BRESCIA
ITALIA
Imprenditore
scomparso
Chiesto il processo
per il nipote
U
n giallo lungo oltre quat-
tro anni che ora arriverà
in un’aula di tribunale
per essere chiarito o per
restare un caso irrisolto.
La procura generale di Brescia ha
chiesto il rinvio a giudizio per Giaco-
mo Bozzoli il nipote di Mario Bozzo-
li, l’imprenditore cinquantenne di
Marcheno (in Valtrompia, nel Bre-
sciano) titolare di una fonderia con il
fratello e scomparso nel nulla la sera
dell’otto ottobre del 2015 al termine
della giornata di lavoro. Omicidio
premeditato e soppressione di cada-
vere i reati contestati al 35enne dalla
procura generale che aveva avocato
a sé le indagini nel marzo di due anni
fa. Con Giacomo Bozzoli erano finiti
nel registro degli indagati – accusati
degli stessi reati – anche suo fratello
Alex, di cinque anni più grande, e
due degli operai presenti in fabbrica
quella sera, il 43enne Oscar Maggi e
il suo collega ghanese Akwasi Aboa-
gye. Ai due la procura generale alla
chiusura delle indagini era arrivata a
contestare soltanto il favoreggiamen-
to. Per tutti e tre oggi la procura gene-
rale ha chiesto l’archiviazione.
Nessuna traccia biologica
Secondo gli inquirenti Giacomo
avrebbe aggredito lo zio che finito di
lavorare si stava spostando verso gli
spogliatoi. Il 35enne dopo averlo uc-
ciso, avrebbe fatto sparire il suo cor-
po. Tracce biologiche di Mario Bozzo-
li collegabili ad un omicidio in azien-
da però non si sono mai trovate, nem-
meno una impronta anche nell’auto
del nipote passata al setaccio dagli in-
vestigatori Per gli inquirenti il cada-
vere potrebbe quindi essere stato infi-
lato in uno dei sacchi utilizzati in fon-
deria per le scorie e fatto uscire dall’a-
zienda con un mezzo, un camion o
una auto, per essere poi fatto scompa-
rire chissà dove.
Il movente del delitto andrebbe ri-
cercato nei dissidi tra zio e nipote
(con il fratello e il padre stava allora
aprendo una azienda simile a quelle
di Marcheno) nelle strategie azienda-
li e di produzione da seguire. Mario
Bozzoli sarebbe quindi diventato un
ostacolo da eliminare. Dipendente
della fonderia era anche Giuseppe
Ghirardini, l’operaio con la passione
della caccia trovato morto avvelena-
to con del cianuro in un bosco della
Valle Camonica a più di cento chilo-
metri dalla sua casa di Marcheno. Pu-
re lui quella sera dell’otto ottobre del
2015 era nella fonderia di Marche-
no. Per gli inquirenti l’operaio, scom-
parso una settimana dopo il suo tito-
lare, si sarebbe tolto la vita. Una rico-
struzione che non ha mai convinto le
sorelle di Ghirardini sicure che il fra-
tello non si sarebbe mai ucciso. —
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MILANO
ITALIA
Si laurea online
in Statale
il primo rifugiato
ugandese
MODENA
ITALIA
In ospedale
per il coronavirus
Operata
al cuore a 99 anni
DENVER
STATI UNITI
Il governatore
del Colorado
abolisce
la pena di morte
«H
o sognato que-
sto giorno a lun-
go in questi an-
ni, ma mai mi
sarei immagi-
nato di discutere la mia tesi di laurea
davanti a un pc e collegato in video-
conferenza con la commissione».
