La Stampa - 21.03.2020

(Chris Devlin) #1
ALESSANDRO BARBERA

V

incenzo Boccia ri-
sponde al telefono
con la voce stanchis-
sima. I due mesi esat-
ti che gli restano come presi-
dente di Confindustria saran-
no i più difficili del mandato.
E’ convinto che per allora il
peggio sarà passato. Ieri ha
presentato un lungo docu-
mento in cui chiede al gover-
no misure straordinarie con-
tro la crisi.
Alcune banche d’affari so-
stengono che lo choc sarà for-
tissimo ma nella seconda par-
te dell’anno le cose migliore-
ranno. Goldman Sachs fa l’e-
sempio dell’attacco alle torri
gemelle. A Confindustria ave-
te fatto qualche stima sul pic-
co e sui tempi per il ritorno al-
la normalità?
«Abbiamo capito CHE il picco
potrebbe essere entro metà
aprile. Ma cambia poco: per
quanto rapida sarà la fine
dell’emergenza, ci sono mi-
gliaia di imprese che avranno
difficoltà ad andare avanti.
Sarà un anno molto, molto dif-
ficile».
Qual è la sua proposta?
«Occorre rifarsi alle risorse
del fondo salva-Stati senza al-
cuna condizionalità. L’emer-
genza va affrontata in chiave
italiana ed europea con gli
strumenti che abbiamo indica-
to nel documento. Questa cri-
si porterà a un livello prossi-
mo a zero della domanda sal-
vo che per i beni essenziali. Il
decreto del governo va bene
per gestire l’emergenza. Le
aziende sono già di fronte ad
una crisi di liquidità: occorre
una sospensione dei termini
fiscali e contributivi, evitare
che debbano anticipare la cas-
sa integrazione, intervenire
immediatamente per supera-
re la fase di transizione. Que-
sto consentirà di evitare dan-
ni irreversibili».
Pensa che la richiesta di attin-
gere al fondo salva-Stati non
sia una richiesta implicita di
assistenza dell’Italia?
«La sospensione del Patto di
Stabilità dimostra che sono tut-
ti consapevoli della gravità del-
la crisi. Occorre un “whatever
it takes” a favore delle impre-
se: piccole, medie e grandi.
Per realizzarlo occorre uno
strumento che garantisca liqui-
dità. La nostra proposta è quel-
la di permettere l’accesso a un
fondo di garanzia da estingue-
re su base trentennale».
Non crede che la prima cosa
da fare sia anche ricostruire
la fiducia a chi spende?
«E’ esattamente la ragione per
la quale facciamo questa pro-
posta. Siamo di fronte ad uno
choc della domanda. Ci vor-
ranno mesi per riassorbirlo.
Chi pensa oggi a comprare
un’auto? Una borsa, un paio di

scarpe? Siamo dentro una
guerra, anche nei comporta-
menti. Ci vorrà tempo per tor-
nare alle abitudini di prima. E
nel frattempo occorre evitare
che restino solo macerie».
Che ne pensa della polemica
attorno alla chiusura antici-
pata dei supermercati?
«Ogni scelta ha delle conse-
guenze. Più accorci l’orario
dei negozi, più c’è la possibili-
tà che si creino file all’esterno.
Se l’obiettivo è tutelare mag-
giormente la salute delle per-
sone, non mi pare una ipotesi
efficacissima».

