La Stampa - 23.03.2020

(Elle) #1
MARIA TERESA MARTINENGO
Un pc o un tablet per ogni
bambino. E in fretta. Solo così
gli alunni che hanno più biso-
gno, i figli di tante famiglie im-
migrate soprattutto, potran-
no restare in contatto con i
propri insegnanti: «La mia Mi-
chelle avrebbe bisogno del ta-
blet che ora ha il tuo Philip, mi
ha detto la collega l’altro gior-
no. Il fatto è che non ne abbia-
mo per tutti – dice Annarosa
Iacovino, maestra alla prima-
ria Pestalozzi-Gabelli di Bar-
riera di Milano - Una mamma
mi ha chiesto se è vero che co-
me classe ci troveremo on line
tutte le mattine alle 9: in fami-
glia hanno un solo tablet e ci
sono altre due ragazze, oltre

al bambino che frequenta da
noi. Anche le figlie hanno biso-
gno di collegarsi. In una scuo-
la come la nostra bisognereb-
be dare un dispositivo per fa-
miglia, perché gli sforzi sono
notevoli ma la tecnologia di
cui dispongono non è suffi-
ciente».
Urge fare presto per non la-
sciare indietro nessuno. Ma-
gari anche superando il siste-
ma dei bandi, che ci sono, ma
che richiedono tempo. Altro-
ve ci si è mobilitati. All’Istitu-
to comprensivo Tommaseo
nei primissimi giorni di chiu-
sura è stata fatta una verifica.
Il risultato? «Due bambini per
classe, in media, non sono at-
trezzati per lavorare da casa e

non hanno i mezzi economici
per provvedere - dice la presi-
de Lorenza Patriarca - Per que-
sto la scuola ha dato in presti-
to tutti i tablet e i pc di cui di-
sponeva e ha avviato una rac-
colta fondi per acquistarne al-
tri». Anche la maestra Iacovi-
no, che è vicaria della dirigen-
te dell’Ic Gabelli, parla di un
monitoraggio: «Nella mia
classe ogni famiglia ha alme-
no uno smartphone, alcune
ne anche due o tre: riusciamo
a collegarci tutti, compreso la
bimba con ipoacusia, assistita
a distanza dall’educatrice. Ab-
biamo provato a incontrarci
con Meet, dato a tutte le fami-
glie un indirizzo di posta per
collegarsi. Poi con Google

Classroom abbiamo provato
a fare compiti: qualcuno rie-
sce ma in generale uno smart-
phone non basta».
A lla Gabelli, come in tutta
Barriera, restano problemi di
base: «Nella mia classe, solo
in una famiglia su 21 c’è la
mamma italiana, tutte le altre
sono di origine straniera. Ce
la mettono tutta, mandano fo-
to dei compiti. Lavoro qui da
19 anni e posso dire che i no-
stri bambini hanno veramen-
te bisogno di contatto, la scuo-
la è l’unico punto di aggrega-
zione».
«Il problema – ribadisce la
preside Damiana Periotto – è
sui dispositivi. Il decreto Cura
Italia mette a disposizione ri-
sorse per acquistarne. Pur-
troppo questo non potrà avve-
nire in tempi rapidissimi. An-
che alle medie non riusciamo
a includere tutti. Restano lon-
tani il ragazzino appena arri-
vato dal Sud America, la ra-
gazzina siriana». Così le dispa-
rità si ampliano. «Teniamo
presente – conclude Iacovino


  • che alcune madri non sono
    in grado di creare un account.
    Purtroppo in passato nessuno
    ha dato rilevanza a questi
    aspetti. Certo, a settembre tut-
    ti gli argomenti saranno ripre-
    si, ma i bambini e i ragazzi che
    passeranno dalla quinta alla
    prima media o dalla terza alle
    superiori? ». —
    © RIPRODUZIONE RISERVATA


I

minori con situazioni fa-
miliari precarie sono tra i
cittadini che le restrizioni
hanno reso più esposti.
«Rischiano di non poter esse-
re protetti da maltrattamenti
e abusi». Ne parla l’Anfaa, As-
sociazione nazionale famiglie
adottive e affidatarie. «Con
queste disposizioni si danno
indicazioni sui minori affidati
o inseriti in comunità, ma le
nostre preoccupazioni – dice
Frida Tonizzo – sono rivolte a
quelli che vivono in famiglie
maltrattanti, dove in questi
giorni non arrivano l’attenzio-
ne e l’intervento di operatori
esterni: costretti a stare in ca-
sa, non vanno a scuola da 15
giorni e chissà quando ci tor-
neranno, non frequentano
centri o oratori». Di questo si
occupa anche Emma Avezzù,
procuratore della Repubblica
presso il Tribunale per i mino-
ri di Torino.
Dottoressa, l’Anfaa segnala
difficoltà per i minori in comu-
nità o rientrati nella famiglia
d’origine da periodi di affido.
I colloqui nei luoghi neutri
non si fanno, i genitori non
consentono i contatti previsti
con gli affidatari.
«Nelle comunità ci sono limita-
zioni, per esempio non è possi-
bile uscire per rientrare in fa-
miglia nel weekend. In alterna-
tiva si deve procedere con vi-
deochiamate o, dove non pos-
sibile, con telefonate».
Cosa succede per gli inseri-
menti?
«Ci sono difficoltà anche in
questo caso, per motivi di igie-
ne. Non è detto, infatti, che chi
non ha febbre non sia contagio-
so. D’altra parte nel caso di
maltrattamenti non è pensabi-
le lasciare il minore a casa. È
complicato».
Si dice che il virus azzeri le dif-
ferenze, ma nel caso delle per-
sone più fragili le sta accen-
tuando.

