La Stampa - 20.03.2020

(backadmin) #1
STEFANO ISAIA Cantante dei Movie Star Junkies, è appena uscito il loro “Shadow Of A Rose”

“Il nostro studio in una stalla


Pubblichiamo l’album


ma ci mancano i concerti”


il brano del cantautore ESMA

“Quarantena” a ritmo di reggae

contro la malattia della paura

Su youtube “Bossa-19”

“Lava lava”, il singolo per sorridere

sulla strana atmosfera di queste ore

INTERVISTA

ADRIANA RICCOMAGNO
Qualche giorno di isolamento
forzato ed ecco che sui social
network diventiamo tutti viro-
logi, fotografi, attivisti, filoso-
fi ed esperti di politica. L’anti-
doto c’è e lo canta Enrico
Esma: la musica. Il nuovo bra-
no del cantautore torinese si
intitola «Quarantena» e antici-
pa il nuovo album in uscita
nell’autunno: «Il messaggio
della canzone è che la paura,
il pregiudizio e l’egoismo so-
no le nostre malattie più gra-

vi, ma aprendoci agli altri pos-
siamo sconfiggerle».
L’artista racconta queste set-
timane di clausura a modo
suo, a ritmo di reggae, con iro-
nia e leggerezza: «Siamo im-
prigionati non solo nelle no-
stre case ma anche davanti ai
computer: ci troviamo soli e di-
stanti, disuniti, manca l’ener-
gia di gruppo», dice. La rispo-
sta nel ritornello: «La mia è sol-
tanto musica».
Esma si definisce un cantan-
te con la passione per l’agricol-

tura: «Coltivo musica e canto
per scrollarmi di dosso il super-
fluo». La sua esistenza è stata
segnata da un’esperienza in-
torno al mondo. A inizio carrie-
ra, nel 2011, ha vinto il premio
dell’Italiawave Festival, noto
in precedenza come Arezzo
Wave, e il premio Carish come
miglior cantautore emergen-
te; l’anno successivo «Come
una stella» passava su Mtv. Ha
aperto concerti di Negramaro,
Tre allegri ragazzi morti, Afte-
rhours, Francesco De Gregori,

Verdena, Le luci della centrale
elettrica. Il primo album, «Ri-
voluzione al sole», è del 2014:
un buon successo di pubblico e
critica, ma nel 2015 Esma par-
te per un lungo viaggio. «Sono

stato in Australia, Giappone, a
Singapore, in Thailandia, Rus-
sia, Spagna, Olanda e Francia,
vendendo in tre anni più di
duemila cd auto prodotti, per-
ché esistono persone che si fer-

mano all’angolo di una strada
e comprano l’album, e questo
è bellissimo».
Per poi rientrare a Torino. A
fine 2018 è uscito «EP En-
ding»; l’ultimo singolo, «Deja
vu Soul Version», è stato pub-
blicato a Natale. E nonostante
la quiete apparente, fervono i
preparativi per il futuro: «En-
tro l’anno aprirò un nuovo stu-
dio di registrazione e laborato-
rio di libera espressione artisti-
ca, che si chiamerà Lomax, in
centro, in via Mantova. Intan-
to sto lavorando al disco “Esva-
ra”, anticipato da “Quarante-
na”, registrato da me e prodot-
to e mixato da Fabrizio Rabac-
chi. Il titolo indica, in sanscri-
to, l’entità che crea, la sorgen-
te di ogni manifestazione, il
senso delle cose». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Dagli electric circus a malpelo

Sono cinque i torinesi in semifinale
per il concertone del Primo Maggio

museo egizio

Le passeggiate del direttore Greco
sono disponibili sul canale YouTube

Per quanto oggi possa appari-
re quantomeno improbabile
che si possa tenere a Roma il
classico concertone del Pri-
mo Maggio, le selezioni nazio-
nali proseguono. Su 1.785
iscritti al contest Next 2020,
cinque torinesi accedono alle
semifinali. Il nome più cono-
sciuto è quello del collettivo
di matrice black Electric Cir-
cus (foto), trasferitosi in riva
al Po da Trento e ben lanciato
dall’album «Canicola». In ga-
ra anche il giovane rapper
Stev-N, nome d’arte di Stefa-
no Manfrellotti, come pure I
Sogni di Chris, all’apparenza
una band, in realtà un cantau-
tore pop di ultima generazio-
ne che agisce in solitudine tra
dimensione onirica e istanta-
nee di vita quotidiana. Rap

d’autore per Malpelo, finora
noto come Rosso Malpelo,
che sa puntare anche in alto
con un brano come «Le lacri-
me di Nietzsche». Completa il
quadro Pargo 024, in pochi
giorni oltre le 35.000 visualiz-
zazioni con il video di «Caffè
macchiato». P.FER. —

