La Stampa - 19.03.2020

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“Apeirogon”, il nuovo romanzo di Colum McCann osannato dai critici

La tragedia di due padri

Israele e Palestina

uniti nello stesso dolore

ANTONIO MONDA
NEW YORK

È

appena uscito negli
Stati Uniti e nel Re-
gno Unito un libro
dall’alta qualità arti-
stica e la straordina-
ria importanza politi-
ca e morale. Si intitola Apeiro-
gon e ne è autore l’irlandese
Colum McCann, vincitore
nel 2011 del National Book
Award con Questo bacio vada
al mondo intero. È molto raro
che un’opera riesca ad eccel-
lere sia sul piano etico che
estetico: troppo spesso abbia-
mo assistito allo spettacolo
di libri o film celebrati per via
di un messaggio edificante
senza che avessero un’auten-
tica qualità artistica. Più com-
plessa la situazione inversa,
perché la compiutezza artisti-
ca può essere a volte raggiun-
ta a prescindere dal contenu-
to (l’abominevole messaggio
dei film di Leni Riefensthal è
veicolato da immagini di in-
dubbia qualità), e anche dal
comportamento morale
dell’autore: basta pensare a
Céline, Polanski o Caravag-
gio. Il libro di McCann rap-
presenta dunque una magni-
fica eccezione, ed è stato ac-
colto come una «capolavo-
ro» sia da The Guardian che
The Observer, dove Alex Pre-
ston si è spinto a dire che «è
un romanzo che cambierà il
mondo». Il New York Times si
è aggiunto alle lodi a firma di

Julie Orringer, che ha parla-
to di un libro «potente, bril-
lante e dalla meravigliosa
complessità». Anche da un
punto di vista narrativo Apei-
rogon rappresenta un’ecce-
zione: si colloca infatti a me-
tà tra la narrativa e la saggisti-
ca, prediligendo sempre il to-
no di un asciutto lirismo. Il li-
bro racconta la vicenda dell’i-
sraeliano Rami Elhanan e il
palestinese Bassam Aramin,
i quali si trovano accomunati
da una tragedia: l’uccisione
delle rispettive figlie
nell’ambito del conflitto tra
i due popoli. Smadar, la fi-
glia di Rami, muore per ma-
no di un palestinese che si
fa esplodere in un attentato
terroristico, mentre Abir, fi-
glia di Bassam, è uccisa da
un diciottenne soldato
israeliano che spara all’im-
pazzata sui civili inermi.
Dopo essere stata colpita,
la piccola viene ricoverata in
un ospedale non attrezzato
per un’operazione d’emer-

genza. È mandata quindi ur-
gentemente in un altro cen-
tro medico, ma l’ambulanza
viene fermata ad un posto di
blocco, e muore prima di arri-
vare all’Ospedale Hadassah,
lo stesso dove era nata Sma-
dar. Il racconto delle uccisio-
ni è struggente, e McCann rie-
sce a rendere perfettamente
l’orrore e l’angoscia dei geni-
tori: Bassam racconta di sen-
tirsi «ancora dentro quell’am-
bulanza, sperando che lei si
muova», e Rami confida di
cercarla ancora «nelle stra-
de, nei negozi, nel posto do-
ve acquistava il gelato».
Se il primo dice che, la tra-
gedia gli «ha tolto, oltre alla
figlia, la paura» il secondo
confessa di anelare «una vita
spettacolarmente banale»,
ma entrambi hanno la missio-
ne esistenziale di parlare del-
le figlie per tenerle in vita: so-
no diventati amici e testimo-
niano in prima persona co-
me anche un dolore così as-
surdo e atroce possa portare
alla redenzione. Apeirogon è
il termine scientifico utilizza-
to per un oggetto con infiniti
lati: una delle riflessioni alle
quali induce questo magnifi-
co libro è quello relativo agli
infiniti punti di vista, e quin-
di le infinite verità, che carat-
terizzano l’esperienza uma-
na. Commovente in tal senso
l’itinerario di Bassam, che da
giovane è stato in galera per
aver lanciato una bomba in-

