Il Sole 24 Ore Giovedì 19 Marzo 2020 5
Coronavirus Primo Piano
L’EUROPA
Campagna di fake news dalla Russia. Secondo un
documento interno della Commissione europea, visto da
Reuters, è in corso una campagna di fake news da parte di
alcuni media russi sul coronavirus con l’obiettivo di
alimentare paura e sfiducia nei Paesi europei.
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FAKE NEWS CIRCOLANTI
Secondo il documento della Commissione sarebbero diffuse
in molte lingue, dall’italiano al tedesco al francese
Commissario.
Paolo Gentiloni,
ex premier
italiano,
è Commissario
europeo
per l’Economia
L’Unione
ha deciso
di permettere
ai Paesi membri
di aumentare
il deficit
Adriana Cerretelli
M
a se è riuscito a perforare
perfino il cemento della
proverbiale unità del
blocco scandinavo, la
mini-Europa del Nord fatta da
Danimarca, Svezia, Finlandia e
Norvegia, che eccelle in welfare e
benessere e in comune ha pure la
carta di identità, davvero si poteva
credere che il Covid- avrebbe
risparmiato la coesione
dell’Unione che non c’è? Il
problema oggi non è massacrare
l’Europa per le sue evidenti lacune
e latitanze: vizi strutturali che
derivano da difetti di costruzione
che le hanno sottratto competenze
(sanità in primis) lasciate alle varie
sovranità nazionali o regionali e
non si superano con uno schiocco
di frusta. Il problema è cercare di
contenere e compensare i danni
provocati dalla non-Europa per
superare alla meno peggio
l’emergenza e impedire che un
giorno il ritorno alla normalità si
affacci su un cumulo di macerie. Il
pericolo è concreto e potrebbe
colpire non solo l’Europa ma le
stesse democrazie che la
sostengono, oggi mosse da
dinamiche altrettanto imperfette e
insoddisfacenti. Le sbandate
nazionalistiche, i confini blindati,
le improvvise fatiche dell’export di
prodotti sanitari, frutto inevitabile
di paure, egoismi e diffuse
diffidenze verso il vicino,
potrebbero fare terra bruciata
senza ritorno dell’integrazione
europea. Disorientamento,
colpevoli ritardi, manifesta
inadeguatezza di Governi europei,
che hanno finito per favorire la
diffusione del contagio prima di
decidersi a frenarla con misure
drastiche, potrebbero fragilizzare
consenso e fiducia dei cittadini in
leadership deboli e incerte. Peggio,
la loro scarsa autorevolezza
potrebbe incoraggiare sbandate
verso forme di autoritarismo.
L’apparente successo della Cina
contro il virus, la sua martellante
propaganda a suon di generosi
aiuti alla sanità di un’Europa
egoista in piena pandemia
potrebbero farne un modello,
magari facendo dimenticare che è
stata Pechino l’origine del
contagio. Potrebbe. Perché la
strada verso il precipizio non è
obbligata. Oggi l’Europa si smonta,
distrugge le sue conquiste, il
grande mercato, diritti, libertà
personali e libera circolazione,
sospende il Patto di stabilità e il
codice degli aiuti di Stato, entra in
un’economia di guerra dove le
uniche regole diventano quelle
della sopravvivenza e tutti devono
adeguarsi, Bce compresa. Ma dopo
la passeggiata nell’inferno della
pandemia, della recessione
economica, del crollo delle Borse,
dell’euro e degli spread sotto
pressione e sotto gli attacchi della
speculazione, non è detto che non
ci sia ricostruzione e che, alla fine,
la nuova Europa non possa essere
migliore dell’originale oggi a pezzi.
Anche Angela Merkel ha parlato
ieri sera ai tedeschi, chiamando
alla battaglia contro il coronavirus,
«un compito storico da affrontare
insieme». Un’alluvione di aiuti
all’economia. Che peraltro e in
varia misura sta piovendo
dovunque in Europa per fermare il
disastro. Ma la cancelliera per la
prima volta ha parlato anche di
una possibile apertura alla
mutualizzazione del debito
europeo. I mercati non hanno
reagito bene. Ma se davvero ci
fosse, sarebbe il gesto
rivoluzionario, il colpo di reni
inatteso che potrebbe rimettere in
piedi, e più forte, l’Europa
smontata di oggi. Come il
«whatever it takes» di Mario
Draghi nel . Come il piano
Marshall del .