PAOLO FERRARI

«A


nche io cam-
mino / senza
valigia, senza
cappello, sot-
to il sole / è la fiaba della vita /
qualche volta tragedia, ma io
non mi fermo / i piedi sono
stanchi, le spalle pesanti / ma
niente può fermare questo
mio andare». È l’inizio di «Life
Can Change», nuovo singolo
del collettivo One Blood Fami-
ly nato da un progetto dei tori-
nesi Sweet Life Society con la
complicità di un altro team lo-
cale, Spazio Rubedo. La voce
narrante è di Seedy Badje, arri-
vato dalla Gambia a Collegno
come richiedente asilo. Come
lui, fanno capo alla Villa 5 di
Collegno gli altri componenti
africani dell’ensemble nato tra
gli ospiti della cooperativa so-
ciale Atypica.
«Noi siamo arrivati in quel
contesto – spiegano Matteo
Marini e Gabriele Concas della
Society subalpina – per creare
un progetto musicale. Abbia-
mo coinvolto 7 ragazzi con lo
scopo di andare oltre il classi-
co intrattenimento che posso-
no offrire i laboratori finalizza-
ti all’aspetto ludico, al far pas-
sare la giornata. L’obiettivo
era fin dall’inizio quello di aiu-
tarli a fare un salto di qualità,
entrando in un’ottica semipro-
fessionale».
Spazio Rubedo e Sweet Life
Society hanno le attrezzature
adatte e l’esperienza non solo
nazionale per operare in quel-
la direzione, e i risultati un po’
per volta sono arrivati: «Con
Piemonte dal Vivo è stato alle-
stito uno spettacolo tra musica
e danza sotto la direzione di
Jérôme Kaboré, coreografo
del Burkina Faso, poi c’è stato
il debutto nel circuito alternati-
vo con la partecipazione al fe-
stival “Jazz Is Dead”». Da una
nuova svolta sono scaturite
prospettive stimolanti: «Ci sia-
mo aggiudicati il bando Siae,

con quella borsa abbiamo la
possibilità di realizzare un di-
sco intero, un ellepì in grado di
entrare sul mercato con gli
standard adeguati. L’uscita sa-
rebbe programmata per il 29
maggio, ma ora preferiamo
non sbilanciarci». Di certo c’è il
bel video in bianco e nero di
«Life Can Change», da oggi in
esclusiva su La Stampa web:
«Proprio quel che stiamo vi-
vendo rende il messaggio at-
tuale, la vita può davvero cam-
biare. In meglio, per chi arriva
da paesi in guerra attraversan-
do gli orrori della Libia, di cui i
ragazzi poco per volta ci han-
no raccontato episodi orribili.
In peggio, per chi è abituato be-
ne. Ma non vogliamo caricare
il titolo di significati a tutti i co-
sti negativi o positivi, gli aspet-
ti spesso convivono».
Eccolo, Seedy. È in Italia da
cinque anni, la sua Gambia è
uno dei paesi africani meno
esposti in una galassia world
music dominata dalle grandi
potenze Nigeria, Senegal e
Ghana: «Da noi si suona e si
ascolta di tutto, dalla musica
tradizionale al reggae. Io sono
cresciuto a Banjul, la capitale,
già da bambino cantavo e suo-
navo il djembé, con questo pro-
getto sto coltivando il sogno di
una vita. Mando i pezzi ad ami-
ci e parenti rimasti laggiù, piac-
ciono molto». L’incontro con i
musicisti e produttori italiani
ha due denominatori comuni:
«Il cuore, che ci ha fatti diven-
tare subito amici, e la musica,
per la sua natura di linguaggio
universale». Certo, fare tour-
née sarebbe anche una rivinci-
ta dopo tanti passaggi di fron-
tiera complicati: «I primi con-
certi sono stati confortanti, an-
che di fronte al pubblico com-
petente di Jazz Is Dead abbia-
mo spaccato». Adesso però è il
momento di stare chiusi in ca-
sa. Di certo Seedy, Adama,
Goodness, Ebrima, Sanna, Ke-
ba e Gilbert hanno più dimesti-
chezza con i divieti rispetto ai
loro nuovi fratelli italiani. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