cendiaria a un gruppo di
israeliani: dopo la tragedia
decide di studiare la storia
dell’Olocausto, che per i pale-
stinesi è un’invenzione pro-
pagandistica del popolo
ebraico. McCann non si ac-
contenta dello straordinario
valore etico di quanto raccon-
ta, e trasforma la vicenda in
materia che assume una for-
ma artistica compiuta, con
passaggi folgoranti e rifles-
sioni dove lo sconcerto si fon-
de con l’anelito.
Con un chiaro riferimento
alle Mille e una Notte, il libro
è diviso in 1001 capitoli: Mc
Cann li definisce Cantos, e
trovano il climax nel centro,
dove i due padri raccontano
lo strazio delle morti delle
piccole. Già con Zoli, dedica-
to alla cultura Rom, McCann
aveva dimostrato il talento
di immergersi in una cultura
lontana dalla sua, ma in que-
sto caso la passione, la condi-
visione e l’estrema accuratez-
za lo fanno arrivare ad un’ec-
cellenza che ancora non ave-
va raggiunto. Non è un caso
che Steven Spielberg abbia
acquistato i diritti del testo
per farne la terza parte della
trilogia dedicata al popolo
ebraico dopo Schindler’s List
e Munich. Questo libro po-
tente e importante, tutto te-
so a comprendere le ragioni
e il dolore degli altri, è pie-
no di pagine indimenticabi-
li, come il racconto dello
scempio del corpo di Cristo
nella crocefissione e la mes-
sa in scena di uno spettaco-
lo musicale nel campo di
sterminio di Theresien-
stadt. Ma forse quello che ri-
mane maggiormente im-
presso è il racconto di un
viaggio di Jorge Luis Borges
a Gerusalemme: è suo il me-
raviglioso verso di una poe-
sia che racconta meglio di
ogni altra cosa il dolore dei
due padri per la morte delle
figlie: «Con te e senza te è
l’unico modo che conosco
per misurare il tempo». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

ABRAHAM B. YEHOSHUA

L’


epidemia di co-
ronavirus è arri-
vata anche qui
in Israele. Ogni
Paese vive que-
sto dramma in
maniera diversa. In altre pa-
role è possibile valutare i
pregi e il carattere della
struttura amministrativa di
ogni popolo dal modo in cui
affronta un disastro o una
sfida che coinvolge anche
altre nazioni.
Proprio perché io sono così
legato all’Italia, la visito di
frequente e sono grato per
l’entusiasmo e la fedeltà con
cui il pubblico italiano acco-
glie le mie opere, sono rima-
sto addolorato, deluso e con-
fuso dalla relativa facilità
con cui il virus cinese si è dif-

fuso da voi. Tanto più che,
proprio in questi giorni, sono
impegnato nella stesura di
un racconto ambientato nel-
la vostra bella penisola alla fi-
ne del XX secolo, imperniato
sull’imbastitura religiosa tra
cristianesimo ed ebraismo.
Non sono ovviamente qua-
lificato per spiegare le ragio-
ni delle incertezze, da un
punto di vista medico e am-
ministrativo, con cui l’Italia
ha affrontato le prime fasi
dell’epidemia. Ma dopo aver
visto, di recente, le immagini
delle città vuote, il rigore con
cui i vivaci abitanti dell’Italia