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L’ANALISI
Il virus
che smonta
(e rimonta)
l’Europa
DECISIONI PIÙ DIFFICILI DA REMOTO
L’Europa in teleconferenza
A margine delle riunioni
del Consiglio manca
la diplomazia dei corridoi
Giuseppe Chiellino
«L’Europa è come un diesel, impiega
un po’ a partire. Ma la risposta alla cri-
si del coronavirus sta prendendo for-
ma. Anche se in teleconferenza». Nel
momento forse più grave della loro
storia, le istituzioni europee sono sta-
te costrette a chiudere i propri palazzi
e organizzare il telelavoro di decine di
migliaia di dipendenti. «Così capita
che rispondi ad una mail urgente e poi
per ore non accade nulla» racconta un
funzionario al lavoro, da casa sua, ad
uno dei dossier europei più caldi del
momento. Proprio quando le decisio-
ni dovrebbero essere più rapide e i
processi più efficaci, l’emergenza ral-
lenta ogni cosa. La Commissione è en-
trata progressivamente in modalità
“remoto”. Dieci giorni fa sono stati so-
spesi tutti gli eventi che prevedevano
pubblico, le trasferte, le riunioni ri-
dotte fino a trasferirle prima su Skype
e poi alle teleconferenze. A metà della
scorsa settimana nella mail di tutti i
dipendenti della Commissione è arri-
vato un videomessaggio della presi-
dente Ursula von der Leyen, tradotto
in tutte le lingue dell’Unione che spie-
gava: da lunedì tutti casa, salvo che
per motivi inderogabili e un presidio
a rotazione. Del Parlameento si sa, la
plenaria di febbraio è stata trasferita
a Bruxelles e ridotta a un giorno e
mezzo, il presidente Sassoli si è messo
in autoisolamento, perché aveva
viaggiato nei giorni precedenti in al-
cune delle aree del contagio.
Ma è il Consiglio, l’istituzione più
di tutte le altre in questo momento
chiamata ad un ruolo di mediazione
e di sintesi tra gli Stati membri, che ri-
schia il contraccolpo più pesante. Pur
continuando a funzionare, ha una
complessità nella preparazione e so-
prattutto nella composizione delle
posizioni di ciascuno stato membro
che è impensabile ricreare in telecon-
ferenza. «Il punto vero sono i corri-
doi» dice un consigliere d’Ambasciata
in pensione. Come fanno a prendere
decisioni rapide ed efficaci ministri
che si parlano, in tante lingue diverse,
attraverso uno schermo, senza tutto
il lavorio diplomatico che avviene nei
corridoi, a margine delle riunioni, in-
dispensabile per capire le posizioni
dell’altro e spiegare le proprie? Ora
non possono tirarsi indietro. Quando
la crisi sarà passata, se avrà ancora
senso, bisognerà ragionarci.
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Mes e Bce verso azioni coordinate
La posta in gioco. Il Fondo salva Stati studia l’erogazione
di crediti multipli ai Paesi membri dell’Eurozona
L’emergenza. Ieri sera riunione del Consiglio direttivo
della Banca centrale europea sulle prossime mosse
Beda Romano
Dal nostro corrispondente
BRUXELLES
La Commissione europea sta la-
vorando su una proposta che do-
vrebbe permettere all’Unione eu-
ropea nel suo insieme e alla zona
euro in particolare di liberarsi da-
gli impegni di bilancio, permet-
tendo ai singoli Paesi di risponde-
re con vigore alle conseguenze
economiche della pandemia in-
fluenzale che sta colpendo il con-
tinente. Intanto si discute di ipo-
tesi comunitarie: l’uso del Mecca-
nismo europeo di Stabilità o la na-
scita di nuovi strumenti europei,
in particolare prestiti multipli del
Mes ai membri dell’Eurozona per
evitare da parte dei mercati la
stigmatizzazione nei confronti di
un singolo Paese.
L’ipotesi allo studio farebbe
parte di un’azione coordinata con
la Bce, che in serata ha tenuto una
riunione straordinaria del Consi-
glio direttivo.
L’esecutivo comunitario ha co-
munque già affermato nei giorni
scorsi che per via di eventi insoliti
permetterà ai Paesi di aumentare il
proprio deficit nel breve termine.
Nel contempo ha rivisto le regole
sugli aiuti di Stato per consentire ai
governi di aiutare imprese in diffi-
coltà. Sul tavolo a questo punto vi
è la possibilità di ampliare lo spet-
tro della flessibilità di bilancio, ap-
plicando una clausola di emergen-
za prevista dalle regole europee.