On line sul sito de La Stampa il video di “Life Can Change” del collettivo One Blood Family

La vita può cambiare, anche in meglio

Il filo della musica lega Torino all’Africa

ANDREA JOLY
«Che strana atmosfera c’è in
questa città». Inizia così Bos-
sa-19 (Lava Lava), il singolo
del giovane cantautore Pietro
Giay sulla Torino nei giorni
del Coronavirus uscito il 14
marzo su YouTube. «Concerto
rinviato, pure la partita a cal-
cio, al supermercato è già fini-
to il sugo poi in giro guardano
storto solo perché li saluto»
prosegue il pezzo sulle note
dolci che trascinano all’ascol-
to e raccontano fedelmente lo

scenario di queste settimane.
Tutto scritto a inizio marzo
in una sera tra amici con cui il
23enne aveva già scelto di re-
stare in quarantena in anticipo
sulle disposizioni governati-
ve: «Nelle prime tre settimane
all’inizio dell’emergenza mi so-
no organizzato con i miei ami-
ci Francesco Taverna e Domi-
ziano Luisetti per vederci
esclusivamente tra di noi. La
notte del 4 marzo ci è venuta l’i-
spirazione: mentre io suonavo
quattro accordi alla chitarra

abbiamo iniziato a stendere,
quasi per gioco, prima il ritor-
nello poi le strofe di quello che
sarebbe diventato il testo del
pezzo». Col tocco finale nel ri-
tornello, il lapidario «Tu lava
lava, che non si propaga» per
divertire in queste giornate di
quarantena e sensibilizzare a
favore della campagna per re-
stare a casa. E il pezzo, in effet-
ti, entra in testa: «La mattina
abbiamo inciso in uno studio
di registrazione in fretta e fu-
ria, facendoci aiutare dal batte-

rista e sassofonista dei Duopo-
trio: ci aspettavamo che tutto
sarebbe stato bloccato da un
giorno all’altro. Poi, il giorno
dopo ancora, abbiamo regi-
strato il video sopra corso Casa-

le». La canzone è stata anche il
passatempo perfetto per i pri-
mi giorni di quarantena forza-
ta: «Ci siamo divisi, ovviamen-
te, ma abbiamo lavorato al pez-
zo ognuno a casa propria. Ed è

stata una fortuna: la prima set-
timana l’ho passata a mixare il
brano, mi ha permesso di non
annoiarmi. Poi un amico, Si-
mone Squillari, l’ha masteriz-
zato avendo lo studio a casa».
Una canzone prodotta in
smart working, tra amici, in li-
nea con il clima di Torino oggi:
«La speranza è quella di regala-
re un sorriso a tutti, oltre a lan-
ciare un messaggio». Ora, inve-
ce, Pietro Giay è tornato a dedi-
carsi agli studi: «Le canzoni so-
no il mio impegno la sera: di
giorno studio filosofia a Palaz-
zo Nuovo, oltre a dedicarmi al
ruolo di direttore artistico di
Sofà So Good». L’ispirazione?
«Tra i miei cantanti preferiti
c’è Paolo Conte, ma per questo
pezzo mi sono ispirato al gene-
re Bossa Nova del titolo». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

A

lcuni artisti hanno
rinviato la pubblica-
zione dei rispettivi
dischi al dopo emer-
genza, i Movie Star Junkies
invece tirano dritto. «Sha-
dow Of A Rose» è il quinto al-
bum per la band attiva tra To-
rino e Cuneo, è uscito vener-

dì scorso e contiene dieci
canzoni che la svincola dai ri-
ferimenti garage punk blues
finora evocati dalla critica. Il
cantante Stefano Isaia, 38
anni, torinese, racconta la
storia di un nome noto più ol-
treconfine che in Italia.
Perché la scelta di pubblica-
re comunque il disco?
«La scadenza era fissata da
tempo, fermarsi non sareb-