Fred Okot, 36 anni, ieri ha concluso il
suo percorso di laurea magistrale
all’Università Statale di Milano, dove
si era iscritto nel 2017 in «Manage-
ment of Human Resources and La-
bour studies». A Milano, Okot è il pri-
mo rifugiato laureato a un corso di
laurea magistrale: sono rari i casi in
cui rifugiati e migranti sono messi nel-
le condizioni di portare a termine un
percorso di studi così impegnativo e
lungo. Ma quella di Okot è stata una
laurea particolare, dal momento che
siamo in piena emergenza coronavi-
rus. Okot ha discusso infattu la tesi su
Skype: a interrogarlo, dall’altra parte
del computer, una commissione for-
mata dal presidente di commissione,
correlatore e relatore della tesi.
Niente festeggiamenti
«Non mi sono vestito elegante per-
ché tanto ero a casa da solo, per cui
mi sono messo una maglietta, e una
volta finito non ho potuto neanche
festeggiare», racconta Okot, che ha
discusso la tesi in inglese – «il mio ita-
liano non è ancora ottimale» – e poi
ha anche risposto a delle domande
della commissione. «Mi hanno chie-
sto alcune questioni tecniche sulle
leggi: non è stato semplicissimo ri-
spondere visto che non sono laurea-
to in giurisprudenza».
Arrivato in Italia, a Roma dall’U-
ganda, nel 2014, Okot si è poi trasfe-
rito a Milano tre anni fa. «Avevo let-
to online di questo corso che faceva-
no alla Statale e avevo deciso di iscri-
vermi». In Uganda aveva già ottenu-
to una laurea triennale ma, raccon-
ta, «studiare mi è sempre piaciuto».
In questi anni, per mantenersi
agli studi Okot ha lavorato come fat-
torino. «In Uganda ho una fami-
glia, mia moglie e mia figlia, Mysti-
ca. Sapevo che, se volevo studiare,
dovevo anche lavorare per mante-
nerle». Ma fa anche il volontario
per il Banco Alimentare. «Mi piace
molto», dice. Per il suo futuro cerca
di non sognare troppo in grande
perché «il periodo non è semplice:
mi basta trovare un lavoro che mi
permetta di far venire qua la mia fa-
miglia. Qualunque lavoro va bene,
la prima cosa è sopravvivere». An-
che se poi confessa: «In realtà, vor-
rei lavorare nelle risorse umane di
una grande realtà». A Milano?
«Non è importante la città, posso
spostarmi. Magari, chissà, potrei
anche tornare in Uganda». —
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A
99 anni l’hanno porta-
ta al Policlinico di Mo-
dena perché si temeva
che fosse infetta da co-
ronavirus. Stava male,
si lamentava per un forte dolore
al petto. Al test del tampone è pe-
rò risultata negativa.
I medici di cardiologia hanno in-
tuito che aveva un serio problema
cardiaco e gli esami lo hanno con-
fermato: versava in gravi condi-
zioni ed era a rischio infarto. Ma
ad alto rischio era anche l’opera-
zione alla quale sottoporla. Il con-
senso dei familiari ha permesso di
praticare una coronografia e poi
di applicarle uno stent. L’opera-
zione è andata bene e la 99enne,
in convalescenza, ha dato segni di
miglioramento.
Un lungo intervento
Un intervento sicuramente unico
nel suo genere per l’avanzata età
della paziente, quello eseguito lu-
nedì sera al Policlinico presso l’E-
modinamica di Cardiologia. Lo
staff diretto dal primario profes-
sor Giuseppe Boriani e coordina-
to dal dottor Carlo Giuseppe Cap-
pello ha preparato l’anziana per il
difficilissimo l’intervento subito
eseguito dal dottor Fabio Sgura.
Quaranta minuti per un’angio-
plastica resa difficile dai vasi calci-
ficati della quasi centenaria. Poi
l’applicazione di uno stent lungo
che ha coperto le lesioni per oltre
un 90%. L’intervento è riuscito e
la paziente è stata riportata al suo
letto. Ieri mattina si è svegliata
dando segni di miglioramento.
