Vanity Fair Italia 8 Aprile 2020

(Romina) #1

VANITY FAIR


D.R.


Vanity Appello

STORIE


8 APRILE 2020


a lunedì 9 marzo, ogni mattina, intorno alle 8.30, ac-
cende il computer ed entra nelle camerette, nei salot-
ti e nelle cucine dei suoi studenti che non vede da tre
settimane, da quando tutte le scuole d’Italia sono state chiuse
per l’emergenza Covid-19. D’improvviso, Maura Murra, 42 an-
ni, professoressa di italiano e latino dell’Istituto Superiore De
Sanctis-Deledda di Cagliari (sopra), si è dovuta adattare a un
nuovo modo di fare scuola, come migliaia di suoi colleghi in
giro per il Paese. E allora ha messo nell’armadio la valigetta
marrone, e dal suo studio di casa apre il portatile da cui, col-
legata alla piattaforma digitale del suo istituto, porta avanti il
programma di questo strano anno scolastico..
«Mi manca vedere i ragazzi dal vivo, ma per ora va così». Murra
insegna nel triennio. Alle terze sta spiegando il Decameron di
Boccaccio – mai momento fu più azzeccato – alle quarte Ora-
zio, e alle quinte Pirandello. «Alterno video lezioni in diretta a
slide con il commento audio. Cerco di diversificare per tenere
alta l’attenzione dei ragazzi che stanno mostrando un senso di
responsabilità inaspettato, sono formidabili».
Gli studenti delle sue classi hanno tutti gli strumenti per
seguire la didattica digitale, però, dice «so di giovani che
non hanno un dispositivo proprio, o la connessione, o uno
spazio in casa per seguire le lezioni. In questi casi, la scuola e
i docenti cercano di raggiungerli in qualunque modo».
A loro ci ha pensato anche il decreto Cura Italia, dove si pre-
vedono 70 milioni di euro per mettere a disposizione degli

di
GRETA PRIVITERA

LEZIONI PER RAGAZZI FORMIDABILI


D


studenti meno abbienti dispositivi digitali individuali.
Murra racconta che i ragazzi non sono abituati a stare in
casa, ma tutti rispettano le regole e non escono. Il computer e
il cellulare sono l’unico contatto con l’esterno. «Se non stanno
guardando una serie tv, La casa di carta o Peaky blinders, ascol-
tano musica, chattano e si videochiamano. Quelli fidanzati mi
hanno raccontato quanto sia difficile non vedersi, ma sono po-
sitivi e molto romantici». Una studentessa dice che ogni tan-
to finge di dover uscire, allora si veste, mette il mascara, il
fondotinta, il rossetto e poi va a cena in cucina, con la fami-
glia. «È un modo per ricreare una parvenza di normalità. In
questo la scuola aiuta molto. Avere un appuntamento giorna-
liero fa bene a tutti», dice la prof. Alcuni studenti le raccontano
di avere riscoperto il tempo in famiglia, cucinano con le mam-
me dolci su dolci come facevano da piccoli. Le chiedono spesso
quando torneranno a scuola, ma lei non sa dare una risposta,
e loro le promettono che non si lamenteranno più dei compiti.
Qualcuno è preoccupato dei voti. «La questione voti è com-
plicata perché non è facile fare interrogazioni e verifiche, però
noi professori abbiamo gli strumenti per capire se il ragazzo
sta seguendo, in qualche modo faremo». C’è una nota positiva
in tutto questo. Paradossalmente, questo virus ha accorciato
le distanze. «Mi sento di conoscerli di più», dice. «Ogni tanto,
durante le lezioni, vedo una mamma che passa o un papà che
cambia stanza. Chi l’avrebbe mai detto che sarei andata a tro-
varli tutti a casa?».

È una delle tantissime prof che fa lezione da casa, per entrare in quelle dei suoi studenti.
Maura Murra ci spiega che cosa significa, davvero, la SCUOLA A DISTANZA
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