La Stampa - 23.03.2020

(Elle) #1
BERNARDO BASILICI MENINI
MATTEO ROSELLLI

P

er frenare la diffusio-
ne del Coronavirus,
anche Torino chiude i
mercati alimentari
all’aperto. La sospensione è
stata predisposta ieri, ed è scat-
tata da questa mattina. Il tutto
fa seguito all’ordinanza ema-
nata due giorni fa dalla Regio-
ne Piemonte, dove si dispone-
va chiaramente che potessero
rimanere aperti soltanto dove
fossero rispettate le misure di
sicurezza. La sospensione ri-
guarda tutti, anche i mercati
all’aperto che sono dotati di
una tettoia di copertura. Ri-
mangono invece esclusi, e
quindi liberi di svolgere le pro-
prie attività, i mercati coperti
al chiuso, come quelli di Porta
Palazzo, anche se molti opera-
tori stanno discutendo se sia il
caso o meno di aprire.
Lo stop, per ora, è a tempo
indeterminato, e non c’è anco-
ra una data per tornare al lavo-
ro. «Già da oggi ci incontrere-
mo con le Commissioni merca-
to e la polizia municipale –
spiega l’assessore al Commer-
cio del Comune di Torino, Al-
berto Sacco – Così potremo va-
lutare, mercato per mercato,
se si possono garantire le con-
dizioni dell’ordinanza regio-
nale».
Al momento l’assoluta prio-
rità è la salute pubblica, moti-
vo per cui Palazzo Civico prefe-
risce assicurarsi che tutto pos-
sa funzionare nei minimi det-
tagli quando si arriverà alla
riapertura, piuttosto che pen-
sare a una scadenza. Ma se tut-
to andrà per il meglio, la so-
spensione, in alcuni casi, po-
trebbe durare solo pochi gior-
ni.
Quali sono le regole che do-
vranno essere rispettate? Ge-
stione degli accessi, evitare as-
sembramenti, anche con le

transenne, presenza dei vigili,
accesso consentito a un solo
componente per ogni nucleo
familiare. «Ascolteremo le pro-
poste degli operatori, in co-
stante contatto con le associa-
zioni e commissioni di merca-
to – prosegue Sacco – Da parte
nostra siamo a disposizione
per impiegare ulteriore perso-
nale in modo da garantire il ri-
spetto delle regole».
Ma anche tra gli ambulanti
ci sono dubbi. C’è chi sperava
di riprendere a lavorare già og-
gi nella tarda mattinata e chi
invece ha deciso di rimanere a
casa fino a quando l’emergen-
za Coronavirus non sarà fini-
ta, a prescindere dal resto.
«Per noi è un sacrificio venire
a montare i banchi tutti i gior-
ni con il rischio di infettare noi
stessi e la nostra famiglia, ma
lo facciamo per garantire un
servizio pubblico. Per questo
speravamo di poter riprende-

re l’attività già domani dopo il
montaggio delle transenne.
Però il Comune ha deciso di
bloccare tutto», allarga le brac-
cia Santo Modaffari, uno dei
rappresentanti degli ambulan-
ti torinesi.
Da piazza Foroni invece, si
aspettavano il fermo. «Non si
poteva fare altrimenti – dice
Enzo Torraco, presidente de-
gli ambulanti –. Comunque
speriamo di ripartire martedì
con le nuove direttive, senza
ulteriori intoppi». C’è chi inve-
ce ha deciso di gettare la spu-
gna e attendere la fine dell’e-
mergenza: «Il modo migliore
per combattere il virus è rima-
nere a casa, ecco perché ho de-
ciso di fermarmi – dice Massi-
mo Manfredi, operatore di
Porta Palazzo –. D’altronde ho
una famiglia da salvaguarda-
re. E qui ne va di mezzo la salu-
te di tutti». —
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MASSIMILIANO PEGGIO
Una bellezza di tenebra, è que-
sta città vista dall’alto, scruta-
ta dolcemente dalla telecame-
ra di un drone. A trenta, cin-
quanta, settanta metri di quo-
ta l’obiettivo filma il vuoto,
l’immobilità innaturale di To-
rino, svuotata dalla verità or-
mai accettata da tutti, che il
contagio è qui, e sfiora le vite
di ognuno di noi. E così l’ordi-
ne dell’autorità di rimanere a
casa, per proteggere se stessi
e gli altri dal contagio di que-
sto virus che ruba il respiro, di-


