La Stampa - 25.03.2020

(sharon) #1


L’attore protagonista domani sera su Rai 1 del nuovo medical “Doc - Nelle tue mani” tratto da una storia vera

La maturità di Argentero

“A 40 anni mai più studente ribelle


Mi sta bene il ruolo del primario”


CON QUESTA SERIE DEBUTTA IN ITALIA LA PIATTAFORMA DISNEY+


The Mandalorian, western stellare

con il cowboy dall’armatura

MICHELA TAMBURRINO


ROMA


S


i ha quasi paura a
dirlo e addirittura
a pensarlo, di que-
sti tempi, eppure
tutti, almeno una
volta, ci siamo po-
sti il problema, da malati, di
immaginare il nostro medi-
co piombare nelle nostre
identiche condizioni: da in-
fermo, lui con le sicurezze da
camice bianco, come potreb-
be vivere in prima persona
l'infermità? Non è proprio e
solo questo che vuole scopri-
re Doc - Nelle tue mani, una
produzione Lux Vide in colla-
borazione con RaiFiction, re-
gia di Jan Maria Michelini e
Ciro Visco, in onda su Rai1
da domani per quattro sera-
te. Una bella sfida, proporre
un medical proprio ora.
La storia è tratta da due li-

bri, Meno dodici e Pronto soc-
corso, quasi un’autobiogra-
fia di Pierdante Piccioni scrit-
ta con Pierangelo Sapegno.
Vita vissuta e tanto dolore
più voglia di riscatto, «sto-
ria di una sconfitta senza col-
pe, di rabbia, di ingiustizia e
di ricompensa, di drammi fa-
miliari e di riconciliazione.
Storia di sentimenti estre-
mi, tanto incredibile quanto
vera», assicura il protagoni-
sta della vita reale.
In fiction il ruolo di que-
sto dottore tutto di un pezzo
e brillante che a causa di un
trauma cranico dovuto a un
proiettile perde la memoria
degli ultimi dodici anni del-
la sua vita, è affidato a Luca
Argentero, al suo fianco Ma-
tilde Gioli, una dottoressa
che il primario, causa amne-
sia, ha dimenticato di aver
amato in passato e Sara Laz-
zaro, l’ex moglie che si è ri-
fatta una vita ma che il «nuo-
vo» medico vuole riconqui-

stare anche per amore della
figlia, impersonata da Bea-
trice Grannò.
Argentero, il mondo del ci-
nema è pieno di queste sto-
rie di amnesia e di cambia-
mento. Che cosa rende que-
sta diversa?
«Innanzitutto che qui si trat-
ta di una storia vera. In più il
dottore non è una cattiva per-
sona che poi diventa buona.
Era in una fase evolutiva e
questo trauma lo riporta a co-
me era in origine e che non
era più perché la vita gli ave-
va fatto privilegiare la parte
più cinica di sé. Inoltre un
medical come questo non si
era visto prima in tv, il livello
tecnico è altissimo. E il coin-
volgimento di Pierdante Pic-
cioni sia nella scrittura sia
sul set ha regalato al perso-
naggio tante sfumature».
La sua è una carriera breve
ma intensissima. C’è qual-
cosa che tornando indietro
non rifarebbe?

«Non cancellarei una riga
del mio curriculum. Anche
quel che ho fatto in un mo-
mento di sovrapposizione.
Forse qualche produzione
non era necessaria ma so-
no ore di volo, esperienza
sul set».
Trenta film in 10 anni. Co-
me si vede adesso?
«DaCarabinierisono passa-
to a Comencini e Ozpeteck
che hanno ribaltato la mia
carriera. Ora, a 40 anni, ve-
do i ruoli che mi offrono cam-
biare assieme a me, sto in un
limbo anagrafico che è an-
che presa di coscienza. Ciò
che è fatto è fatto, non sarò
mai più uno studente ribelle,
ora mi sta bene il ruolo del
professore. Cambiamenti
che mi gasano. Su questo set
ero il più giovane dei miei
“colleghi medici”. Mai suc-
cesso prima».
Anche la sua compagna è at-
trice, mai competizione?
«Cristina fa questo lavoro
con leggerezza, ha molti in-
teressi e anche per me è lo
stesso».
Come vivete queste ore?
«Come tutti siamo chiusi in
casa, io non sono turbato
ma spiazzato sì. Sto per di-
ventare papà, sono entusia-
sta e preoccupato allo stes-
so tempo».
Visto che si parla di chiusi
in casa, quale suo film consi-
glierebbe di rivedere?
«Senza dubbio una comme-
dia, una delle più riuscite è
Diverso da chi?».—
© RIPRODUZIONE RISERVATA