Si aspettava la violenza con
cui il coronavirus si è abbattu-
to su Bergamo?
«Dicono che le aziende non
hanno chiuso anche grazie al-
la nostra pressione. Non ci
aspettavamo un’epidemia del
genere. Ma noi non siamo viro-
logi, non è il nostro mestiere.
Abbiamo sottovalutato la si-
tuazione? Può darsi. I proble-
mi ora mi paiono altri».
Cosa direbbe se il governo de-
cidesse di fermare le aziende
in alcune zone del Paese?
«Non spetta a noi fare queste
valutazioni. Spettano agli
esperti della sanità e della poli-
tica. La Lombardia è il cuore
pulsante dell’economia italia-
na. Se finora le aziende sono ri-
maste aperte, è stato per evita-
re di rimanere tagliata fuori da
filiere importantissime della
manifattura mondiale. Ora sia-
mo entrati in una fase del tutto
nuova: l’emergenza è conti-
nentale».
Quindi se sarà necessario fer-
mare le aziende non direte
nulla? E’ così?
«Gli imprenditori sono i primi
a essere preoccupati. Per noi la
cosa più semplice in questo
momento sarebbe chiudere
tutti i capannoni senza assu-
merci nessuna responsabilità
né penale né nei confronti del
Paese. Per noi conta guardare
avanti. Se il governo deve fer-
mare tutto in alcune zone del
Paese, lo faccia. Non spetta a
noi deciderlo. Sia però chiara
una cosa: stiamo combatten-
do una guerra, e per non tro-
varsi solo con macerie bisogna
occuparsene ora». —
Twitter @alexbarbera
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Il picco dell’epidemia
sarà a metà aprile,
ma migliaia di imprese
avranno difficoltà ad
andare avanti

PAOLO POSSAMAI

«P

enso che i go-
verni nazionali
europei e il
London Stock
Exchange dovrebbero di con-
certo sospendere le Borse. For-
se basta un mese, il tempo ne-
cessario a superare l’onda di
piena del virus. E magari con-
tagiamo anche Wall Street».
Alessandro Benetton, 56 anni,
fondatore e presidente di “
Invest”, sa bene di pronuncia-
re una bestemmia per i capitali-
sti e per la cultura liberale. «Mi
auguro che la sospensione del
Patto di stabilità da parte
dell’Ue sia l’inizio di una rispo-
sta forte dell’Europa». Ma ag-
giunge che «se non facciamo
nulla, e consentiamo il tracol-
lo quotidiano, ci troveremo in
particolare le aziende italiane
saccheggiate e rilevate per va-
lori risibili. Saranno boccheg-
gianti perché prive di finanza.
Dobbiamo fermare la emorra-
gia, dicendo che le Borse non
possono oggi rappresentare i
valori autentici».
Una tesi molto forte e che tro-
verà opposizioni radicali.
«Prendo spunto dal pensiero
di Yuval Noah Harari, saggi-
sta israeliano portatore di un
formidabile pensiero laterale.
Rispondiamo al virus come
singoli Stati o cogliamo l’occa-
sione per un progetto globa-
le? Introduciamo per via di tec-
nologie sempre più invasive
un controllo permanente
sull’individuo oggi, con il mo-
tivo o il pretesto del virus, op-
pure consentiamo al singolo
di sviluppare il suo spirito civi-
le e la sua propensione solida-
ristica? Le fasi di emergenza
vanno colte nelle loro implica-
zioni etiche e filosofiche, poi-
ché le discontinuità che intro-
ducono possono essere di lun-
go periodo. Il virus ci interro-
ga ma dobbiamo arrestarne
gli effetti più deleteri. Anche
in Borsa: tenerla aperta equi-
vale a giocare al casinò».
Ma questo suo punto di vista
è condiviso dal mondo finan-
ziario?
«Riguardo a chi opera nell’eco-
nomia reale, tantissimi im-
prenditori e soggetti finanzia-
ri sanno perfettamente di scri-
vere i loro piani sull’acqua, in
condizioni di totale non preve-
dibilità degli eventi. A mio av-
viso l’approccio di tanti big del
mondo finanziario denuncia
un’allarmante sottovalutazio-
ne, ci portano fuori strada. A ri-
sparmiatori e singole imprese
propongono una logica
dell’azzardo, poiché fondata
sul depistaggio».
Ritiene che le misure straordi-
narie approntate dalle ban-
che centrali siano sufficienti?
«Qe e politica monetaria
espansionistica non sono la
cura, piuttosto un farmaco

placebo. Le banche centrali ri-
spondono con vecchie muni-
zioni a una insidia senza pre-
cedenti. Non possono fare al-
trimenti. Ma siamo appena
agli inizi di una inedita crisi fi-
nanziaria, che può generare
un terremoto economico. Nel-
le aziende tutti stiamo facen-
do piani che sappiamo doma-
ni dovremo cambiare».
Chi non le vuole bene dirà che
cerca di proteggere le azien-
de della famiglia.
«Non raccolgo. Secondo voi
che le utility o le banche o le
aziende del settore moda ita-

