Vanity Fair Italia 8 Aprile 2020

(Romina) #1

STORIE


Vanity È pronto?

8 APRILE 2020


Una produzione in esclusiva per

Vanity Fair

➺ Tempo di lettura: 4 minuti

on chiedete che cosa il vostro Paese può
fare per voi, chiedete cosa potete fare voi
per il vostro Paese. Se lo dice anche Riccar-
do Tiritiello, 19 anni, mentre sta andando a
recuperare formaggi, frutta, verdura da Pa-
ne Quotidiano, una delle associazioni che
hanno aderito al suo appello. Ma John Fitzgerald Kennedy
non c’entra: l’ispirazione per lanciare @chefincorsia l’ha
avuta a tavola, con i suoi genitori Monica e Massimiliano
e suo fratello Filippo. «Da giorni mi chiedevo come potessi
dare una mano, davanti alle immagini dei Tg. Così ho pro-
posto a mio papà, che con mio nonno ha una gastronomia
nel Mercato Comunale di Quarto Oggiaro, di portare noi
il cibo ai medici, agli infermieri, e insomma a tutti coloro
che stanno lavorando negli ospedali per salvare vite. La
mia famiglia, che è eccezionale, mi ha subito appoggiato».

Quanto ci vuole per fare tutte le consegne?
«Tutto il giorno: alle 6 mi sveglio e rispondo a chi ci man-
da messaggi per aderire (alla mail chefincorsia@gmail.
com, ndr), oppure a chi ci ringrazia. Alle 8 organizzo ritiri
e consegne, poi mi raggiunge Aurora, una mia compagna
di classe. Dalle 10 siamo in giro a ritirare la merce, moltis-
simi fornitori della gastronomia ci donano le materie pri-
me. Dalle 12 alle 18 poi iniziamo a cucinare, siamo noi due
più un altro compagno, Ciro, che fa il pizzaiolo, e l’aiuto
dei sette, otto dipendenti della gastronomia. Dalle 18.30
iniziamo a consegnare, dotati di mascherina e guanti che
buttiamo appena usciamo dall’ospedale. All’inizio solo al
Sacco, poi ci ha scritto il capo degli infermieri del Niguar-
da, e ci siamo emozionati: la situazione è tragica».
Che cosa vi ha colpito di più?
«Una volta abbiamo visto dietro un vetro dei malati con i
respiratori. È stato orribile. So che è una brutta parola da
usare, ma non ce ne sono altre. E poi mi ricorderò sempre
la faccia dell’infermiera che ci ha accolto la prima volta:
aveva gli occhi rossi e continuava a piangere, non smette-
va. Aveva la faccia piena dei lividi lasciati dalla mascherina
e le labbra screpolate perché, ci ha spiegato, non possono
andare a bere spesso».
Quando rientra?
«La sera alle 21, mangio e sbrigo altri messaggi. Poi devo
fare i compiti».
Avrà la maturità quest’anno?
«Sì, sono all’ultimo anno dell’alberghiero Paolo Frisi, do-
po mi piacerebbe diventare chef. Per ora non facciamo le-
zioni a distanza, perciò sono in pari con i compiti. I miei
professori sanno quello che sto facendo e mi sostengono,
come del resto tutta la mia classe».
C’è qualcuno invece che l’ha criticata?
«Critiche no, ma molte attività a cui abbiamo chiesto una
mano ce l’hanno negata. O non hanno nemmeno risposto.
Pazienza. Tutti quelli che mi conoscono dicono che ho il
cuore grande. Non so se è vero, so che mi sento bene a fare
questo, ne sono fiero».
Sul suo profilo Instagram si è definito «imprenditore».
«Ci saranno quattro foto, non ci vado mai, in generale con-
sidero i social una perdita di tempo. Ho aperto quell’ac-
count perché con due amici volevamo lanciare un brand di
abbigliamento, ma siamo stati interrotti dal coronavirus».
Il brand si chiama «mumps», che in inglese è il virus del-
la parotite.
«Non so perché fosse stato scelto, ma forse ora il nome di
un virus non funziona più...».
Che cosa ha imparato da questo momento?
«Che l’unione fa la forza. Che vale sempre la pena aiutare
gli altri, perché c’è sempre qualcuno che ha bisogno. Co-
me le dicevo, non bisogna aspettare che arrivi qualcuno
ad aiutarti, siamo noi che dobbiamo unirci e capire come
possiamo essere utili».

N


Come funziona @chefincorsia?
«Facciamo arrosti, crocchette, pasta, panini, e raccogliamo
pizze e insalate – a San Giuseppe, anche le zeppole – per
portarle agli ospedali Sacco e Niguarda a Milano, e al Bas-
sini a Cinisello Balsamo. Per ora hanno aderito un paio di
pasticcerie, una panetteria, una pizzeria e un ristorante dei
Navigli».

«Ricordo la faccia

dell’infermiera che ci ha

accolto la prima volta: aveva

gli occhi rossi e continuava

a piangere, non smetteva»
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