venta prevenzione, àncora di
salvezza. E vuoto spettrale.
Torino non si era mai vista
così. O almeno non si era mai
mostrata tanto fragile e spo-
glia alle generazioni cresciute
dopo gli Anni di Piombo, che
hanno assistito all’elettrizzan-
te metamorfosi partorita dal-
le Olimpiadi del 2006, e a
quelle successive, inebriate
dalla movida e dal boom di lo-
cali. Piazza Vittorio appare
sotto il ronzio della libellula
tecnologica per com’è: uno
spazio geometrico elegante,

ma desolato sotto il sole di pri-
mavera. Meraviglia innatura-
le, palcoscenico cittadino del-
le feste di San Giovanni. Il cie-
lo dei droni luminosi, apprez-
zati o contestati, oggi è il cielo
di un drone solitario, che si
ostina a guardare la nudità di
strade e piazze. Non ci sono
code, né automobilisti infero-
citi per i tentennanti ai sema-
fori. Pochissime auto. E viene
la nostalgia del traffico, per-
ché in fondo sarebbe la norma-
lità. E con essa nessuna restri-
zione, nessun rischio di de-

nunce. Nessuna rinuncia alla
libertà. E soprattutto nessun
timore per la malattia che si
muove infida in ogni tocco e
in ogni respiro.
Anche i colori del Po, oggi,
sono bagliori crepuscolari
che smorzano rabbiosamente
i sensi, regalando un peso ulte-
riore all’anima: i Murazzi sen-
za runner, senza turisti e sen-
za spacciatori. Ogni città è co-
sì, ha due volti: un po’ bene,
un po’ male. Non resta che
guardare i riflessi verdi dell’ac-
qua. Uno spettacolo. Ma sen-

za spettatori.
Via Roma, piazza San Car-
lo. La città aristocratica e del-
lo shopping è sospesa, silen-
ziosa, torturata dall’assenza.
Lo è di notte, nella sua solitu-
dine di luci e ombre. E lo è so-
prattutto di giorno, con i nego-
zi chiusi. I tavoli dei caffè am-
massati di lato, sedie spoglie.
E poi quanto sconforto nel
guardare dall’alto il grande
parco del Valentino e il suo
ruffiano castello medievale. A
parte le pattuglie delle forze
dell’ordine che si avventura-

no lente tra i viali, a guardarlo
da quassù non si coglie movi-
mento. Tutto è vietato. Il timo-
re per il dilagare inarrestabile
della malattia ha cancellato
ogni sprazzo di divertimento.
Anche il piacere di stendersi
sull’erba a prendere il sole del
primo giorno di primavera. In-
somma, anche se questa città
si guarda dal cielo, resta l’ama-
rezza e la paura. Oggi, anche
cambiando prospettiva, tanta
bellezza tutta insieme non rie-
sce a scaldare il cuore.—
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Così bella ma desolatamente vuota


Dal Po alle periferie, la solitudine della città


Piazze, strade e monumenti: il drone racconta il primo giorno di primavera offuscato dai divieti


L’appello delle associazioni islamiche

Moschee chiuse e informazioni in italiano


L’ostacolo della lingua penalizza i migranti


MARIA TERESA MARTINENGO

F

orse, nella fretta di da-
re risposte immediate
all’emergenza, non c’è
stato il tempo di pen-
sarci. Ma visti gli assembramen-
ti in Barriera di Milano, l’appa-
rente maggiore indisciplina dei
quartieri dove la concentrazio-
ne di residenti immigrati è par-
ticolarmente alta, bisogna con-
statare che è mancata una cam-

pagna di informazione sulle re-
gole da seguire in questo tem-
po di quarantena. In particola-
re, non ci sono comunicazioni
sul Covid-19 nelle lingue d’ori-
gine più diffuse in quel quindi-
ci per cento di torinesi con origi-
ni in tante parti del mondo. E di-
re che in passato di campagne
in lingua ne erano state fatte
per ragioni che oggi appaiono
poca cosa: dalla raccolta diffe-
renziata, alle opportunità di
sconti sui servizi grazie all’Isee
e altro ancora.