liane siano scalabili per quat-
tro soldi non è un tema di inte-
resse nazionale? A me questo
preme: evitare la devastazio-
ne della finanza d’assalto,
che è l’inverso di quel che fac-
ciamo con la nostra 21 Invest
da sempre».
La sua 21 Invest detiene parte-
cipazioni in aziende italiane
e francesi. Come stanno di sa-
lute?
«Abbiamo in portafoglio 7
aziende italiane e 5 francesi.
In generale siamo sereni per-
ché, essendo investitori di lun-
go periodo, non abbiamo mai
stressato il debito. Non faccia-
mo trading ma finanza applica-
ta alla industria. E però il tema
della cassa arriva per tutti».
Avete in portafoglio anche
aziende del settore medicale
o alimentare, ossia le anti-ci-
cliche attuali?
«La Sifi di Catania è leader ita-
liana nei prodotti per la cura
delle malattie degli occhi. Ma
siccome tutti gli sforzi della sa-
nità sono altrove, anche que-
sta impresa ne risente. Unica li-
nea possibile: contenere i co-
sti. Abbiamo anche partecipa-
zioni nel settore vinicolo, che
nel mercato interno continua
a andare bene per via delle ven-
dite nei supermercati. La Car-
ton Pack, azienda leader italia-
na nel packaging in plastica ri-
ciclata e cartone, ha un buon
andamento. Ma parliamo di
nicchie. In generale siamo alla
paralisi, specie nel lusso».
E le aziende francesi che con-
trollate come vanno?
«Le francesi hanno lo stesso
percorso delle italiane, con
due settimane di ritardo». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

FABIO MARTINI
ROMA

L’


incertezza che aleg-
gia sul destino di mi-
lioni di italiani sem-
pre più spesso si ma-
terializza in stime fortemente
evocative, che aiutano a capi-
re quel che attende il Paese. La
prima è una stima non ufficia-
le ma significativa, che preve-
de per l’anno in corso una de-

crescita del prodotto interno
lordo italiano di circa 5 punti.
Il professore “bocconiano” Ti-
to Boeri, docente di Economia
del lavoro, già consulente del
Fondo monetario internazio-
nale, della Commissione euro-
pea, già presidente dell’Inps,
la legge così: «È uno scenario
possibile, ma prematuro. Per
esprimerci occorre anzitutto
capire quanto è calato il Pil nel
primo trimestre...».
Questi numeri sono impor-
tanti per capire se ci attende

un futuro da bancarotta o
una recessione gestibile?
«Gennaio è andato bene, feb-
braio è stato piatto, marzo è an-
dato sicuramente male, ma
proprio quando avremo i dati
del trimestre, saremo in grado
di fare previsioni sull’arco
dell’anno, ipotizzando che l’e-
mergenza più acuta si esauri-
sca nel mese di maggio. Se poi
nel primo semestre avessimo
una caduta del Pil attorno al
10 per cento, è presumibile
che, pur mettendo nel conto

un forte rimbalzo in autunno,
potremmo chiudere l’anno
con una decrescita finale del 5
per cento».
Una caduta con effetti doloro-
si sul piano produttivo e socia-
le?
«Se ci sarà una risposta comu-
ne dell’Europa, se prosegui-
ranno le decisioni incorag-
gianti come quella assunta
dalla Bce e quelle sul possibile
utilizzo incondizionato del
Salva-Stati, andremo incon-
tro ad una fase negativa, ma
abbiamo già fronteggiato re-
cessioni di questa entità. Con
un impegno dell’intera Euro-
pa, saremo in grado di gestire
un debito inevitabilmente de-
stinato a crescere».
Secondo l’Organizzazione
mondiale del lavoro la crisi
potrebbe produrre 25 milioni
di disoccupati.
«Anche in questo caso ogni sti-
ma sarebbe prematura. Sicura-
mente nell’immediato avremo
salari ridotti. Ma la scelta che
stiamo facendo noi italiani è
giusta. Utilizzando la Cassa in-
tegrazione guadagni, le perso-

