Vanity Fair Italia 8 Aprile 2020

(Romina) #1

STORIE


VANITY FAIR


8 APRILE 2020


on la conosco. Non so come sia il suo viso. E non sono
nemmeno sicuro di avere inteso bene il suo cognome.
D’altra parte, non ho la certezza che anche lei abbia ca-
pito davvero quale giornale le stia chiedendo un’intervista.
Quando chiamo il Cup della Protezione Civile di Pesaro, mi
dicono di parlare con lei. La cerco all’ora di pranzo, l’ora più
tranquilla. Ma ho l’impressione che Dolores, oggi, non pranzi.
Dolores è uno — una qualunque — delle migliaia di volon-
tari che continuano ad assicurare che a contagiati, anziani e
comunque a chi non riesca a provvedere da solo, la spesa e i
farmaci arrivino a casa tutti i giorni.

La richiamo sul cellulare?
«No, no, va bene qui, quello non l’ho mai sotto mano. Luigi, un
po’ di silenzio! Vai di là, vai a mangiare! Ecco, mi dica».
È tranquilla adesso? Le ruberò un quarto d’ora...
«Eh, insomma! Un po’ tanto. Mi dica, mi dica».
Lei chi è?
«Oddio (ride). Sono un’ex dipendente statale, in pensione da
un anno. Ne ho 66, di anni. In famiglia, il volontariato lo fa-
cevano tutti. Ho un carattere così: se uno ha bisogno, amico o
nemico, io lo aiuto».
Quando ha iniziato?
«Cinque o sei anni fa, appena ho potuto».
Il suo collega mi ha detto che anche lei, però, non è in grandis-
sima forma.
«Ho i miei acciacchetti, sì. E un figlio di 28 anni, amputato, che
mi aspetta a casa».

di
FEDERICO ROCCA

foto
STEFANO SCHIRATO

CHE NESSUNO RESTI DA SOLO


Il tempo di DOLORES GIANNESSI è prezioso: volontaria della Protezione Civile
di Pesaro impegnata senza sosta nella distribuzione di pasti e buone parole

➺^ Tempo di lettura: 3 minuti

Come vive questa emergenza?
«Noi, sempre di corsa».
E lei?
«Sincera? Serenamente, sono fatalista. Il panico non serve a
niente: è la prima cosa da eliminare».
E le persone a cui porta la spesa?
«Gli anziani, poveretti, sono quelli che ne risentono di più.
Trovi quello parecchio solo, che magari abita in campagna, che
non può muoversi: ti dice grazie per cinque minuti».
Scambiate anche due parole?
«Sono importanti anche quelle, sì».
Di cosa parlate?
«Si sfogano, hanno paura: la solitudine mette paura. Molti non
vedono i figli. Ma soprattutto gli mancano i nipotini».
Lei ne ha?
«Cinque. Anche io non li vedo da un bel po’».
A lei il virus fa paura?
«Mah, ne abbiamo passate tante. Ho fatto il terremoto, io; sono
stata giù a dare una mano fino a quando mio figlio ha avuto
l’incidente. Era il 16 aprile 2017. Il giorno di Pasqua».
È di poche parole lei.
«Sì (ride ancora) ».
Preferisce i fatti.
«Su questo tema sono un po’ restia, già. Aspetti, stia un attimo
lì che c’è la Municipale, è importante».
La linea è disturbata, ma nel ronzio riesco a riconoscere voci di
uomini che si passano le consegne a fine turno.
Per una donna è più difficile fare volontariato?
«No, anzi. Forse sappiamo far sentire gli anziani considerati.
Per noi è un piacere, non so se mi capisce».
Non pensa mai che avrebbe potuto esserci lei, dall’altra parte
della porta?
«No. Ma so che i miei colleghi ci sarebbero sempre».
Arriva a casa stanca, la sera?
«Sì, ma mi faccio una doccia, mi cambio, prendo il cane e gli
faccio fare un giretto».
E la testa come si svaga?
«Ho tanti hobby: l’uncinetto, la maglia... le camminate in mon-
tagna, su nel mio paese. Ma adesso non si può».
Come si chiama il suo paese?
«Lamoli. Sono posti meravigliosi, sa? Ma adesso la devo la-
sciare».
Un’ultima cosa: suo figlio è orgoglioso di lei?
«Lui mi sgrida, ha paura che mi ammali. Ma tanto...».
Tanto...?
«Tanto lo sa che, alla fine, io faccio quello che voglio».

N


Vanity Volontari
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