L\'Espresso - 22.03.2020

(WallPaper) #1

Prima Pagina Eurovirus / La Francia


Foto: D. Charlet - Afp / GettyImages


vid-19 sta correndo. È inito il tempo di cafè e brasserie. Si
chiude tutto, tranne le attività essenziali.
I francesi passano di corsa dalla normalità alla serrata,
sono smarriti. La sera prima del blocco totale nel 9 arrondis-
sement, tra i locali della movida parigina, la cameriera Emi-
lie si chiede «È davvero necessario? Capisco le discoteche e i
cinema, ma noi possiamo distanziare i tavoli». Emilie consi-
dera l’epidemia come qualcosa di astratto: «So che c’è que-
sto virus, ma io accanto ho solo persone che stanno bene».
Per molti che afollano ancora bar e ristoranti è solo
un sabato con l’occasione di un brindisi nuovo
«alla salute del virus!», «un bicchiere alla ine
del mondo!», sorridono homas e Luc, giova-
ni informatici. Un’incoscienza indotta da
comunicazioni contrastanti che appare in-
quietante per gli italiani trapiantanti Ol-
tralpe. «Sono rimasta esterrefatta, lo stesso
giorno in cui ho parlato con la mia famiglia
coninata alle porte di Roma, ho assistito a
una conferenza all’università di Lione con cen-
tinaia di persone convinte che il virus non avreb-
be toccate», spiega Marina Bellardinelli.
A lanciare da tempo la campagna #restezchezvous (resta-
te a casa n.d.r) sono invece i medici in prima linea. «Il model-
lo italiano deve entrare in vigore il prima possibile, è l’unica
salvezza. Deve esserci la serrata, le persone non possono
muoversi», dice Gilles Pialoux, primario del reparto di ma-
lattie infettive dell’ospedale Tenon di Parigi. Gli ospedali so-
no in tensione, la pressione monta. «Siamo già in una situa-
zione di crisi, le terapie intensive si stanno riempendo». Per
cercare di ammortizzare lo choc Pialoux è in costante con-
tatto con i colleghi di Bergamo e Milano: «Dobbiamo com-
battere una guerra e stiamo cercando di fare un fronte co-
mune, di trarre insegnamento dalla loro esperienza».
Intanto molti iniziano a preoccuparsi perché il governo


Lunedì 16 marzo: Macron annuncia ai francesi le nuove misure


ha stabilito di fare il tampone solo alle persone con sinto-
mi già ricoverate in ospedale, agli operatori sanitari e a
quelle particolarmente fragili e anziane. Per tutti gli altri
nulla. Non va meglio sul fronte mascherine. Dopo l’epide-
mia dell’inluenza suina i farmacisti sono obbligati a te-
nerne uno stock, ma ora le vendite sono contingentate,
come la produzione interna che è su commissione dello
Stato. Si tratta però delle mascherine chirurgiche, mentre
quelle speciiche per contrastare il coronavirus non ci so-
no e i sindacati di medici e infermieri le reclamano a gran
voce.
Troppo tempo sprecato. Senza nemmeno prepararsi
all’emergenza. E adesso è tardi. Nel peggior scenario, sen-
za interventi drastici, il comitato scientiico parla di 300
mila morti in pochi mesi. Anche i posti letto nelle terapie
intensive sono in rapporto agli abitanti gli stessi che in
Italia e i medici sono consapevoli del rischio di collasso.
«Abbiamo 5 mila letti che possono diventare 12 mila tra-
sformando le unità sub-intensive. Sono presenti sul terri-
torio in maniera più capillare dell’Italia, ma abbiamo me-
no centri di eccellenza. Stiamo cancellando tutti gli inter-
venti chirurgici programmati ordinari e cercando di spo-
stare tutti gli altri malati in strutture diverse», spiega
Jean-Michel Constantin, a capo dell’associazione medici
rianimatori ed anestesisti francesi.
Nella regione focolaio del Grand-Est tra Mulhouse e
Strasburgo, dove c’è stato un picco di contagi dopo un in-
contro religioso a metà febbraio, la crisi è già esplosa. «Su
cento letti in rianimazione, ne abbiamo solo due liberi e
siamo solo all’inizio», rivela il primario Jean-Phi-
lippe Mazzucotelli. E gli ospedali rischiano di
trasformarsi in incubatoi del virus: «Con la
terapia intensiva piena, alcuni contagiati
vengono trasferiti nella rianimazione chi-
rurgica polivalente con gli altri malati e
così è già successo che un mio paziente che
attendeva un trapianto di cuore ha preso il
C ov id-19».
Alle vittime del morbo manca l’aria, devo-
no essere intubati e anche qui, in quella che è
la Lombardia francese, i respiratori scarseggia-
no. «Possiamo requisire i respiratori dei blocchi
operatori, ma possiamo equipaggiare solo 50 letti. Se col-
pirà come in Italia, ne serveranno più del doppio», sospira
Mazzucotelli prigioniero da giorni in corsia. Perché a
mancare è anche il personale con competenze speciiche.
«Stiamo richiamando tutti quelli che hanno lavorato in
terapia intensiva. Abbiamo preparato dei piani di forma-
zione rapida: due settimane e poi all’opera. Corriamo con-
tro il tempo» avverte il professor Constantin. “12 mila” è il
numero chiave: è il massimo di malati che il sistema fran-
cese può accogliere nelle terapie intensive. E nelle parole
del primario, quel 12 mila viene evocato come la linea del-
la Marna nella Prima Guerra Mondiale: l’ultima trincea,
prima di venire travolti dall’invasione. Q
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