  • un Paese tanto vario sul pia-
    no culturale e storico - rispet-
    tano l’imposta quarantena e
    il video trasmesso dalla tele-
    visione israeliana in cui can-
    tano e suonano sui balconi


delle case, ho provato un sen-
so di sollievo: ecco, la mia me-
ravigliosa e amata Italia ha
deciso di combattere seria-
mente contro questa danna-
ta epidemia e riuscirà a scon-
figgerla. E la sua lotta, diver-
sa da quella ingaggiata dai te-
deschi, dagli inglesi, e certa-
mente dagli americani, è per
noi israeliani, nonostante le
differenze tra i nostri due
Paesi, fonte di incoraggia-
mento. Perché gli israeliani
amano l’Italia, e credono che
anche gli italiani amino loro.
I confini di Israele, ovvia-
mente, sono molto più facili
da tenere sotto controllo. Si
può infatti arrivare sul no-
stro territorio solo passando
per porti e aeroporti e l’uni-
co valico di frontiera con la
Giordania è strettamente
sorvegliato. Quindi, nono-
stante l’intenso movimento
di israeliani e di turisti arri-
vati dall’estero ancor prima
che le frontiere fossero chiu-

se completamente, è stato fa-
cile appurare chi fosse porta-
tore del virus.
Non si deve inoltre dimen-
ticare che, essendo Israele
un Paese che ha conosciuto
parecchie guerre negli ultimi
settant’anni, è preparato a
possibili conflitti e possiede
un’infrastruttura sanitaria di
emergenza altamente effi-
ciente per uno Stato tanto
piccolo. Finora il coronavi-
rus non ha causato morti e il
numero dei contagiati è rela-
tivamente basso. C’è quindi
la plausibile speranza che, se
l’epidemia dovesse diffon-
dersi - Dio non voglia - si rie-
sca a gestire anche una mag-
giore quantità di pazienti.
Inoltre, per via delle numero-
se crisi affrontate negli anni,
abbiamo fiducia che la popo-
lazione si mostri disciplinata
e presti ascolto alle direttive
del governo.
Ciò che sorprende in que-
sta vicenda è come il corona-

virus si intrecci al dramma
politico in atto in questi gior-
ni. Da oltre un anno si tengo-
no ripetute elezioni parla-
mentari nel tentativo di ri-
muovere Benjamin Netanya-
hu dalla carica di primo mini-
stro. L’insistenza con cui il
blocco della destra lo sostie-
ne, nonostante su di lui pen-
dano tre gravi capi di accusa
e debba presentarsi in tribu-
nale proprio in questi giorni,

si è trasformata in un dram-
ma tempestoso tra la destra e
la sinistra. Per la prima volta
nella storia dello Stato ebrai-
co si è rinfocolata la speranza
che il centro-sinistra riesca a
formare un governo con il so-

stegno di un partito arabo
israeliano, la cosiddetta Li-
sta unita, che ha accresciuto
la sua forza alle elezioni tenu-
tesi poco prima dello scoppio
dell’epidemia. Sarebbe un
cambiamento significativo e
un miglioramento della de-
mocrazia israeliana.
E mentre le forze politiche
si preparano, dietro le quin-
te, a questo sostanziale muta-
mento, a una possibile detro-
nizzazione (anche se solo
grazie a un voto) di Netanya-
hu e al suo processo, il coro-
navirus piomba in Israele e il
dramma politico è relegato
in disparte. La sensazione ge-
nerale, anche tra i nemici giu-
rati di Netanyahu, è che solo
un governo di emergenza na-
zionale potrà far fronte a que-
sta grave crisi. E se davvero
dovesse formarsene uno, è
impensabile che Netanyahu
(che finora ha gestito con abi-
lità la lotta contro il virus)
non sia tra i suoi leader.