be stato possibile. L’impatto
non cambia, purtroppo i dan-
ni riguardano la nostra attivi-
tà principale, i concerti. Lo
avremmo presentato il 3
aprile al Magazzino sul Po
per poi fare il giro d’Europa e
affrontare a ottobre l’Italia.
Ora puntiamo sull’autunno
sia a livello continentale che
nazionale».
Come si spiega la maggiore

attenzione nei vostri con-
fronti di paesi come la Fran-
cia e gli Stati Uniti rispetto
al nostro?
«La Francia è il paese che ci
tratta meglio, sinceramente
anche a livello economico.
C’è feeling, qui forse la criti-
ca è troppo vincolata alle co-
municazioni degli uffici
stampa. Noi ci muoviamo au-
tonomamente».

Ma la Francia è vicina, gli
Usa no: come funziona?
«In più negli Stati Uniti i
club non offrono né vitto né
alloggio, ogni musicista ha
diritto a due consumazioni
e basta. Noi abbiamo fatto
due tour da costa a costa, il
primo lo organizzai io, era-
no ancora i tempi di My Spa-
ce e sfruttavo la connessio-
ne dell’Università, dove stu-
diavo letteratura russa. In-
castrai 35 date in 40 giorni,
un massacro. Dal palco chie-
devamo chi fosse disposto a
offrirci ospitalità e trovam-
mo sempre da mangiare e
da dormire nelle case, ma-
gari sulla moquette, ma tan-
to bastava».
I live sono rovinosi: si è mai
fatto male?
«Per fortuna no, ma in Nor-
mandia ho rischiato grosso.
Sono salito su una cassa au-
dio troppo alta, non me ne
sono accorto e mi sono tuffa-
to, per fortuna la sicurezza
mi ha preso al volo».

Dov’è nato il disco?
«Nel cuneese, il nostro chi-
tarrista Boto ha allestito uno
studio in una ex stalla. All’ini-
zio non c’era neppure il pavi-
mento, adesso è molto pro-
fessionale. Poi le sovra inci-
sioni sono state fatte a San
Salvario al Nomad Studio».
A proposito, qual è la vo-
stra Torino?

«Fino al 2010 proprio San
Salvario, organizzavo con-
certi alternativi al Velvet. Poi
la zona si è omologata e ora
bazzichiamo in Vanchiglia.
Per i concerti si va al Magazzi-
no sul Po o al Blah Blah, dove
suonano anche gruppi stra-
nieri nostri amici».P. FER. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Il cantautore torinese Enrico Esma

Sono online le “Passeggiate
del Direttore”, una delle visite
speciali più apprezzate del
Museo Egizio. Si tratta normal-
mente di un appuntamento
mensile per un gruppo di 30
persone che, su prenotazione,
possono visitare la collezione
guidati dal direttore Christian
Greco che, ogni volta, sceglie
a sorpresa un differente ap-
profondimento tematico. Ora
il Museo Egizio apre a tutti
questa opportunità ripropo-
nendo la formula in versione
digitale: sarà sufficiente colle-
garsi online per scoprire i re-
perti dell'antico Egitto in com-
pagnia del direttore attraver-
so una serie di video fruibili

dal proprio device. Due punta-
te settimanali di circa 8 minu-
ti, a disposizione sul canale
YouTube del Museo ogni gio-
vedì e sabato, nei mesi di mar-
zo e aprile. «Da sempre riten-
go che il Museo Egizio debba
essere un patrimonio condivi-
so e appartenente a tutti -
commenta Greco - e in questo
momento, in cui siamo chiusi
al pubblico e costretti a rima-
nere nelle nostre case, è per
noi doveroso renderci comun-
que accessibili e metterci a di-
sposizione della comunità.
Questo è lo spirito e l'obietti-
vo di questa operazione: un
regalo, a chiunque ne abbia
One Blood Family è un collettivo nato da un progetto dei torinesi Sweet Life Society. Gli artisti africani sono ospiti della cooperativa Atypica voglia». C. INS. —

Un’immagine del video “Bossa-19” di Pietro Giay

I Movie Star Junkies, band attiva fra Torino e Cuneo, è molto apprezzata in Francia e negli Stati Uniti

“Avremmo presentato il
disco al Magazzino sul
Po per poi fare il giro
d’Europa e d’Italia”

LA STORIA

42 LASTAMPAVENERDÌ20 MARZO 2020

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