Corriere della Sera - 20.03.2020

(Rick Simeone) #1


CorrieredellaSera Venerdì20Marzo
PRIMOPIANO


17


DALLANOSTRAINVIATA


Ci sono immagini potenti
che si incollano alla memoria
e non se nevanno più. Chi po-
trà mai scordarelafile dei
mezzi militaricarichi di bare
che attraversano ilcentrodi
Bergamo? Sotto ognitelone le
viteinterrottedi uomini e
donne che hanno avuto fame
d’aria e di speranza e che alla
fine sono morti soli, senza
una mano da stringere per ad-
domesticare un po’ la paura.
Quellacaro vana di morte,
mercoledì sera, portava 65ca-
duti della guerra alcoro navi-
rus neiforni crematori di città
fuoriregione, perché Berga-
mo non può cremare più di 26
salme al giornoesiamo ben


ILRACCONTO


IlsindacoGori:«Ilnumerodeicontagiati


èimmensamentesuperioreaquellochecidiciamo


tuttiigiorni».LatelefonatadelcapodelloStato


Cronachediunacittàallostremo


IlgridodiBergamochevuolerialzarsi


MilitariIlcorteodrammaticodeitanticamionmilitariinviatiaBergamochetrasportanolebaredellevittimedelcoronavirus.Lacittàlombardahapagatounprezzoaltissimo( daTwitter )


oltre quel limite.
Imorti, sì. Mac’èanche il
frontedei contagi. La Berga-
mascaèlaprovincia lombar-
da più infetta: ieri il numero
ufficiale dei positivi altest è
arrivato4.645, 340 in più ri-
spet to al giorno precedente.
Cifrelontanissime dallareal-
tà, è convinto il sindaco Gior-
gio Gori: «Il numerodelle
personecontagiate è immen-
samentesuperioreaquello
che ci raccontiamo tutti i gior-
ni» dicesenza girarci troppo
attorno. «Qui nonc’è persona
che non abbia un parente, un
amico, uncollega, un vicino
alle presecon il virus. È dram-
matica. In questesettimane,
soprattuttodachi èinprima
linea, ho ricevutomessaggi
che strapperebbero le lacrime
anche a una statua».
«Da chièinprima linea»,
dice. Come se lui non lofosse.
A ricordargli che invece lui, la
sua cittàetutta lacomunità
della provincia sonoiluoghi
martire di questa storia nera,
èstatoieri sera il presidente
dellaRepubblicaSergio Mat-
tarella. Lo ha chiamato per far
arrivare a tutti la sua vicinanza
e il suo dolore.


Davantialcamposanto
La gravità della situazione si
può misurareanche stando
semplicementefermi davanti
all’ingresso (sbarrato) del ci-
miteromonumentale. Nel
piazzalevanno evengono sol-
tantocarri funebri. Ogni tanto
qualcuno scende dall’auto per
scambiaredue chiacchiere(a
distanza)conilcollega del
carro accanto, ma è unconti-
nuo squillareditelefonini.
Chiamano dall’ospedale, dalle
case di cura per anziani, dalle
abitazioni private. Francesco
lavora per la società Bergamo
OnoranzeFunebriediceche
«prima di tuttoquestodisa-


strouna squadra si occupava
in media di uno-due defunti
al giorno. Adesso siamo aot-
to». Contagiarsièunattimo,
«soprattuttoseandiamo a
prendere qualcuno acasa che
èstatomale, magari proprio
con i sintomi del virus, e che
però non ha mai fatto il tam-
pone. Che ne sappiamo se era
infetto, dicosa è morto, se so-
no positivi i suoi parenti...».
In condizioni d’emergenza
valgono leregole del buon

senso più di quelle scritte.
Tutti danno una manoafare
tutto, se serve.Percercare le
disponibilità fuoriregione e
organizzaregli spostamenti
delle vittime da cremare—
per dire—sisono dati un
gran daffareicarabinieri del
comandanteprovincialePao-
lo Storoni. E poic’è il caso dei
medici in pensione: stanno ri-
spondendo in tanti all’appello
dei sindaci di tutte le cittàca-
poluogo, e cioè «chiunque di

