La Stampa - 21.03.2020

(Chris Devlin) #1
Annullati i concerti della celebre fanfara

La Taurinense ripone trombe e clarinetti


Gli alpini-musicisti scendono in campo


GUIDO NOVARIA

L


a sala prove alla caser-
ma Monte Grappa,
cuore operativo della
brigata Taurinense, si
è svuotata all’improvviso. Per i
34 alpini-musicisti della fanfa-
ra, guidata dal maresciallo
Marco Calandri, l’ordine di
mettere in quarantena trom-
be, clarinetti e basso tuba non
è stata una sorpresa, visto il
crescere delle richieste d’inter-
vento dell’Esercito.
Addio, o meglio arrivederci,

per qualche mese alla fanfara
della Taurinense, la celebre co-
lonna sonora dei più importan-
ti eventi che hanno per prota-
gonisti le penne nere. «Nella
storia della fanfara bisogna an-
dare al 1994 per ricordare un
altro stop della nostra banda –
ricorda Calandri – quando i
musicisti vennero utilizzati
per spalare terra e fango nel
Piemonte alluvionato». Allora
pale e secchielli presero il po-
sto degli strumenti, mentre og-
gi gli alpini-musicisti saranno

impegnati nell’operazione
«Strade sicure» o nel controllo
delle strutture sanitarie dove
vengono curati i contagiati, o
ancora nei servizi collegati
all’emergenza Coronavirus.
Dicono al comando della
Taurinense: «Quello che stia-
mo vivendo è un momento di
emergenza che ci unisce in
questa difficile battaglia con-
tro un nemico invisibile. An-
che la nostra brigata alpina è
in linea con tali disposizioni
pur avendo, come tutta la For-

za Armata, l’onere di conserva-
re alto il livello di operatività
per mantenere inalterate le ca-
pacità di svolgere i compiti isti-
tuzionali, che ci vedono impe-
gnati ad assicurare alla popola-
zione sostegno e sicurezza».

La fanfara della Taurinense
ha scelto il sito web dell’Asso-
ciazione nazionale alpini per
giustificare il blocco dell’attivi-
tà: «Stavamo preparando i con-
certi per i Casta, le olimpiadi in-
vernali delle truppe alpine di

tutt’Europa, per il giuramento
solenne in programma a Mila-
no e per l’adunata nazionale
degli alpini prevista a Rimini
per maggio, ma poi rinviata»
aggiunge il maresciallo Calan-
dri. «A malincuore abbiamo
cancellato tutti gli impegni di
qui ai prossimi mesi, in un’e-
mergenza simile anche un nu-
cleo di 34 uomini e donne co-
me la nostra fanfara può risol-
vere situazioni critiche».
Un arrivederci dove il mare-
sciallo Calandri ha trattenuto
a stento la commozione: «Gli
alpini capiranno la decisione
dei nostri vertici: passata l’e-
mergenza torneremo a sfilare
come e più di prima, sostenen-
do i progetti di solidarietà che
ci vedono a fianco di tante as-
sociazioni». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

La fanfara della brigata alpina Taurinense

ROBERTO FROLLA
CAREGIVER

DANIELE
RIDER

IL CORONAVIRUS

In questo momento
il mio è un lavoro a
rischio, ma lo faccio
volentieri
I miei figli sono
preoccupati per me
Mi dicono di
proteggermi
e io lo faccio

BERNARDO BASILICI MENINI

R


oberto Frolla ha 52
anni. La vita lo ha ca-
tapultato nel campo
di battaglia senza
nemmeno avere il tempo per
rendersene conto. Lui lavora
per Ugo, l’azienda milanese
che opera anche a Torino e si
occupa di caregiving, cioè di
dare una mano agli anziani e
ai non autosufficienti.
Con la serrata anti virus i ser-
vizi come quelli di Ugo sono di-
ventati centrali nella vita di
molte persone. Così l’azienda
ha deciso di offrirli gratuita-
mente agli over 65 e alle cate-
gorie fragili, mettendosi al
fianco della Protezione civile e
del volontariato, organizzato
o spontaneo, in modo da per-
mettere ai soggetti a rischio di
non uscire di casa. Quindi: spe-
sa, commissioni, bollette, por-
tare fuori il cane, trasporti
ospedalieri, prendere le ricet-
te dal medico, e via dicendo.
«Eroe? No, faccio solo il mio
lavoro nel migliore dei modi,
felice perché posso aiutare del-
le persone tutti i giorni», dice
Roberto. La sua giornata parte

la mattina, con la mascherina
in faccia e i guanti in lattice sul-
le mani. «Dobbiamo andare a
fare una spesa», spiega. E così
via, per mezza città, a prende-
re la lista delle cose da compra-
re, poi nel supermercato vici-
no, dove c’è la coda. «Io e tanti
altri dobbiamo lavorare, e sia-
mo contenti di poterci rendere
utili, ma vedo troppe persone
in giro – racconta mentre è in
attesa, circondato da coppie di
anziani – Non capisco come
facciano a non rendersi conto
di quello che sta succedendo».
Spesa caricata in macchina.
«Le persone da cui sto andan-
do sono tra quelle che non pos-
sono avere contatti, sono tra le
più isolate», prosegue. E come
stanno? «Beh, contenti che ci
siamo noi. Si stanno abituan-
do e hanno speranza».
Poi c’è il trasporto di una per-
sona nella clinica media, un’al-
tra spesa, l’acquisto di farma-
ci. Roberto fa tutto, e la giorna-
ta finisce. È arrivato il momen-
to di tornare a casa dalla sua fa-
miglia e dai suoi due figli. «So-
no preoccupati, ma la vivono
abbastanza bene, hanno capi-