ne non perdono il lavoro e le
aziende non perdono i propri
lavoratori. Siamo davanti ad
una crisi esogena al mondo del-
le imprese ed è una crisi tempo-
ranea: ne usciremo».
Dopo mesi di smart working,
ne usciremo con una parziale
ma innovativa riconversione
dell’organizzazione del lavo-
ro?
«Penso di sì. Molte delle resi-
stenze allo smart working so-
no state superate sotto l’incal-
zare dell’emergenza, ma sino
ad oggi le opposizioni erano
venute dai dirigenti, che teme-
vano un calo della produttivi-
tà, e dai sindacati. Resistenze
tra loro intrecciate e conver-
genti su un punto: assegnare o
meno obiettivi individuali. Ma
non prevedere degli obiettivi,
è rischioso, perché può ridurre
di molto la produttività. Ma
dobbiamo essere consapevoli
che in questi giorni lo smart
working si sta svolgendo nelle
condizioni peggiori: molti han-
no i figli a casa tutto il giorno.
Comunque, avendo a disposi-
zione giornate più lunghe, si

creano momenti nei quali si
può recuperare il ritardo che
via via si accumula».
In questa crisi la sanità italia-
na si è mostrata piena di eccel-
lenze, ma spiazzata nei suoi
avamposti migliori: c’è una
ragione di spesa pubblica?
«La sanità italiana è considera-
ta efficiente perché effettua
un servizio universale con
buona qualità in alcune regio-
ni e perché ci “costa” poco:
spendiamo 2-3 punti di Pil in
meno rispetto ad altri grandi
Paesi. Abbiamo capito di aver
lavorato sinora a capacità pie-
na senza avere risorse in caso
di emergenza. Una parte di
quei 3 punti potremo spender-
li per la sanità se capiremo
che non si pensa agli anziani
spendendo di più in pensioni,
ma investendo sulla loro salu-
te; che l’evasione fiscale fa pa-
gare un costo in termini di vi-
te umane al resto della colletti-
vità; che in caso di gravi emer-
genze, le strutture private do-
vranno intervenire ai costi del
pubblico». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Sospeso il Patto di stabilità Ue


Via libera alla spesa anti-virus


Apertura sugli eurobond. Ma nella Ue e alla Bce è scontro con i “falchi”


750
Miliardi di euro: gli aiuti
della Bce per rilanciare
l’economia europea
dopo la pandemia

L’EMERGENZA CORONAVIRUS

ALESSANDRO BENETTON Il presidente di 21 Invest

“Un mese di stop

alle contrattazioni

in tutte le Borse”

VINCENZO BOCCIA Il presidente di Confindustria

“Per chiudere

serve un piano

contro la crisi”

INTERVISTA/

ALESSANDRO BENETTON
FONDATORE E PRESIDENTE
DI 21 INVEST

VINCENZO BOCCIA
PRESIDENTE
DI CONFINDUSTRIA

GIANLUCA PAOLUCCI
La Ue sospende il patto di stabi-
lità. Di fatto, il via libera agli
Stati di pompare denaro nelle
rispettive economie. Ma nelle
istituzioni europee resta lo
scontro tra falchi e colombe
sulle contromisure da adotta-
re per contrastare gli effetti del
coronavirus sui cittadini, sui si-
stemi sanitari e sull’economia
del continente.
L’annuncio della presiden-
te della Commissione Ue, Ur-

sula von der Leyen - l’attivazio-
ne della cosiddetta General
escape clause, la clausola che
consente la sospensione tem-
poranea del Patto di stabilità -
non arriva a sorpresa. Da gior-
ni ormai, con il progredire del
numero dei contagi, sono cre-
sciute le pressioni dei paesi
più colpiti - oltre all’Italia, an-
che la Spagna e la Francia - per
una iniziativa comunitaria. La
clausola, inserita nel Patto
nel 2011, non era mai stata at-