bene, ocome l’ok arrivato dal
governatoreFontana (sempre
ieri) perrealizzarel’ospedale
da campo all’interno della fie-
ra.«Su questoargomentoc’è
stata un po’ di elettricitàcon
la Regione che mercoledì ci
avev achiestodisospendere
tutto» diceilsindacoGori,
«ma dopo le scintille ci siamo
capiti e adesso i lavori posso-
no partire». Che vuol dire
questo: trovati i medici, gli in-
fermieri e gli operatori sanita-
ri che servono per farlo fun-
zionare,con 200-250 posti di
terapia sub-intensiva.
«Avere più letti significa
salvare più vite» sintetizza Go-
ri, «perchéèinutile negarlo:
ci sarebbe una gran quantità
di persone che avrebbe biso-
gno di accedere alle cure e noi
non siamo in grado di darglie-
le perché posti nonce ne sono
più». Inutile negarlo, appun-
to.AlPapa Giovanni XXIII i
letti inTerapia IntensivaCo-
vid sono 80, tutti occupati (ce
ne sono altri 18 per le emer-
genze diverse). I ricoverati per
il virus sono più di 400, in
gran partecon sintomi gravi.

Latrincea
Dalla trincea ospedaliera arri-
vano voci e storie diresistenza,
nonostantetutto. Giuseppe
Grossoèunginecologo «pre-
stato» alrepartopneumo-co-
vid. «Gli occhi dei pazienti mi
fanno pensare aicondannati al
patibolo che sivedono nei
film» dice. «Implorano aiuto,
salvezza. Non servono le paro-
le percapirlo.Facciamo tutti
quel che possiamo, anche noi
che non siamo del settore. Nei
reparticovid ci sono medici
che magari al mattino hanno il
camiceealla sera diventano
pazienti...». Ma Bergamo rac-
conta anche mille e mille sto-
rie di solidarietà di ogni gene-
re egrado.Idi500 volontari
per chi è in difficoltà, le biblio-
tecarie che leggono le favole
via facebook, le donazioni im-
portanti, gli artigiani disponi-
bili per eventuali emergenze,
le aziende che si riconvertono
per produrrequel che serve...
«Diteanche questo» chiede il
sindaco Gori. «Fa bene al cuo-
re».
©RIPRODUZIONERISERVATA


Quinonc’èpersona


chenonabbiaun


parente,unamico,


uncollegaalleprese


conilvirus


diGiusiFasano


voisia disponibile cicontat-
ti».

Lecasedicura
Ci sonocase di cura, fuori Ber-
gamo, chevedono moriregli
anziani l’uno dopo l’altro.
Succede aZogno, per esem-
pio, dove il parroco ha annun-
ciatoche avrebbe suonatoa
mortolecampane una sola
volta al giorno perché sennò
toccherebbe suonarle dicon-
tinuo. Ci sono paesi-focolai —
Nembro e Alzano — checon-
tano contagi e mortirecordin
rapportoalle loropopolazio-
ni. In tutta l’area del Bergama-
sco ci sono 70 medici di base
malati dicoro navirus.
All’orizzonteogni tantosi
vede la luce di una notizia po-
sitiva,come il bambino di po-
che settimane infettoedi-
messo proprio ieri perché sta

Ilfrate


«Iltelefonino


sullebare


perilsaluto


deifamiliari»


«I familiari dei defunti mi
chiamano, io metto il
cellulare sulle salme e
preghiamo insieme». Frate
Aquilino Apassiti, 84 anni,
missionariocappuccino nei
posti più impervi, da sei
anni è il custode della
cappella dell’ospedale
Giovanni XXIII di Bergamo,
travolto daicontagi. Ha un
tumore al pancreas, eppure
il suo pensiero è fisso per le
vittime del virus e i
familiari, che non possono
nemmeno dare l’ultimo
InpreghieraIlfratecappuccinoAquilinoApassiti,84anni,èilcustodedellacappelladell’ospedalediBergamo saluto ai propricari.


Alcimitero

L’ESERCITO


Troppo alto il numero dei
morti,così i camion
dell’esercito sono dovuti
intervenire al cimitero
monumentale di Bergamo
per trasportare iferetri
verso altreregioni, per la
cremazione
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