«Non ho più dolori al petto - sono
state le prime parole della 99en-
ne - mi sento meglio». Ovviamen-
te è affaticata e le serviranno alcu-
ni giorni di convalescenza per ri-
prendersi al meglio ed essere con-
siderata fuori pericolo. Ma già il
giorno dopo l’intervento pare che
le sue condizioni siano decisa-
mente migliorate. Una volta spari-
ta l’ansia mista ai forti dolori, è
parsa anche lucida e l’uomore è di-
ventato sereno.
Il dottor Sgura e l’équipe in sala
di Emodinamica hanno deciso ol-
tretutto di intervenire a torace
chiuso evitando così ulteriori pos-
sibili problemi in fase di convale-
scenza.
Secondo i medici, il fattore età
molto avanzata costituiva un for-
te rischio per l’esito finale. Anche
il professor Boriani ha conferma-
to che a quella età sono possibili
complicanze con coronaropatie
gravi e quindi l’angioplastica
comporta in ogni caso un alto ri-
schio. —
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7N
LA GIORNATA
IN SETTE NOTIZIE
I
l Colorado dichiara fuori leg-
ge la pena di morte diventan-
do così il 22 esimo Stato ameri-
cano ad abolire o sospendere
previa moratoria le esecuzio-
ni. A questi si aggiungono il District
of Columbia, ovvero la capitale, e
Porto Rico. Il governatore Jared Po-
lis ha firmato la legge, commutan-
do allo stesso tempo nel carcere a vi-
ta senza possibilità di libertà su cau-
zione la sentenza delle uniche tre
persone ancora nel braccio della
morte. Si tratta dei poco più che
trentenni Nathan Dunlap, Sir Ma-
rio Owens e Robert Ray, responsa-
bili dell'uccisione di diverse perso-
ne ad Aurora fra la fine degli anni
1990 e gli inizi del 2000. Polis li de-
finisce «spregevoli e colpevoli» ma
spiega come la commutazione del-
la loro pena riflette il fatto che «la
pena di morte nello Stato del Colo-
rado non può e non è mai stata ge-
stita in modo equo».
Le proteste
La spiegazione del governatore
non soddisfa le famiglie delle vitti-
me e spacca la popolazione. «Con
un colpo di penna, Polis ha seque-
strato la giustizia e messo in peri-
colo il nostro sistema penale», tuo-
na la senatrice democratica Rhon-
da Fields che ha perso il figlio sot-
to i colpi di arma da fuoco sparati
da Owens e Ray. Negli Stati Uniti,
del resto, il tema dell'abolizione
della pena capitale resta ancora
un tabù, assente da qualunque
campagna elettorale, anche dei
candidati democratici di Usa
- Anche per la profonda spac-
catura in seno all'opinione pubbli-
ca sul tema: secondo un sondag-
gio di Gallup dell'ottobre 2019, il
56% degli americani è favorevole
a fronte di un 42% contrario. Qual-
cosa però comincia a muoversi, co-
me dimostra l'aumento negli ulti-
mi anni del numero degli Stati che
hanno mandato in pensione il bo-
ia. Esattamente un anno fa la Cali-
fornia optava per la moratoria.
La pena capitale viene dunque
applicata ora in 28 Stati Usa. Dal
1976, quando la legittimità del bo-
ia fu confermata dalla Corte Supre-
ma, le esecuzioni in tutta l'America
sono state 1.516 su oltre 7.800 de-
tenuti condannati a morte. Il maca-
bro primato è detenuto dal Texas
con almeno 569 esecuzioni. Il pas-
so compiuto dal Colorado rientra
in un più ampio sforzo a livello in-
ternazionale che vede l’Italia in pri-
ma linea in ambito Onu per sensibi-
lizzare sulla moratoria. E con un
certo successo visto che nel novem-
bre 2018, la Terza Commissione
dell'Assemblea Generale, quella
che si occupa dei diritti umani, ha
approvato la risoluzione che chie-
de agli Stati Membri di fermare le
esecuzioni, con 123 voti a favore su
193 Stati membri, otto in più rispet-
to al 2016. —
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FRANCESCO SEMPRINI
BRUXELLES
BELGIO
Ue, via libera
all’adesione
di Albania
e Nord Macedonia
TETE
MOZAMBICO
Senza aria
in un tir,
64 migranti etiopi
muoiono soffocati
D
opo diversi tentativi fal-
liti e circa due anni di
stallo nelle trattative, si
apre la finestra euro-
pea per l’Albania e la
Macedonia del Nord. I governi dei
27 Stati Ue hanno dato ieri il via li-
bera all’apertura dei negoziati con i
due Paesi balcanici: la decisione
presa dai ministri degli Affari Ue sa-
rà ratificata domani dai capi di Sta-
to e di governo al Consiglio euro-
peo straordinario che si riunirà in vi-
deoconferenza.