to che è il mio lavoro. Mi dico-
no di stare attento, e io lo fac-
cio». Questo vuol dire masche-
rine, guanti, distanze di sicu-
rezza da rispettare sempre,
igienizzarsi le mani ogni volta.
«Sì, in questo momento è un la-
voro a rischio, ma lo faccio vo-
lentieri». Lui lavora a Ugo da
due anni. Prima faceva l’opera-
io. «Cosa volessi fare nella vita
quando ero bambino non lo ri-
cordo, forse l’architetto». Una
strada scelta poi da sua figlia.
Il destino per lui ha voluto
qualcos’altro: passare da una
vita tranquilla a quella di chi in
questo momento non si può
fermare. «Questo non me lo sa-
rei mai immaginato. Da quan-
do sono nato ho visto le stragi,
la caduta del Muro, la fine del-
la Guerra Fredda, l’attentato
alle Torri Gemelle. Ma a Tori-
no una cosa del genere, dopo
la guerra, non era mai succes-
sa». Più avanti, quando tutto
sarà finito, Roberto se lo ricor-
derà: «A mente fredda ci pense-
rò. Un giorno mi renderò con-
to di quello che è stato, e rimar-
rà nella mia memoria». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Roberto Frolla, 52 anni, caregiver

“In posta e farmacia

per chi non esce

Felice di aiutare”

LE STORIE

MATTEO ROSELLI

L

a sveglia è puntata al-
le 7. Il tempo di man-
giare un boccone e poi
si va subito al lavoro.
Per ognuno la quarantena è di-
versa. C’è chi è a casa in ferie
forzate e chi si trova tutto il
giorno davanti a un Pc accesso
per lo smart working. Per Da-
niele invece la giornata comin-
cia in garage a rimettere in se-
sto la bici. Passano i minuti
nell’attesa che una notifica illu-
mini lo smartphone. Quel se-
gnale potrebbe significare la ri-
chiesta di una consegna a do-
micilio e l’inizio del turno di la-
voro. Il cellulare vibra. Sale in
sella sulla sua due ruote verde
fiammante, si mette casco,
guanti e mascherina e inizia a
sfrecciare in giro per la città.
Daniele è un fattorino che
ha il compito di consegnare i
pasti a chi non può abbandona-
re le mura domestiche. Una di
quelle attività essenziali che
devono svolgersi anche dopo
l’approvazione delle direttive
per ridurre il rischio di infezio-
ne. «Per noi è cambiato tutto
da quando è scattata la quaran-

tena forzata - racconta Danie-
le - Facciamo anche tirate di
dieci ore di lavoro consecuti-
ve, pedalando per oltre 120
chilometri al giorno». La richie-
sta di consegne è aumentata
ma diventa più difficile portar-
le a termine: «Non sono tanti i
ristoranti organizzati per la
consegna a domicilio e spesso
ci ritroviamo ammassati per
quasi un’ora in attesa dell’eva-
sione degli ordini. E se il clien-
te nel frattempo si stanca, può
annullare l’ordine e per noi so-
no ore gettate al vento».
Il peso della precarietà eco-
nomica in questi giorni è anco-
ra più forte: «Ci sono poche
aziende che pagano i chilome-
tri percorsi e l’attesa ai ristoran-
ti e ai supermercati. Si parla co-
munque di cifre irrisorie: mas-
simo 5 centesimi lordi a chilo-
metro o al minuto. In più, tre
giorni fa ci hanno tolto anche il
bonus notturno, perché dico-
no che il servizio di delivery va-
le fino a mezzanotte, ma in
realtà ci sono supermercati co-
me il Carrefour che fanno 24
ore su 24». E poi c’è la questio-
ne sicurezza: «Lavoriamo alle

stesse condizioni di prima no-
nostante il Coronavirus: ci han-
no promesso guanti e masche-
rine, ma fino ad ora non abbia-
mo ricevuto nulla. Neanche
un sapone».
Daniele, come altri riders, si
arrangia: «Ho 38 anni e una
moglie e una bimba a casa.
Non posso prendere le cose
con leggerezza. Ecco perché
mi sono dovuto adattare: ho
comprato a mie spese masche-
rine, guanti e prodotti igieniz-
zanti». E quando effettua le
consegne, «appoggio il sac-
chetto sulle scale o lo lascio
dentro l’ascensore. Lo faccio
anche per la sicurezza dei
clienti». Le pessime condizioni
di sicurezza due giorni fa sono
finite anche in un esposto pre-
sentato alla procura della Re-
pubblica da 22 riders con l’aiu-
to dell’avvocato Giulia Druet-
ta. Per Daniele questo lavoro è
un motivo di orgoglio: «Sono
felice di aiutare le persone in
difficoltà come gli anziani. Pe-
rò mi aspetto comprensione
da parte delle istituzioni e del-
le aziende di delivery». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Daniele, 38 anni, rider

“Faccio 120 km in bici


per portare a casa


spesa e pasti caldi”


Facciamo tirate
di dieci ore al giorno
Purtroppo poche
aziende pagano
l’attesa in ristoranti
e supermercati
E alle mascherine
dobbiamo
pensare noi

38 LASTAMPA SABATO21 MARZO 2020
CRONACA DI TORINO

T1 PR
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