All’età di 83 anni io appar-
tengo alla fascia della popola-
zione più a rischio e sono
quindi chiuso in casa a legge-
re o a scrivere una o due righe
del mio nuovo racconto. Mia
sorella, di tre anni più grande
di me, vive da molti anni in
un’elegante casa di riposo.
Ha figli, nipoti e persino pro-
nipoti, e conduce una vita
molto confortevole sotto tut-
ti i punti di vista. È nemica giu-
rata di Netanyahu e, ogni vol-
ta che ci sentiamo, non perde
occasione di lamentarsi di lui
e di insultarlo. La sua più
grande speranza è di riuscire
a vederlo dietro le sbarre pri-
ma di lasciare questo mondo.
Ma da quando l’epidemia è
sbarcata in Israele Netanya-
hu si è come dissolto e tutte le
ansie e le paure di mia sorella
sono incentrate sul virus. Io
cerco di tranquillizzarla, di ri-
cordarle i momenti difficili
che passammo a Gerusalem-
me durante la guerra del
1948, quando la nostra casa
fu distrutta, nostro padre fu fe-
rito e trascorremmo mesi in
un rifugio antiaereo senza sa-
pere quando quel terribile
conflitto sarebbe finito. Cerco
anche di riportare le cose alle
giuste proporzioni. Le parlo
dell’angoscia che provammo
nel corso di molte altre guer-
re, quando suo figlio, pilota di
caccia, combatteva nei cieli

del Libano e della Siria e i miei
due erano arruolati nei para-
cadutisti. Ma, a quanto pare,
tutte le difficoltà, le paure e le
sfide del passato sono state di-
menticate e il coronavirus,
che non ha ancora fatto vitti-
me in Israele, rimane al cen-
tro delle sue paure.
«Ma, un momento, che ne
è di Netanyahu?», le dico cer-
cando di spostare la sua irrita-
zione dal virus al primo mini-
stro, «Non ti importa più che
non si riesca a spodestarlo e ri-
manga al suo posto invece di
sottostare a un processo?».
«Che ci si può fare?», sospi-
ra mia sorella. «Che resti an-
cora un po’ primo ministro, a
patto che combatta efficace-
mente contro questa male-
detta epidemia».
Nel sentire che anche la
più accanita nemica di Neta-
nyahu rinuncia a vederlo an-
dare in prigione, comincio a
sospettare che tra il cinese
che si è mangiato un pipistrel-
lo e il primo ministro israelia-
no possa esserci un legame
nascosto e, grazie a questo vi-
rus e con un po’ di scaltrezza,
o di fortuna, Netanyahu rie-
sca non solo a sfuggire al pro-
cesso, ma anche a mantene-
re il suo prestigioso incarico,
a dispetto di tutti coloro che
cercano di rimpiazzarlo.
Ecco, anche questa è una
delle storie del «Decameron
israeliano» ai tempi dell’epi-
demia propagatasi nel XXI
secolo. —
Trad. di Alessandra Shomroni
© RIPRODUZIONE RISERVATA

AFP

IL CONTAGIO È ARRIVATO ANCHE IN ISRAELE E SI INTRECCIA CON IL DRAMMA POLITICO IN ATTO IN QUESTI GIORNI

Abraham B. Yehoshua

Decameron a Gerusalemme ai tempi del virus


Finora nello Stato Ebraico il numero dei contagiati è
relativamente basso. Questo Paese ha conosciuto parecchie
guerre, è preparato a possibili conflitti e ha
un’infrastruttura sanitaria di emergenza efficiente

“Che resti ancora
un po’ premier, purché
combatta questa
maledetta epidemia”

Addio a Loconsolo, fotografo degli operai

È morto a Milano, a 99 anni, il fotografo Silvestre Loconsolo, protagoni-
sta di una straordinaria opera di documentazione delle lotte operaie e de-
gli scioperi tra gli anni 50 e 70. Nato in provincia di Foggia, prima di affer-
marsi nel campo della fotografia documentaristica, lavorando per la
Fiom, la Camera del Lavoro di Milano ma anche per la Cisl, la Uil e le Acli,
TM era stato operaio, militante antifascista e partigiano, attivista dell'Anpi.