«Attraverso i nostri canali so-
cial abbiamo tradotto le regole
di comportamento, il nostro
imam e il nostro presidente
hanno pubblicato video di spie-
gazioni. Ma le nostre moschee
sono chiuse, la gente non la in-
contriamo da settimane» spie-
ga Brahim Baya, portavoce
dell’Associazione Islamica del-
le Alpi che gestisce le moschee
di via Chivasso e via Reycend.
«A livello centrale non c’è stata
nessuna campagna in lingue
diverse dall’italiano. È vero

che la gente segue i canali tele-
visivi dei propri Paesi. Però sa-
rebbe molto utile che le reti ita-
liane diffondessero anche spot
in altre lingue».
Brahim Baya sottolinea poi
che «le norme cambiano molto
in fretta: per gli spostamenti,
per le attività, le passeggiate.
Gente in strada? Tra gli immi-
grati ci sono tante persone che
fanno lavori informali. Magari
escono per cercare qualcosa da
fare come montare i banchi al
mercato». E Walid Dannawi, vi-
ce presidente della moschea
Omar di via Saluzzo dice: «La
gente ha talmente paura che in
un modo o nell’altro l’informa-
zione essenziale ce l’ha. Però
tradurre nei dettagli che cosa si
può fare e che cosa no, sarebbe
molto importante». —
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IRENE FAMÀ
Sarà l’effetto dell’Esercito in
strada. O forse il clima, meno
mite dei giorni scorsi, ma do-
menica mattina le vie della pe-
riferia Nord della città erano
vuote. Ad Aurora e Barriera di
Milano, i due quartieri che
sembravano ostinati a non ri-
spettare le norme anti-conta-
gio, pochissime persone. Perlo-
più in coda davanti ai super-
mercati e ai pochi market etni-
ci aperti. Niente più capannel-
li. In giro solo qualche sbanda-
to con birre in mano.
I dati dei trasgressori dimi-
nuiscono in tutta la città. Così
come i reati scesi dell’82%: sa-
bato è stata la giornata in cui
Torino ha registrato il numero
di reati più basso di sempre.
Meno 90% nelle prime ore. Cri-
mine immobile. Come la città.
Nelle ultime 48 ore la polizia
ha controllato 500 persone e
sono scattate 107 denunce per
chi non ha rispettato il decre-
to. Una cinquantina le denun-
ce fatte dai carabinieri in Tori-
no e provincia. E la Guardia di
finanza nel weekend ha conta-
to 300 identificazioni e tre de-
nunce.
Torino, che sembrava viag-
giare a due velocità – con un
centro città che rispetta le rego-
le e una periferia più refratta-
ria – da ieri pare essersi unifor-
mata davanti alle norme e alle
mimetiche. I Lince dell’Eserci-
to e le gazzelle dei carabinieri
hanno fatto tappa in piazza Ali-
monda. I giardinetti sono chiu-
si con un nastro rosso e bian-
co: dopo il decreto di venerdì è
vietato l’accesso. La gente si è
affacciata ai balconi: vedere i
militari in strada non è cosa
usuale. Nei giardini Madre Te-
resa di Calcutta ci sono cinque
uomini. Alle spalle hanno qual-
che denuncia per spaccio. Da
ieri ne hanno collezionata
un’altra per non aver rispetta-
to il decreto.
Esercito e carabinieri si sono
spostati in corso Palermo, cor-
so Giulio Cesare. Un signore al-
la vista dei militari alza le brac-
cia in tono polemico. «Sto an-
dando a fare la spesa» borbot-
ta. Poi si mette in coda. «Rispet-
tate le distanze», ripetono i sol-
dati. Qualche residente ringra-
zia: «Era ora. Da queste parti,
per colpa dei soliti, facciamo
sempre la figura di quelli che
se ne fregano. Ma non è così».
I torinesi, abituati al rigore,
segnalano le infrazioni. «Rice-
viamo fino a 400 telefonate al
giorno - dice il questore Giu-
seppe De Matteis - e per il 75%
sono richieste di intervento
per il mancato rispetto delle
misure anti contagio. Sono
quasi tutte segnalazioni atten-
dibili ed esatte. Ai cittadini pe-
rò chiedo di non abbandonarsi
a degenerazioni e a eccessi, se
vedono assembramenti o si-
tuazioni anomale: ci sono le
forze di polizia a vigilare sul ri-
spetto delle regole. Come poli-
zia stiamo facendo grandi sa-
crifici in termini di turni e con-
trolli del territorio. E Torino
sta rispondendo bene alla gra-
vità della situazione». —
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FOTO ALEX FIUMARA