GIANMARIA TAMMARO


T


he Mandalorian è un
western, proprio co-
me erano dei western
i primissimi film di
Star Wars, e quindi
ne segue le regole e le
lezioni: sceglie un personag-
gio solitario, che parla poco,
che non mostra mai la faccia, e
lo trasforma nell’antieroe per-
fetto: uno che non sceglie di fa-
re la cosa giusta, ma che si ritro-
va costretto a fare la cosa ne-

cessaria. Forte, ma non invinci-
bile. Temuto ma anche rispet-
tato. Dal passato tragico e dal
futuro ancora più incerto.
Pedro Pascal, che ha indos-
sato il casco e l’armatura del
protagonista, ha detto che nel
processo creativo sono stati im-
portanti tutti i momenti: dalla
prima riunione con Jon Fa-
vreau e Dave Filoni, rispettiva-
mente creatore e scrittore del-
la serie, ai costumi; dal lavoro
sulla voce all’allenamento fisi-

co per le scene d’azione.
The Mandalorian è divisa in
capitoli, e così ogni capitolo
può raccontare una parte di
una storia più ampia e più si-
gnificativa, in cui un mercena-
rio decide di mettersi tra l’Im-
pero e la sua preda, e in cui un
uomo solo, anche nella sua fal-
libilità e nella sua mortalità,
prova a fare la differenza. Co-
me nei film della trilogia origi-
nale, anche qui ci sono diversi
significati e diverse chiavi di

lettura; e anche questo, come
ogni altra cosa, fa parte dell’i-
dea che ha avuto Favreau: tor-
nare alle origini, riesplorare
quel modo di immaginare, di
mettere insieme personaggi e
avventure, di ricreare mondi e
di costruirne di nuovi; rispolve-

rare la leggenda senza però di-
menticare quello che con il
tempo Star Wars è diventato.
È il viaggio dell’eroe che si ri-
pete nello spazio, che fa sue le
intuizioni di Sergio Leone (a
che serve un’espressione se ba-
sta uno sguardo? E a che serve

un volto, se per dire quello che
bisogna dire basta una voce?),
che rimette mano ad una tradi-
zione decennale, e che ripuli-
sce la narrazione da qualun-
que eccesso barocco e inutile. I
sentimenti, proprio come le
storie, sono cose semplici. Ini-
ziano, crescono, muoiono. E
The Mandalorian è l’epica ap-
plicata al piccolo schermo: è ci-
nema ed è pure emozioni.
Ha fatto la fortuna di Di-
sney+ nei mesi scorsi, e ora è il
suo cavallo di Troia per entra-
re nelle case di milioni di spet-
tatori. È una promessa che ha
saputo raccogliere talenti e vi-
sioni (Taika Waititi e Bryce
Dallas Howard, per fare due
nomi), e che si è data un obiet-
tivo preciso: allargare i confini
della televisione. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

MICHELA TAMBURRINO


P


er Edoardo Pesce
entrare e uscire da
un personaggio è es-
senzialmente una
questione di peso
specifico: gras-
so-magro, magro-grasso. E di
tempi. Per il resto uno dei no-
stri attori più talentuosi del pa-
norama internazionale, pro-
blemi non ne ha. Per diventare
Alberto Sordi nel film tv Per-
mette? Alberto Sordi, una co-
produzione RaiFiction-Ocean
Producions, oggi su Rai1 che si
concentra sull'Albertone gio-
vane e non ancora famoso, Pe-
sce ha dovuto sfilarsi i panni di
Brusca indossati per Il cacciato-
re. Invertiti i piani di produzio-
ne è stato tutto un rincorrere la
forma/non forma.
Pesce come è andata?
«Ero troppo fighetto per esse-
re credibile come il mafioso
spietato, sembravo un lord in-
glese. Allora daje a mangiare.
Poi ho avuto un mesetto per ri-
tornare magro come era Sordi
agli esordi. Infatti ho beccato
la forma perfetta a tre quarti
delle riprese. In più io ho 40 an-
ni e nel biopic si parlava di un
attore molto più giovane. Si co-
pre un ventennio da quando lo
cacciano dalla filodrammatica
nel 37 al successo diUn ameri-
cano a Romanel 57».
Che idea si e' fatto di Sordi?
«Mi e' arrivato un Sordi che
non conoscevo, come sfoglian-
do un album di foto me lo sono
avvicinato e mi ci sono affezio-
nato. Mi sentivo osservato da
lui, come una grande sugge-

stione. Inoltre ero diretto da-
Luca Manfredi che l'aveva co-
nosciuto e che sapeva raccon-
tarmelo. Mi aveva anche dato
un portachiavi che Sordi ave-
va regalato a Erminia Manfre-
di, la mamma di Luca e che por-
tavo sempre con me".
E adesso che fa?
"Sto chiuso in casa come tut-
ti. Ho la fortuna di abitare in
un appartamento alto con un
balcone. Prendo il sole, mi alle-
no tantissimo, leggo molto,
suono la chitarra e sto con me.
Mi piace stare in una bolla, da
"pesce" quale sono".
Allora, a proposito di clausu-
ra, quale film di Sordi consi-
glierebbe di rivedere a chi e'
chiuso in casa e quale e' il suo
preferito?
"Non solo consiglio uno dei
miei preferiti ma anche quello

