Vanity Fair Italia 8 Aprile 2020

(Romina) #1
Vanity Domani

pensare che ne usciremo rapidamente, ma per il
resto, nell’emergenza abbiamo dimostrato di sa-
per abbattere gli steccati e superare rapidamente
le strettoie burocratiche che in condizioni normali
non ci avrebbero mai permesso di mettere in piedi
una reazione così rapida ed efficace». I fondi per i
Covid Hospital si sono sbloccati, i letti moltiplicati
a tempo record «e le difficoltà sul cambio d’uso di
una struttura, problemi che sulla carta sarebbero
stati insormontabili sono state scavalcati. Una le-
zione per il futuro: i progetti si possono realizzare.
Volere, in certi casi, è potere».
A guidare i passi di questo catanzarese che
lasciò la Calabria nel ’77 per approdare alla Cat-
tolica di Roma («All’epoca aveva una facoltà di
Medicina a numero chiuso», dice) è ancora l’insod-
disfazione: «Venivo da fuori e mi sentivo sempre

n attesa delle certezze scientifiche, quel-
le esistenziali: «Questa storia lascerà un
segno nella vita di tutti. Abbiamo acqui-
sito una consapevolezza definitiva: dopo
il coronavirus nessuno di noi sarà mai
più uguale a prima. Ci porteremo dietro
molto a lungo un senso di vulnerabilità». Giovanni
Scambia, direttore scientifico del Policlinico Ge-
melli di Roma, il più grande ospedale d’Italia che
gestisce ogni anno oltre 54.000 prestazioni onco-
logiche e cardiovascolari, non è solito impressio-
narsi. Ma, giura «in quarant’anni di professione
non avevo mai visto nulla del genere». In questa
città nella città in cui si operano Pontefici e figli di
un dio minore con la stessa laica misericordia che
non ha reso vano il giuramento di Ippocrate, il Po-
liclinico Gemelli ha riconvertito lo spazio interno
della clinica Columbus a Covid-2 Hospital e co-
struito da zero un argine alla malaugurata marea.
Se monterà – è il sottinteso – troverà difficoltà a
dilagare anche se, avverte Scambia, il quadro muta
«e se solo tre mesi fa qualcuno mi avesse detto che
in Italia in aprile non sarebbero bastate le terapie
intensive avrei pensato a uno scherzo di cattivo
gusto». Ora che il mese più crudele è alle porte,
la poesia è un lusso, il focolaio di Fondi, Latina,
preoccupa e c’è bisogno di pragmatismo, Scam-
bia prova a leggere il futuro con fiducia: «Anche
se siamo precipitati in un clima di guerra, abbia-
mo assistito a tragedie sconvolgenti e il virus ha
dimostrato un’impressionante velocità di diffusio-
ne, resto ottimista. Non possiamo e non dobbiamo

«Di questa storia pazzesca mi rimarranno

gli occhi di chi lavora giorno e notte

e la scelta di un paese che ha protetto gli anziani»

circostanze perché alle circostanze devono por-
re rimedio. Non l’avevo mai sentito parlare così.
Ascoltarlo mi diede la cifra del dramma». La fragi-
lità di un mondo globalizzato «in cui tutto appare
solido e fortissimo e si riscopre fragile e attaccabi-
le» richiede programmazione, ma al tempo stesso
abbatte, forse per sempre, stregonismi e improvvi-
sazioni: «Resteranno forse le dietrologie che sono
il retaggio di uno scetticismo ancestrale, ma credo
che nessuno oserà più mettere in dubbio l’efficacia
dei vaccini e penso che il personale medico, trop-
po spesso additato come branca parassitaria di un
sistema che non sa rispondere alle esigenze collet-
tive, sarà trattato da domani con il rispetto che me-
rita». In corsia, in questi giorni lunari di bollettini
e carrarmati per strada, si è osservato l’eroismo
del sacrificio: «Ma non esiste medico, neanche tra

un passo indietro agli altri, obbligato in un certo
senso a dare costantemente di più». Oggi, spiega,
non va troppo diversamente perché: «Un medico
soddisfatto di se stesso o che peggio non si pon-
ga ogni giorno un obiettivo da superare, non può
essere un buon medico». Dietro la mascherina e
gli occhiali, osservando il via vai di un’emergenza
planetaria, Scambia sostiene che la nuova Gibilter-
ra da superare sia la ricerca. «Da un lato serve la
ricerca sul campo, quella che permette di lavora-
re sul virus e mettere a disposizione degli scien-
ziati la storia naturale dell’infezione. Dall’altro è
necessario non farsi sorprendere mai più da un
evento pur inimmaginabile come questo ed esse-
re in condizione di prevedere e rispondere pron-
tamente anche all’imponderabile. Bisogna dare
certezze agli specializzandi. Centralizzare il flusso
del denaro distraendolo dall’arbitrio delle molte
disparità tra regione e regione, rimettendo le de-
cisioni sull’equa distribuzione dei fondi nelle mani
dello Stato. Scegliere i dirigenti meritocraticamen-
te, soprattutto nelle posizioni apicali». Dal pun-
to di vista sentimentale questo inverno del 2020,
sostiene Scambia, è stato durissimo «ma ha fatto
riscoprire l’unità nazionale troppo spesso sacrifi-
cata ai municipalismi. In Calabria hanno sofferto
per la Lombardia proprio come se il focolaio si
fosse sviluppato a Reggio Calabria». A Bergamo,
Scambia ha tanti amici: «Fu proprio uno di loro a
raccontarmi di quanto fosse devastata la comuni-
tà. I medici, per indole, non esagerano. Sono ana-
litici. Freddi. Non possono farsi travolgere dalle

I

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