche il
terzo gruppo seguirà il protocollo pilota e seguirà sei laboratori set-
timanali di gruppo sull’autogestione del dolore.
L’autogestione del dolore è un approccio a costo ridotto, guida-
to non da professionisti medici bensì da altri pazienti che hanno
ricevuto una formazione specifica, e finora mai applicato alla ri-
duzione degli oppioidi. Il metodo, sviluppato da Kate Lorig, spe-
cialista di educazione sanitaria alla Stanford University, prevede
una serie di attività, lezioni e discussioni strutturate che offrono ai
pazienti alcuni strumenti per gestire il dolore e ricominciare a vi-
vere in modo più attivo. Durante una sessione tipo, i pazienti ela-
borano un «piano d’azione» settimanale che con-
siste nel fare qualcosa che hanno evitato a causa
del dolore, come fare una passeggiata al giorno o
pulire un armadio, e nel riportare i progressi com-
piuti. I partecipanti imparano esercizi di riscal-
damento per le loro articolazioni dolenti e ragio-
nano insieme su come comunicare al meglio con
i medici. I partecipanti affermano che essere in
presenza di persone che capiscono il dolore cro-
nico, inclusi i leader del gruppo, offre loro ispira-
zione, supporto e responsabilità. «Ci si rende con-
to di essere tutti nella stessa barca, e questo aiuta
molto», dice Sylvia Nomikos, un’insegnante in
pensione con stenosi spinale grave, che ha parte-
cipato a un workshop di autogestione a Pleasantville, nello Stato
di New York. Due studi su questo tipo di approccio hanno eviden-
ziato che i pazienti segnalano una riduzione duratura del dolore,
della disabilità, della depressione e dell’ansia legata alla salute.
Il team di Darnall, attraverso il suo studio EMPOWER, confron-
terà i risultati del metodo di autogestione del dolore rispetto al più
costoso CBT e stabilirà se uno dei due dà risultati migliori nel clas-
sico protocollo a lenta riduzione. Nel frattempo, gli studiosi racco-
glieranno anche dati sull’uso di prodotti a base di cannabis e mari-
juana per valutarne l’impatto sulla riduzione degli oppioidi. Questo
genere di studi è una priorità, dice Darnall. Indipendentemente da
quale studio emergerà come il migliore, se i risultati di qualsiasi
gruppo corrisponderanno a quelli del suo progetto o li supereran-
no pilota, la scienziata avrà dimostrato l’efficacia di un metodo si-
curo, pratico ed economico per ridurre gradualmente l’assunzione
di oppioidi applicabile alle comunità di pazienti in tutto il mondo.

Alleviare i sintomi dell’astinenza
Anche altri studiosi, tra cui Sullivan e Krebs, stanno testando
soluzioni pratiche e a basso costo per aiutare i pazienti a ridur-
re la dipendenza dagli oppioidi; in caso di successo questi meto-
di potrebbero essere ampliati al resto del paese per gestire questa
emergenza. In particolare, Krebs sta conducendo un trial di gran-
de portata, anch’esso finanziato dal PCORI, durante il quale 500

Da allora Krebs ha raccolto altre prove che gli oppioidi non so-
no necessariamente una scelta idonea per il dolore cronico. Duran-
te una conferenza del 2018 la ricercatrice ha presentato alcuni dati
preliminari estratti da uno studio a lungo termine su 9245 vetera-
ni che avevano assunto oppioidi per sei mesi e oltre. Solo un quar-
to dei partecipanti aveva descritto l’efficacia del trattamento come
«molto buona» o «eccellente», mentre l’80,9 per cento affermava
che il dolore coinvolgeva tutto il corpo, un sintomo indicativo di un
effetto collaterale sospetto: una sindrome dolorosa chiamata iperal-
gesia indotta da oppioidi. «La mia prima reazione è stata di stupore»,
mi ha detto Krebs. «Queste persone erano molto malate, non siamo
stati in grado di curarle».


Come ridurre le dosi


Quando i rischi legati agli oppioidi superano i benefici (per
esempio quando i pazienti abusano dei farmaci o mostrano sin-
tomi di overdose), le nuove linee guida dell’HHS invitano i medi-
ci a considerare la possibilità di ridurre gradualmente i dosaggi.
A quel punto il problema principale è come farlo senza scatena-
re ulteriore sofferenza e disperazione e quale alternativa proporre
per alleviare il dolore. In un mondo ideale, i pazienti con un dolore
ingestibile si recherebbero nei centri interdisciplinari di gestione
del dolore e riabilitazione, che vantano buoni ri-
sultati nel guidare i pazienti nella transizione da-
gli oppioidi ad altri metodi di gestione del dolore.
Tuttavia, molti di questi centri chiusero i batten-
ti quando la comunità medica si aprì agli oppioi-
di, e le cure nei centri rimasti sono molto costo-
se. Le ricerche si stanno quindi concentrando su
approcci più economici e pratici. Nel 2018 Darnall
ha pubblicato uno dei primi studi in grado di dare
una risposta: una riduzione dei dosaggi molto len-
ta e calibrata.
In uno studio pilota su 68 pazienti pubblicato
su «JAMA Internal Medicine», Darnall ha dimo-
strato che, nell’arco di quattro mesi, i 51 soggetti
che avevano completato il trial erano riusciti in media a ridurre
le dosi di oppioidi quasi del 50 per cento senza che il dolore peg-
giorasse. I pazienti hanno ricevuto un’attenta supervisione di un
medico di comunità e un libro di autoaiuto. Una lenta riduzione
si è rivelata particolarmente importante nelle prime quattro setti-
mane, dice Darnall, quando il dosaggio era ridotto del 5 per cento
per non più di due volte: una percentuale nettamente inferiore ri-
spetto al 10 per cento a settimana suggerito in origine dai CDC del
2016, e in linea con la versione aggiornata dell’HHS.
«Queste microriduzioni permettono ai pazienti di accettare
gradualmente il processo, acquisire fiducia verso il medico e ver-
so sé stessi», spiega Darnall, notando come «la loro preoccupazio-
ne primaria è il possibile aumento del dolore». L’obiettivo, secon-
do Darnall, non era di arrivare a un livello zero ma alla «minore
dose tollerabile». Quattro pazienti sono stati in grado di sospen-
dere completamente, mentre altri quattro «non si sono smossi, o
anzi hanno aumentato il dosaggio»; altri 17 pazienti hanno abban-
donato il trial. È interessante osservare che non c’era una corre-
lazione tra il dosaggio ricevuto all’inizio del trial o la durata del
trattamento fino a quel momento e la capacità del paziente di af-
frontare la riduzione degli oppioidi.
L’obiettivo attuale di Darnall è stabilire se ci sono altri strumen-
ti in grado di aiutare altri pazienti nel ridurre i dosaggi. Grazie ai
fondi del Patient-Centered Outcomes Research Institute (PCORI),


L’autogestione

del dolore è

un approccio

che costa poco,

finora mai

applicato

alla riduzione

degli oppioidi
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