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MIRIAM MASSONE
N
on chiamatela sem-
plicemente finestra.
La definizione del di-
zionario - «Apertura
nella parete esterna di un edifi-
cio per dare luce e aria all’inter-
no» - ormai suona anacronisti-
ca e limitante. Oggi che il «den-
tro» è diventato il nostro mon-
do (e anche il nostro «fuori»),
la finestra è molto di più: «E’ il
punto di fuga, di sfogo, di con-
tatto, di protezione: non è solo
vetro, ma è anche specchio
che ci riflette e ci fa riflettere»
dice l’architetto Matteo Perico-
li. Sua l’idea di farcela aprire,
spalancare, di farci guardare
al di là per poi appuntarci cosa
vediamo. «Ho chiesto a tutti,
ma specialmente ai bambini e
ai ragazzi con i quali di solito è
più difficile entrare in sintonia
emotiva, di disegnare ciò che
vedono e accompagnare l’im-
magine a un commento: le pa-
role servono per restituire
all’idea quello che le linee del
disegno da sole non riuscireb-
bero a fare». Il risultato sarà
un mosaico di sguardi che
escono dalle finestre e vanno
a popolare la città svuotata:
«Insieme restituiscono una vi-
sione unitaria di questo mo-
mento così strano e nuovo».
Anche l’oggetto in sè trova
riscatto: «La finestra in effetti
è una sorta di escamotage nar-
rativo al quale abbiamo dato
sempre un peso molto relati-
vo». Questi disegni racconte-
ranno una storia. La nostra
storia. E anche guardare avrà
un altro peso: «Diventa un at-
to di compartecipazione e di
comunità».
E poi c’è il disegno. Non una
foto, ma qualcosa di più atti-
vo: «Ognuna di quelle linee è
stata pensata per essere lì al
posto delle tante linee che
avrebbero potuto esserci. Già
questa operazione trasmette
un racconto, una narrazione,
un punto di vista. È come se
avessimo tutti nella tasca da
sempre un taccuino bianco
con alcune penne, mai usati
perché intanto sappiamo di
averli lì, a disposizione. Poi
improvvisamente ci trovia-
mo in una stanza chiusa sen-
za finestre e tiriamo fuori
quel taccuino: è evidente che
quel foglio bianco assumerà
un altro valore. Ecco, noi stia-
mo vivendo questo momen-
to. Diamo valore al taccuino
che abbiamo in tasca. Tirate-
lo fuori, disegnateci sopra. Il
risultato sarà pazzesco».
Qualcuno ci ha già provato
(il disegno va inviato a Matteo
Pericoli sulla sua pagina Face-
book o alla mail matteo@mat-
teopericoli.com), come Glen-
da Gamba, ad esempio, che
dalla finestra vede le piante ri-
nascere: «L’osservazione del-
la natura mi rincuora. Biso-
gna solo avere pazienza e
aspettare». O Sabrina Esposi-
to, una studentessa all’ultimo
anno di liceo scientifico, co-
stretta alle lezioni on line: «Ve-
do il Politecnico chiuso, corso
Einaudi vuoto, gli alberi sec-
chi e spogli di un marzo senza
pioggia e senza sole». Dalla
sua finestra Federica Pettina-
to oltre a vedere, sente «quel
legame particolare che si crea
attraverso la musica dei vicini
che abbiamo di fronte e magi-
camente disegni non solo ciò
che vedi , ma anche la potenza
e lo spirito di una comunità».
Ci sono finestre sbattute, rot-
te, tenute chiuse, con le tende
tirate o con le serrande abbas-
sate, che ora vengono final-
mente viste. E trovano un sen-
so. «Fino a ieri quella porta era
fonte di disturbo e distrazione
- scrive Andrea Corradi a com-
mento della sua portafinestra
tratteggiata a matita con le
chiavi ancora nella serratura -
a pochi metri al di là del corti-
le il viavai interrotto delle au-
to e dei tir. Fino a ieri dovevo
concentrarmi anche solo per
tracciare un singolo segno sul
foglio. Oggi non passa che
qualche auto e mi volgo con
un groppo in gola a quel ret-
tangolo di luce, agognando
che i soliti rumori lo riempia-
no di nuovo di vita».
Tra le finestre spalancate,
c’è anche quella della bibliote-
ca di Settimo Torinese, che ri-
lancia: «Quando tutto torne-
rà alla normalità faremo una
grande mostra con tutti i vo-
stri disegni». La prima ad apri-
re le ante e guardare al di là è
Barbara Ventrella, assessore
alla Cultura, ed ex allieva di
Pericoli alla Scuola Holden.
Davanti, tratteggia palazzi e
tetti. «E voi cosa vedere dalla
vostra?» .—
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’invito arriva dall’architetto e disegnatore Matteo Pericoli
“Aprite le finestre e disegnate quello che vedete”
Dagli sguardi sul mondo nasce un racconto corale
- Il disegno di Sa-
brina Esposito,
studentessa del
liceo scientifico
che dalla sua fine-
stra vede corso
Einaudi; - Il disegno di
Glenda Gamba,
lettrice di Torino; - La finestra
di Andrea Corradi; - Il disegno
di Marco
Manduzio
di Foggia; - La finestra
di Valentina
Fanesi da Castora-
no (Ascoli Piceno)
MATTEO PERICOLI
ARCHITETTO
La finestra
è un escamotage
narrativo al quale
abbiamo sempre
dato un peso relativo
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“Ora che si è costretti
in casa
la visione dell’esterno
si è capovolta”
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