Nata nel , la escape clause,
come viene chiamata in inglese,
permette ai Paesi di deviare tempo-
raneamente dall’aggiustamento di
bilancio prefissato con Bruxelles
«purché venga rispettata la soste-
nibilità di bilancio nel medio ter-
mine». Tutti i protagonisti del mo-
mento sono d’accordo per far scat-
tare questa clausola, che nei fatti si
tradurrebbe in una posizione di bi-
lancio espansiva nel -.
Resta da negoziare la presenza o
meno di eventuali dettagli (dal tet-
to alla spesa ad altre condizioni).
Il tema è delicato. Bisogna trova-
re un giusto equilibrio tra l’obietti-
vo di aiutare l’economia a reggere
la forza d’urto provocata dalla pan-
demia influenzale e il desiderio di
evitare una nuova deriva incon-
trollata dei conti pubblici. Nel con-
tempo, bisogna calibrare anche il
percorso di rientro dal debito per
evitare che non sia né troppo rapi-
do né troppo lento. Maggiori preci-
sazioni su questo fronte potrebbe-
ro giungere in maggio quando Bru-
xelles pubblicherà nuove racco-
mandazioni-Paese.
La proposta della Commissione
europea di far scattare la clausola
d’emergenza deve essere discussa
dai ministri delle Finanze (che pe-
raltro dovrebbero riunirsi la setti-
mana prossima in videoconferen-
za). I governi hanno già dato un lo-
ro assenso di massima, ma è facile
immaginare discussioni sui detta-
gli pratici e sulla tempistica. Trop-
po presto per farla scattare tenuto
conto che la flessibilità di bilancio
è già consentita? I Paesi dubbiosi,
vista la situazione economica, sa-
ranno presto convinti.
Resta sullo sfondo l’uso del Mes.
Nella riunione dei ministri delle Fi-
nanze di lunedì vi è stato un con-
fronto acceso tra istituzioni e Paesi
membri sull’opportunità di usare
questo strumento, magari con più
generosità di quanto non sia previ-
sto. La Banca centrale europea, la
Commissione europea e lo stesso
Mes insistono, i Paesi membri in-
vece frenano con motivazioni di-
verse. C’è chi è concentrato sui suoi
problemi nazionali; chi vuole uti-
lizzare il Mes solo nelle occasioni
per cui è stato ideato; e chi ha paura
di eventuali stigma.
Le discussioni sono in corso,
tanto è chiara la necessità di uno
strumento comunitario che non
sia la mera somma di misure na-
zionali. «Stiamo riflettendo su
varie possibilità, tra cui prestiti
del Mes a tutti i Paesi membri –
spiega un funzionario comuni-
tario - oltre a risolvere gli aspetti
tecnici dobbiamo anche trovare
il compromesso politico». Al di
là dei prestiti del Mes si discute
anche di un fondo comunitario
che finanzi disoccupazione e
cassa-integrazione.
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La cancelliera ha chiesto
unità di fronte a un pericolo
che va preso seriamente
Isabella Bufacchi
Dal nostro corrispondente
FRANCOFORTE
L’asse Francia-Germania è un’ar-
chitrave necessaria per costruire i
Covid-bond, o qualsiasi strumento,
o titolo di debito o fondo, che sia
condiviso per la prima volta tra gli
Stati membri dell’Eurozona per fi-
nanziare gli straordinari interventi
necessari per mitigare gli effetti de-
vastanti della pandemia del coro-
navirus su occupazione ed econo-
mia. E stando ai primi segnali
emersi dopo le ultime riunioni del-
l’Eurogruppo e del Consiglio euro-
peo, si sarebbe aperto un dialogo,
pare costruttivo, tra Parigi e Berli-
no sulla proposta italiana di ricor-
rere agli eurobond in questa crisi.
Di concreto ancora non c’è nul-
la, nel senso che mancano forma e
sostanza: il Covid-bond non esiste,
per ora neanche in un cassetto. Ma
nell’Eurozona è già tanto se inizia
ad esserci una volontà politica per
studiare l’eventuale fattibilità di
uno strumento condiviso per so-
stenere lo sforzo epocale di spesa
pubblica richiesto dalla pandemia.