«Questa situazione accentua
le differenze sociali e culturali.
Nelle famiglie che hanno stru-
menti per continuare a fare
scuola, a intrattenere e stimo-
lare i figli, non cambia molto.
Dove questo non c’è, diventa
drammatico».
Aumenta anche il rischio di
violenza?
«Se c’è un conflitto latente il ri-
schio aumenta. Pochi giorni fa
abbiamo dovuto arrestare un
minore che aveva compiuto at-
ti di violenza contro i genitori
e i fratelli. Di regola il nostro in-
dirizzo è di non arrestare, ma
di affidare ai genitori. In que-
sto caso non sarebbe stato pos-
sibile. Ora anche il Ferrante
Aporti è strapieno. La situazio-
ne è molto pesante, in questa
fase aumenta la tendenza alla
violenza a tutti i livelli».
Le forze dell’ordine segnala-
no che i giovanissimi sono po-
co consapevoli su come com-
portarsi in quarantena. Rice-
vete tante denunce?
«Tutte sono per violazione
dell’articolo 650, cioè delle re-
strizioni imposte. Non ci si ren-
de conto che si tratta di un rea-
to. Troppi ragazzi continuano
a uscire esponendo se stessi e i
famigliari a rischi. È una situa-
zione seria che purtroppo a vol-
te vede coinvolti anche i geni-
tori, che accettano di portare i
figli in giro».M. T. M. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Le scuole di periferia


“Tanti bimbi senza pc


Così si resta indietro”


L’allarme di presidi e docenti: mancano tablet e telefoni


E tempi per accedere ai fondi del governo sono lunghi


SABRINA PANTANO Insegnante alla Gabelli di Barriera di Milano

“Alla mia lezione on line


ho solo tre alunni su venti”


Una lezione a scuola con l’ausilio di pc e dispositivi informatici

SABRINA PANTANO
INSEGNANTE
SCUOLA GABELLI

IL CORONAVIRUS

MATTEO ROSELLI

I


l trillo sul gruppo Wha-
tsapp suona come una
campanella virtuale. La
maestra scrive: «Andate
su Classroom che oggi provia-
mo a fare lezione». Ma quan-
do si apre lo schermo ci sono
solo tre bambini connessi su


  1. Così la lezione si trasfor-
    ma in una chiacchierata sulla
    vita in quarantena all’epoca
    del Coronavirus. La didattica
    online nelle periferie è una
    chimera. Lo racconta Sabri-
    na Pantano, che da 14 anni in-


segna alla scuola elementare
Gabelli in Barriera di Milano.
In questi giorni è bloccata a
Siracusa, la sua città natale, e
ogni giorno cerca di fare un
passo avanti nel programma
scolastico scombussolato dal
virus.
Come procede l’organizza-
zione della didattica onli-
ne?
«Molto male. Da quando è
scoppiata l’emergenza, a feb-
braio, provo a mettermi in
contatto con i miei alunni,
per recuperare almeno in pic-
cola parte il primo mese di
scuola perso. Però fino ad ora
è stato impossibile».

Quali sono le difficoltà ri-
spetto ad una lezione in clas-
se?
«Tantissime, soprattutto per
una scuola di periferia, dove
a pesare su tutto è la disponi-
bilità economica dei genito-
ri. Molti bambini non hanno
la stampante, né un compu-
ter. Magari hanno uno smart-
phone, ma senza la linea
wi-fi in casa diventa impossi-
bile passare documenti o con-
versare come durante una le-
zione in classe. E l’acquisto di
uno di questi strumenti non è
contemplato: le famiglie non
possono permetterselo. An-
che la cosa meno dispendio-

sa, ovvero la stampa dei docu-
menti, diventa difficile quan-
do hai più figli e ogni pagina
ti costa minimo 20 centesi-
mi. A questo poi si aggiungo
le barriere linguistiche. In
classe ci sono tanti stranieri,
molti si sono trasferiti qui da
poco più di un anno e i genito-
ri non parlano italiano. A
scuola era tutto più facile,
perché si poteva contare sem-
pre sulla presenza di un’altra
mamma straniera in Italia da
diversi anni che traduceva le
conversazioni, ora è compli-
cato».
Quindi per ora non si parla
di lezioni.
«Chiaro. Più che insegnare,
in questi giorni stiamo cer-
cando di tenerci in contatto
con i bambini: per loro l’inse-
gnante è come una seconda
mamma e il distacco pesa.
Siamo come un comandante
che non sta abbandonando
la nave che affonda, ma che
allo stesso tempo non può di-
rigerla».—
© RIPRODUZIONE RISERVATA

EMMA AVEZZÙ Procuratore Tribunale minori


“Troppi ragazzi denunciati ora perché escono”


“In famiglie a rischio


la violenza aumenta


Quadro drammatico”


Emma Avezzù, procuratore

FOTOGRAMMALIAMAIANDROS

Mi sento come
il comandante
che non abbandona
la nave ma che
non può dirigerla

INTERVISTA

INTERVISTA

ANDROS

LUNEDÌ 23 MARZO 2020LASTAMPA 37
CRONACA DI TORINO

T1
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