L\'Espresso - 22.03.2020

(WallPaper) #1
Italiavirus / La prima linea

scono in silenzio dal turno in
terapia intensiva e dai reparti
Covid-19. Lo stesso sguardo
stravolto degli italiani dentro le trincee
del Carso o sul montacarichi che saliva
dall’inferno di Marcinelle. La stessa fac-
cia piagata di soldati e minatori, la pelle
solcata dall’elastico della mascherina, i
lividi sul naso, il cuore a pezzi. Infermiere,
infermieri, rianimatori, medici: giustissi-
mo chiamarli eroi, ma la loro dedizione è
quella di sempre. Lavoravano già così in
Lombardia, anche quando i posti veniva-
no tagliati, le cure ridotte, i bilanci degli
ospedali depauperati. La battaglia per
Milano che si sta combattendo in queste
ore non è diversa da quella per Bergamo e
Brescia, Lodi e Cremona. Più che una
guerra, sembra una prova generale per il
resto d’Europa: vedere come si resiste al
virus in una regione di dieci milioni di
abitanti. Magari senza abbastanza respi-
ratori né protezioni, che ci sarebbero, ma
li hanno bloccati per settimane nei ma-
gazzini in Germania e Turchia. L’Unione
Europea ci osserva, l’alleanza della Nato
tace. Ogni ora che si perde, aumentano
morti e malati. E con loro anche il nume-
ro di medici e infermieri contagiati, che
per questo devono mettersi in quarante-
na e abbandonare il campo.
Terminato il turno di dodici-tredi-
ci-quindici ore, liberato il viso e il corpo
dalla stoffa monouso, lavate e disinfettate
scrupolosamente le mani, resta qualche
minuto per aggiornare via chat i colleghi.

Il bollettino corre sui gruppi Whatsapp di
ogni singolo ospedale. Come questo: «Ti
auguro di non vivere quello che sta succe-
dendo qua nel mio reparto. Io vedo solo
morti, a decine, da soli e con fame d’aria»,
«È un disastro, morire vedendo solo noi
infermiere, sperando che arrivi un pallia-
tore a prescrivere la morfina», «Ma il me-
dico non la prescrive?», «La prescrive l’a-
nestesista perché i medici non hanno la
formazione giusta», «Anche da noi è
così», «Sono senza parole, ho solo un no-
do in gola e lacrime, vi abbraccio uno a
uno», «Anche da noi, medici e infermieri
positivi»... Continua da giorni, senza so-
sta, come le comunicazioni radio su un
campo di battaglia.
Il destino tra vita e morte in queste ore
è attaccato ai tubi di plastica dell’ossige-

E


LE CHAT SI MOLTIPLICANO,


PER SFOGARE LA DISPERAZIONE.


E SPESSO L’ULTIMO SALUTO A UN


PARENTE CHE SE NE VA AVVIENE


CON UNA VIDEOCHIAMATA

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