TEMPI

MODERNI

CULTURA, SOCIETÀ
E SPETTACOLI

Come difendere


l’Homo digitalis


dai populismi


della Rete


N

on disconnetter-
si, ma riconnet-
tersi in maniera
differente. E inte-
ressante è il fatto
che questo ap-
proccio non apocalittico alla
rete venga, nell’intensissimo
dibattito in materia, da un giu-
rista, il professore all’Universi-
tà di Trieste (e polemista su
blog e giornali) Mauro Barbe-
ris. Nel suo pamphlet Come In-
ternet sta uccidendo la demo-
crazia (Chiarelettere, pp. 244,
€ 15), lo studioso affronta il te-
ma del populismo digitale che
colloca in maniera strutturale
all’interno del quadro com-
plessivo della mutazione (e
trasfigurazione) della liberal-
democrazia.
Secondo Barberis, non è sol-
tanto (né tanto) la crisi econo-
mica del 2008-2011 ad avere
versato tanta benzina nel mo-
tore del populismo – fenome-
no, come annota giustamente,
non certo nuovo in quanto tale
alle cronache politiche – bensì
la rivoluzione digitale. L’odier-
na forza dirompente della de-
mocrazia populista – una di-
storsione dei principi di sovra-
nità popolare e rappresentan-
za (oltre che uguaglianza) che
si inserisce all’interno della
stessa storia della tradizione
democratica – proviene pro-
prio dall’allargamento delle
capacità comunicative offerto
dalle piattaforme digitali e dai
social network. E dalla possibi-
lità di amplificare attraverso
questi media emozioni forti,
paure, irrazionalismi ed euri-
stiche intuitive (o «di pan-
cia»), specialmente intorno al-
la tematica della sicurezza. Co-
me hanno mostrato tre casi re-
centi di populismo digitale: la
Brexit, il trumpismo e l’esecuti-
vo «gialloblù» del Conte 1 (do-
ve i partiti partner si presenta-
vano con la faccia bifronte del-
la forza di lotta e di governo).
La novità è quindi la compar-
sa sulla scena di quello che Bar-
beris etichetta come l’Homo
mediaticus o Homo digitalis,
idealtipo antropologico molto
diffuso nello scenario della
postmodernità. E l’autore pro-
va ad avanzare tre ricette per
non rimanere perennemente
sotto lo scacco dei populismi
digitali. La difesa delle «istitu-
zioni contromaggioritarie»
(quelle di garanzia, non diret-
tamente elette dal popolo, sul-
la cui rivendicazione come fon-
te di ogni legittimità politica si
fonda il maggioritarismo po-
pulista). Il ricorso al populi-
smo digitale a mo’ di boome-
rang, utilizzandolo contro sé
stesso (ossia imparare a servir-
si dei social meglio dei suoi
propagandisti). E, infine, la re-
golamentazione del web (che,
però, costituisce un vasto e
complesso programma). —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

MASSIMILIANO PANARARI

ELZEVIRO

Morto Waggoner, il maggiore di Wonder Woman

L'attore americano Lyle Waggoner, star della serie televisiva Won-
der Woman al fianco di Lynda Carter, è morto a Westlake, in Califor-
nia, all'età di 84 anni. Waggoner deve la sua grande notorietà al ruo-
lo del maggiore Steve Trevor, superiore di Diana Prince che spesso
lo salva nelle vesti di Wonder Woman, nell'omonima serie tv statu-
nitense basata sulle avventure dell'eroina dei fumetti.

Mia sorella detesta
Netanyahu, ma adesso
tutte le sue ansie sono
incentrate sul Covid-

Davanti al Muro del pianto, nella città vecchia di Gerusalemme, si delimitano le aree a cui non possono accedere più di dieci persone: è una misura per prevenire il contagio

Ragazze israeliane e palestinesi cantano insieme nel campo «Creativity for Peace» a Santa Fe, New Mexico, nel 2017

Colum McCann, 55 anni

EPA/ABIR SULTAN

20 LASTAMPAGIOVEDÌ19 MARZO 2020

TM
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