«Il futuro dei Balcani Occidentali
è nell’Unione europea» ha subito
commentato Ursula von der Leyen,
presidente della Commissione Ue,
anche se ovviamente questo passag-
gio non garantisce l’accesso all’U-
nione ma apre soltanto un processo
che può durare diversi anni. A oggi
sono già stati avviati i negoziati di
adesione con il Montenegro e la Ser-
bia, oltre che con la Turchia, men-
tre Kosovo e Bosnia-Erzegovina so-
no ancora in stand-by con lo stato
di «potenziali candidati».
Superate le resistenze
A frenare il via libera erano state
le resistenze di alcuni Paesi: Fran-
cia, Danimarca e Olanda, che per
ragioni principalmente di politica
interna avevano messo il loro ve-
to. Una situazione che ha portato
la Commissione ha presentare
una nuova proposta sulla metodo-
logia con cui avviene il processo
di allargamento.
Ancora non ci sono tempistiche
certe sull’avvio formale dei negozia-
ti, anche perché i governi Ue hanno
chiesto a Tirana di fare ancora qual-
che passo. «Sull’Albania - ha spiega-
to il ministro degli Esteri olandese,
Stef Blok - abbiamo concordato un
certo numero di precondizioni che
devono essere rispettate». Le condi-
zioni riguardano lo Stato di diritto,
la lotta alla corruzione, la riforma
della giustizia, il pluralismo dei me-
dia e una politica più severa contro
l’immigrazione irregolare.
Per David Sassoli, presidente
del Parlamento Ue, quella di ieri è
«una buona notizia in tempi diffici-
li: abbiamo bisogno di forti legami
con i nostri vicini, ora più che
mai». Secondo Andreja Metelko
Zgombic - ministro degli Affari Ue
della Croazia, presidente di turno
dell’Unione - l’intesa è un «ricono-
scimento dei notevoli sforzi di ri-
forma fatti da Tirana e Skopje, che
hanno dimostrato una forte volon-
tà politica per avanzare nel loro
cammino europeo». «Oggi possia-
mo essere orgogliosi, l’attesa è fini-
ta» ha esultato il premier macedo-
ne Oliver Spasovski. —
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S
ono 64 i cadaveri di mi-
granti etiopi senza docu-
menti trovati morti per
asfissia all’interno di un
container trasportato da
un tir nel distretto di Matiz, pro-
vincia di Tete, nel nord del Mo-
zambico. La polizia mozambicana
aveva piazzato un posto di blocco
a 5 chilometri dal confine con il
Malawi e dopo aver fermato il vei-
colo si è insospettita per aver senti-
to dei colpi provenienti dalle pare-
ti del container.
Dopo aver obbligato il conducen-
te ed il co-pilota da aprire il cargo la
triste scoperta dei cadaveri e la sor-
presa di 14 migranti ancora in vita. Il
tir è di proprietà di un’azienda mo-
zambicana basata a Beira ed entram-
be le persone arrestate sono di nazio-
nalità mozambicana. Dopo l’interro-
gatorio con le forze di sicurezza loca-
li sarebbe emerso che i migranti etio-
pi erano stati caricati a bordo del con-
tainer in Malawi e che la destinazio-
ne finale sarebbe stata il Sudafrica.