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i controlli

L’esercito svuota


Barriera -


Il questore: reati


ai minimi storici


1.Una sola auto sul
ponte della Gran
Madre


  1. Il Borgo medieva-
    le, deserto dopo la
    chiusura dei parchi.

  2. Piazza Carlo Feli-
    ce e la stazione Por-
    ta Nuova.

  3. Porta Susa e la
    Spina

  4. Piazza Vittorio
    Veneto, senza ani-
    ma viva

  5. Piazza San Carlo
    al calar della sera
    svela inaspettate
    geometrie
    Foto di
    Alex Fiumara


IL CORONAVIRUS IL CORONAVIRUS

Funzionano le strutture al chiuso di Porta Palazzo

Torino ferma i mercati

Torneranno con regole

e accessi contingentati

REPORTAGE

IL CASO

Anche le moschee sono chiuse

Porta Palazzo vista dal drone

*

*

Un lettore scrive:


«Mi chiedo dove sia l’Appendi-
no! Non vedo una costante pre-
senza della nostra Sindaca. Sia-
mo a Rivoli, ma la riteniamo in-
sieme al nostro Sindaco Traga-
ioli (che si sta dando abbastan-
za da fare) un faro illuminante.
Ma vorremo da Lei maggiore
presenza, impegno e dialogo.
Questa mia lettera deve essere
di sprone, che non si lascino soli
i cittadini».
EZIO ROATTA


Un lettore scrive:


«In questi giorni, in cui la nostra
solita vita frenetica si è fermata
tutta di colpo ho avuto modo di
guardare tutto con occhi diver-


si. Ho avuto la possibilità di leg-
gere gli articoli e di vedere con i
miei occhi le testimonianze di
chi lavora 24 ore al giorno per
fermare questo virus o di chi ha
perso un proprio caro senza
nemmeno potergli dare un ulti-
mo saluto. E lo facevo in silen-
zio con le lacrime negli occhi
perché nel frattempo guardavo
la mia bambina ed avevo, ho
paura di poter essere io a farle
del male portandomi a casa que-

sto maledetto virus dal lavoro.
Ogni giorno però esco di casa,
salgo in ambulanza e cerco di fa-
re al meglio il mio lavoro che
amo così tanto cercando di por-
tare una speranza ed un sorriso
a coloro che ci chiamano in cer-
ca di aiuto. Come tutti i medici,
gli infermieri ed il personale sa-
nitario siamo in trincea e non ci
tiriamo indietro. Abbiamo biso-
gno dell’aiuto di tutti, chiedo
per favore ad ognuno di svolge-

re il proprio compito con dili-
genza, anche fosse solo quello
di rimanere semplicemente
dentro la propria casa. E tutti in-
sieme riusciremo a vincere que-
sta battaglia, come individui e
come Paese».
BC

Un lettore scrive:
«Ancora un esempio di come la
burocrazia uccida l’Italia. L’ospe-

dale di Verduno (vicino ad Al-
ba), bloccato da 20 anni ed inuti-
lizzato, inizierà ad operare fra
dieci giorni perché di colpo sono
stati rimossi tutti gli ostacoli che
impedivano l’apertura. È il caso
di dire: «Grazie coronavirus!» Ci
voleva l’emergenza di questi
giorni per far capire che proce-
dure, carte bollate, timbri sono
inutili e che le opere necessarie
si debbono realizzare senza se e
senza ma. Dopo il ponte Moran-

di a Genova, l’ospedale di Verdu-
no in Piemonte: speriamo sia so-
lo l’inizio. Un invito ai burocrati
che per venti anni hanno campa-
to alle spalle dell’opera: mettete-
vi in fila come volontari e chiede-
te scusa!»
CRISTIANO URBANI

Una lettrice scrive:
«Sono una ragazza di 29 anni.
Vorrei spronare tutti i giovani di
iniziare a fare volontariato per
la nostra generazione più anzia-
na. Ricordiamoci che i nostri an-
ziani sono un patrimonio cultu-
rale per noi giovani. Ringrazio i
medici che ci stanno mettendo
la loro faccia e la loro salute per
arginare questa epidemia».
FALCO JESSICA

Specchio dei tempi

«Appendino sia più presente» - «Io, in prima linea, vi dico state a casa»
«Così l’emergenza batte i burocrati» - «Aiutate gli anziani, sono la nostra memoria»

CONTRO IL CORONAVIRUS - http://www.specchiodeitempi.org/virus - [email protected] - info: 011.6568376

LUNEDÌ 23 MARZO 2020 LASTAMPA 35
CRONACA DI TORINO

T1
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