Il cambiamento d’umore, se non
ancora di linea, starebbe arrivando
dalla Germania dove la cancelliera
Angela Merkel, dopo un periodo in
sottotono a seguito delle sue di-
missioni dalla leadership della
Cdu, è ritornata in questi giorni a
ricoprire in pieno il suo storico
ruolo di guida della prima potenza
economica europea. Il vuoto poli-
tico creato prima dall’inadegua-
tezza e poi dalle dimissioni a sor-
presa della leader della Cdu Anne-
gret Kramp-Karrenbauer, e ali-
mentato dall’ascesa di una nuova
leadership di standing ancora mo-
desto nell’Spd, ha fatto sì che il co-
ronavirus abbia colto la Germania
con le difese immunitarie della po-
litica molto basse.
La Merkel ha tenuto nei giorni
scorsi una prima lunga conferenza
stampa dedicata al coronavirus,
con al fianco il ministro della Sani-
tà Jens Spahn che è sembrato
pronto a prendere da lei ordini e
indicazioni. Ieri, al cospetto di
un’escalation dell’epidemia che ha
portato velocemente i contagiati in
Germania oltre la soglia dei
., la cancelliera si è rivolta al-
la nazione con un videomessaggio
pacato ma estremamente solenne,
il primo di questa gravità nei suoi
anni in cancelleria. E ha detto ai
cittadini di prepararsi per la sfida
più grande dalla Seconda guerra
mondiale e dalla riunificazione: di
prendere il coronavirus seriamen-
te, di non credere alle dicerie ma
soltanto a quello che diranno le
istituzioni. E ha fatto intendere
che altre misure verranno prese,
quando e come necessario.
Il governo Merkel continua a
rassicurare il Paese sulla capacità
di intervento, sotto il profilo sani-
tario e di spesa pubblica. A livello
europeo, tuttavia, questa forza
d’urto condivisa manca. E la can-
celliera, in risposta a una domanda
sul progetto di “euro-fonds” in
conferenza stampa dopo il Consi-
glio europeo di lunedì, ha detto che
al momento non c’è nulla di con-
creto ma che se ne inizia a parlare
e che la Germania è aperta a questo
dialogo. «Ho incaricato il ministro
delle Finanze Olaf Scholz ha parte-
cipare a questo tavolo di lavoro»
sugli euro-fonds, una parola che
può anche significare eurobond. E
queste parole di apertura, anche
solo in linea di principio, sono un
grande progresso rispetto alla
chiusura ermetica dei “nein” del
passato. Stando a fonti bene infor-
mate, i due grandi avversari dei Co-
vid-bond sarebbero Johannes
Hahn, commissario al bilancio, e
Valdis Dombrovskis (Lettonia) vi-
cepresidente della Commissione
europea. Il fatto che finora l’Europa
non sia riuscita neppure a dotarsi
di un eurobudget, e di un budget, è
un terreno comunque molto scivo-
loso sul quale iniziare a costruire
l’impalcatura di un eurobond
emesso, per esempio, dal Meccani-
smo di stabilità Mes. La Bei, che è
l’istituzione europea che emette
già bond per lo sviluppo economi-
co e le Pmi europee, si trova con le
ali tarpate in un momento in cui
potrebbe fare molto di più, proprio
per mancanza del budget europeo.
La Francia, sotto la guida di Em-
manuel Macron, è pronta da tempo
a sottoscrivere un progetto di tito-
lo europeo. E ora più che mai: Pari-
gi ha già uno dei più elevati rap-
porti di debito/Pil nell’Eurozona,
destinato a salire come per tutti gli
altri Stati membri per contrastare
la pandemia.
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IL DISCORSO ALLA NAZIONE
Merkel ai tedeschi: la più grande sfida di solidarietà
AFP
In televisione.
Angekla Merkel
ha parlato
alla nazione :
la sfida posta
dall’epidemia,
ha detto,
è la più grande
dalla fine
della guerra
L’ Unione
per ora
è costretta
a rinunciare
a Schengen
e a conge-
lare il Patto
di stabilità
per soprav-
vivere
Si è aperto
un dialogo
tra Parigi
e Berlino
sulla
proposta
italiana
di ricorrere
a eurobond
per la crisi
Efsf e Mes,
miliardi di euro
GLI INTERVENTI
DEL FONDO
SALVA STATI
IL SOSTEGNO
AL BILANCIO
DEI PAESI
SALVATI
Risparmi ottenuti
con il prestito
dell’Efsf-Mes
PORTOGALLO
(Efsf)
1,
26
IRLANDA
(Efsf)
0,
17,
CIPRO
(Mes)
0,
6,
SPAGNA
(Mes)
41,
1,
Fonte: Meccanismo Europeo di Stabilità
GRECIA
(Efsf/Mes)
13
240
I cinque salvataggi del Mes