La tratta verso il Sudafrica
I due uomini hanno confessato di
aver accettato il lavoro per una som-
ma pari a 500 euro e che a capo della
tratta illegale c’è una gang con sede
in Malawi, considerato uno dei Pae-
si più pacifici d’Africa.
L’ospedale di Tete ha già comuni-
cato che non ci sono posti per tumu-
lare i 64 cadaveri di nazionalità etio-
pe e che verranno, dunque, riposti in
una fossa comune. I 14 sopravvissu-
ti, invece, saranno messi in isola-
mento per due settimane per verifi-
care se positivi al coronavirus e, so-
lo, in seguito saranno deportati in
Malawi. Fino ad oggi, il Mozambico
è uno dei Paesi africani meno colpiti
dal Covid-19 con soli 5 casi confer-
mati. «Non è la prima volta che mi-
granti illegali passano la frontiera
dal Malawi verso il Mozambico –
spiega Fungai Caetano, giornalista
di ZitamarNews – dall’inizio dell’an-
no 200 persone sono state fermate
dalla polizia, quasi tutti provenienti
dal Mali e dal Malawi o da altri Paesi
africani in guerra».
La tratta di migranti illegali verso il
Sudafrica è una piaga che riguarda
l’intera Africa australe. Il Sudafrica è
considerata una speranza di lavoro
per molti giovani africani che arriva-
no da Paesi in cui l’economia è stata
messa a dura prova da anni di guerre
civili. A causa dell’epidemia di Co-
vid-19, il Sudafrica ha chiuso i due ter-
zi delle frontiere terrestri che lo colle-
gano con gli altri Paesi dell’Africa au-
strale e sta valutando di costruire un
muro di oltre 20 chilometri lungo la
frontiera con lo Zimbabwe per limita-
re il transito di migranti illegali. —
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La parola del giorno
benzinai
La categoria ha proclamato la serrata in tutto il Paese
Nel bel mezzo dell'emergenza coronavirus
arriva la serrata dei benzinai. I sindacati di
categoria hanno proclamato a partire da og-
gi la chiusura progressiva dei distributori in
tutto il Paese perché «da soli, non siamo
più nelle condizioni di assicurare né il neces-
sario livello di sicurezza sanitaria, né la so-
stenibilità economica del servizio». Ma a
stretto giro arriva il no del Garante sugli scio-
peri nei servizi pubblici essenziali che «invi-
ta» a revocare subito l'astensione, mentre
il premier Conte assicura che verrà adotta-
ta «un'ordinanza in modo da assicurare i ri-
fornimenti nella penisola» perchè «è chia-
ro che in questo momento dobbiamo presi-
diare le attività essenziali». Il calo di vendi-
te patito dalla categoria è di circa dell’85%,
dai 10-11.000 litri venduti al giorno sulla re-
te autostradale sono passati a 1.000 litri e
le entrate non sono sufficienti per pagare i
dipendenti. —
LORENZO SIMONCELLI
Lo sposo palestinese Mohamed abu Daga e
la sua sposa Israa indossano le mascherine
durante un servizio fotografico in uno studio
prima della loro cerimonia di matrimonio a
Khan Yunis nella striscia meridionale di Ga-
za. Le autorità a Gaza hanno confermato i
primi due casi di nuovo coronavirus, identifi-
candoli come palestinesi, rientrati attraver-
so l’Egitto e che avevano viaggiato in Paki-
stan. Al loro rientro sono stati subito messi
in quarantena dal loro ritorno, mentre le Na-
zioni Unite avvertivano di potenziali esiti di-
sastrosi a causa di un focolaio dato l'alto tas-
so di povertà e debolezza del sistema sanita-
rio nella fascia costiera. —
GAZA CITY
STRISCIA DI GAZA
Matrimonio
con mascherina
e niente
festeggiamenti