meno conosciuto: "Il diavolo"
con cui Sordi vinse il Golden
Globe. E' Una storia di emanci-
pazione, girato in Svezia e mol-
to moderno. Partirono solo
Sordi, il regista e il produttore.
Gli attori erano tutti svedesi,
cominciarono a girare sul tre-
no che li portava su. A seguire
consiglio "Detenuto in attesa
di giudizio", che gli fece vince-
re l'Orso d'Oro alla Berlinale".
Sole, balcone, chitarra, pen-
sa ai tanti progetti fermi?
"Certo, a dicembre dovrei fa-
re uno spettacolo per la regia
di Lorenzo Lavia a teatro e poi
sto scrivendo uno spettacolo
di teatro canzone.
Pensiamo positivo per allo-
ra saremo tornati alla normali-
tà. Prima però potrebbe fare
delle prove on line come tanti
suoi colleghi.
"No, non mi piacciono le di-
rette Instagram per il teatro. Il
teatro e' a teatro e basta, live,
io sono per la forma. Si sta in-
sieme, con il pubblico in sala,
altrimenti ci abituiamo a un
mondo tutto surrogato".
Lei ha in uscita due film d'au-
tore e a giugno ne dovrebbe gi-
rare un terzo. Tra questi "Gli in-
differenti" di Leonardo Guerra
Serragnoli con Valeria Bruni
Tedeschi e Giovanna Mezzo-
giorno dove e' Leo e un musi-
cal ambientato negli anni 20,
"The Land of Dreams".
"In questo momento della
mia vita sono contento di aver
acquisito quell'esperienza che
mi da la libertà di scegliere.
Perciò cerco nuovi autori che
sanno rischiare. cerco il modo
di migliorarmi così che il set di-
venti una scuola. Mi piacciono
i personaggi che richiedono
sforzo, se ci sto scomodo e' me-
glio e il film si fa laboratorio.
Anche per questo Sordi e' stato
importante. Il primo protago-
nista assoluto della mia vita".
Coronavirus permettendo e'
felice in questo momento?
"Abbastanza e le crisi servo-
no anche per smuovere. Sto
con una ragazza da due anni e
mezzo, non attrice, mai e lavo-
ro bene. E che me manca? Giu-
sto il circo".

Non cancellerei una
riga del mio passato
Forse qualcosa non
era necessario, ma
sono “ore di volo”

La volpe astuta del Maggio

LUCA ARGENTERO


ATTORE


La volpe astuta

di Janacek

una fiaba

ricca di simboli

INTERVISTA


L’attore Luca Argentero, nei
panni di Andrea Fanti, nella
serie di Rai 1 «Doc- Nelle Tue
Mani» ispirata a una storia
vera, quella del primario Pier-
dante Piccioni (nella foto sot-
to) che a causa di un trauma
cranico ha perso la memoria
di dodici anni della sua vita.
La serie è ispirata ai suoi
libri «Meno Dodici» e «Pron-
to Soccorso» editi da Monda-
dori e scritti insieme con Pie-
rangelo Sapegno

REPORTERS


Un mio film da
rivedere in casa in
questi giorni? Senza
dubbio la commedia
“Diverso da chi?”

Un bel regalo quello di
Rai5 agli appassionati
di teatro musicale:
mandare in onda la Volpe astu-
ta di Leos Janacek, opera affa-
scinante quanto indefinibile,
in una pregevole edizione an-
data in scena al Teatro Comu-
nale di Firenze nel 2011; diret-
tore musicale un maestro di
raffinatezze come Seiji Oza-
wa, allestimento del francese

Laurent Pelly che ha risolto be-
ne la difficoltà di fondere a
mondo degli uomini e degli
animali accettando la favola in
tutti gli aspetti realistici: per
cui era molto divertente vedere
la pletora di bestie e bestioline
in scena, volpi, insetti e ogni spe-
cie di uccelli trillanti che balla-
no: con sotto quella musica di Ja-
nacek nervosa, moderna, a
frammenti luccicanti, senza nul-
la mai di oleografico o descritti-
vo. Opera comica? Fantastica?
Fiaba popolare? Forse tutto que-
sto assieme; comunque, anche
se può piacere ai bambini, è un’o-
pera per grandi, specie quelli
che inclinano agli sguardi no-
stalgici verso la giovinezza. In-
fatti l’idea nuova, rispetto alla
fonte letteraria di Rudolf Te-
snohlidek, è dare vita alle no-
stalgie amorose dei tre protago-
nisti maschili, concentrandoli
sulla stessa donna, la bella zin-
gara Terynka, figura parallela
alla Volpe come simbolo di vita
selvaggia e naturale. Alla fine
la volpe è uccisa da una fucila-
ta, ma un’altra rinasce nel bo-
sco primaverile e la vita ripren-
de. La volpe è la brava e bella
Isabel Bayrakdarian, ottimo il
guardacaccia di Quinn Kelsey;
ma tutti cantano con grande di-
sinvoltura. Ozawa è bravissi-
mo a tenere costante l’energia
ritmica e lasciar libere le voci
nei rapimenti lirici. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

GIORGIO PESTELLI


Il mandaloriano in armatura interpretato da Pedro Pascal

COLONNA SONORA


INTERVISTA


MERCOLEDÌ 25 MARZO 2020LASTAMPA 25


TMSPETTACOLI

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