tivata né discussa finora.
Quello annunciato ieri deve
essere un primo passo: «Propo-
niamo la massima flessibilità
per le regole di bilancio che
consentiranno ai nostri gover-
ni nazionali di supportare tut-
ti: i loro sistemi sanitari, il per-
sonale e le persone così grave-
mente colpite dalla crisi. Vo-
glio assicurarmi che risponde-
ranno nel migliore dei modi al-
la dimensione umana e socioe-
conomica della pandemia di

coronavirus», ha detto la von
der Leyen. E la Commissione,
con la stessa presidente e con il
commissario italiano, Paolo
Gentiloni, apre agli eurobond,
o coronabond, «se fossero
strutturati adeguatamente».
Primo passo, come detto,
perché «libera» i singoli paesi
dai vincoli di spesa ma ancora
non attiva meccanismi di soli-
darietà a livello continentale.
Di questo si è parlato ieri in
una sorta di mini-eurogruppo

dove si sono trovati gli uni di
fronte agli altri i falchi e le co-
lombe. Spagna, Italia e Fran-
cia da un lato, Olanda, Finlan-
dia e Germania dall’altro, con
il portoghese Mario Centeno
nel ruolo di mediatore, per cer-
care di trovare una posizione
comune tra le richieste dei pae-
si più colpiti - gli eurobond per
finanziare la spesa, l’utilizzo
dei 500 miliardi del Mes propo-
sto da Giuseppe Conte - e le ri-
gidità dei paesi rigoristi che si
oppongono all’idea stessa di
«mutualizzare le perdite», in-
dipendentemente dal fatto
che il continente sia chiamato
ad affrontare la crisi peggiore
dalla fine della seconda guer-
ra mondiale.
Gli stessi schieramenti, guar-
da caso, pur con protagonisti
diversi si erano confrontati al-
la vigilia a Francoforte, nel con-
siglio d’emergenza della Bce
che ha varato il piano di acqui-
sti di titoli da 750 miliardi an-
nunciato nella serata di merco-

ledì. Anche qui, riferiscono va-
rie fonti di stampa, è andata in
scena la stessa contrapposizio-
ne tra chi chiedeva misure de-
cise per dare una risposta chia-
ra ai mercati e chi voleva più
garanzie e paletti sulle modali-
tà di utilizzo dei fondi.
L’azione della Bce ha comun-
que avuto l’effetto di placare le
vendite sui titoli di Stato italia-
ni, con lo spread che è sceso
nuovamente sotto i 200 punti
base. E di ridare tono alla Bor-
sa, con Piazza Affari in rialzo
dell’1,71%. Ma lo spettro della
recessione spaventa anche
Wall Street, con l’indice Dow
Jones che chiude a -4,55% e il
Nasdaq in calo del 3,79%.
Intanto il Fondo monetario
rivede le stime di crescita per
l’Italia con una calo secco del
pil per gli effetti della crisi sani-
taria. Una revisione ancora
provvisoria, probabilmente:
le stime del »ondo sono aggior-
nate all’11 marzo scorso. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

MARIA LAURA ANTONELLI / AGF

KENZO TRIBOUILLARD / AFP

-4,5%
Il calo dell’indice Dow
Jones della Borsa di
New York: l’America
teme la recessione

3%
Il vincolo Ue sul
rapporto deficit/Pil che
potrà essere superato
dagli Stati in crisi

L’EMERGENZA CORONAVIRUS

Di questo passo
gruppi stranieri
compreranno
le nostre aziende
a prezzi risibili

Bisogna fermare
l’emorragia
Andiamo verso
un tracollo
finanziario mai visto

Le iniezioni
di liquidità delle
banche centrali
non sono la soluzione
ma solo un placebo

L’emergenza va
affrontata in chiave
italiana ed europea
con le risorse
del salva-Stati

Serve un fondo
di garanzia da
estinguere su base
trentennale per dare
liquidità alle imprese

INTERVISTA/2 INTERVISTA/

TITO BOERI L’economista: ma se l’Europa

ci dà una mano gestiremo tutte le difficoltà

“Rischiamo

di perdere

fino al 5% di Pil”

Tito Boeri

BLOOMBERG FINANCE LP/GETTY

Il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen a Bruxelles

SABATO 21 MARZO 2020LASTAMPA 11
PRIMO PIANO
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