2 Sabato 28 Marzo 2020 Il Sole 24 Ore
Primo Piano Coronavirus
L’EUROPA
Georgieva (Fmi): recessione già in atto
«Siamo già entrati in una recessione come o peggiore di
quella del 2008». Lo ha detto Kristalina Georgieva,
direttore generale dell’Fmi. Nel 2021 resta possibile una
ripresa se saranno messi in atto tutti gli sforzi possibili
2%
PUNTI DI PIL SU BASE ANNUA PERSI AL MESE
Secondo una stima dell’Ocse ogni mese di confinamento
costa due punti percentuali di Pil alle economie avanzate
Aiuti Ue, corsa contro il tempo
per evitare la disgregazione
Solidarietà e rigore. Incapaci di trovare un’intesa sulle misure che consentano di affrontare uniti
una crisi senza precedenti, i Paesi membri hanno due settimane per studiare misure innovative
Beda Romano
Dal nostro corrispondente
BRUXELLES
In bilico tra integrazione e disinte-
grazione, i Paesi dell’Unione Euro-
pea si sono dati due settimane per
mettere a punto una nuova forma
di solidarietà mentre il continente
deve far fronte allo shock economi-
co provocato dalla pandemia in-
fluenzale. Il momento è delicatissi-
mo. I diplomatici avanzano a tento-
ni per capire quanto spazio di ma-
novra ci possa essere in un contesto
politico tesissimo e mentre i diri-
genti europei si scambiano accuse
raramente sentite prima.
Nel vertice europeo di giovedì se-
ra, i Ventisette hanno dato mandato
all’Eurogruppo di presentare entro
giorni «proposte che tengano con-
to della natura senza precedenti del-
lo shock provocato dall’epidemia in-
fluenzale». La pandemia «colpisce
tutti i nostri Paesi e la nostra risposta
verrà intensificata, se necessario,
con ulteriori azioni in modo inclusi-
vo, alla luce degli sviluppi, al fine di
fornire una risposta globale».
La presa di posizione è giunta do-
po che accese discussioni tra i Venti-
sette hanno riproposto drammatica-
mente vecchi schieramenti. Un Sud
che vorrebbe maggiore solidarietà
(senza però parlare di trasferimenti
di sovranità) e un Nord che sostiene
di voler condizionare eventuali aiuti
(in un contesto confederale nel quale
i Paesi sono responsabili del bilancio
nazionale). A dare il “la” è stata la let-
tera di nove governi a favore di coro-
nabond «emessi da una istituzione
dell’Unione Europea».
L’idea, poco chiara, ha irrigidito le
posizioni di chi teme una affrettata
mutualizzazione dei debiti pubblici.
Solo durante il vertice, dopo aver col-
tivato l’ambiguità per giorni, il pre-
mier Giuseppe Conte ha precisato
che nella sua ottica i coronabond non
dovrebbero tradursi in una mutua-
lizzazione dei debiti. I nove governi
che privilegiano i coronabond, anco-
ra tutti da ideare, sono un gruppo
nutrito, ma non una maggioranza.
Durante il summit, le tensioni so-
no state evidenti. Da Lisbona il pre-
mier portoghese António Costa se l’è
presa direttamente con l’Olanda. Il
ministro delle Finanze olandese
Wopke Hoekstra ha spiegato nei
giorni scorsi che la Commissione eu-
ropea dovrebbe verificare Paese per
Paese perché vi sono governi che non
hanno margine di manovra nel ge-
stire l’epidemia influenzale. «Questo
discorso è ripugnante», ha detto An-
tónio Costa, accusando l’Olanda di
«ricorrente meschineria».
Ciò detto, il compromesso rag-
giunto nel vertice di giovedì sera la-
scia aperte tutte le opzioni,anche
quella che meno piace alla diploma-
zia italiana: vale a dire i prestiti con-
dizionati da parte del Meccanismo
europeo di stabilità (MES). Nella let-
tera che il presidente dell’Euro-
gruppo Mário Centeno ha inviato al
presidente del Consiglio europeo
Charles Michel prima del vertice, ol-
tre a parlare del ruolo del MES si la-
sciano aleggiare altre soluzioni ba-
sate su «nuovi strumenti».
Lo sguardo corre alla Germania.
Giovedì sera, incalzata dalla stampa
la cancelliera Angela Merkel ha detto
di non amare i coronabond. Nei fatti
il Paese tentenna. Poco propenso alle
decisioni impulsive, guarda al futuro
con preoccupazione. Titola questa
settimana la rivista Der Spiegel: «Co-
me ne usciremo? (Senza infettarci e
senza andare in bancarotta)».
Intanto, parlando a NRC Handels-
blad, il banchiere centrale olandese
Klaas Not ha citato l’urgenza di mo-
strare solidarietà a Spagna o Italia:
«Il modo in cui attuare questa solida-
rietà è una scelta politica. I corona-
bond sono un modo. Ne esistono an-
che altri, come l’uso del MES». Pre-
occupati dagli impegni monetari co-
stretti a prendere in assenza di un
governo europeo, i banchieri centrali
potrebbero rivelarsi convinti soste-
nitori di misure innovative.
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Diplomatico.
Piero Benassi, 61
anni, consigliere
di politica estera
del president del
Consiglio
Giuseppe Conte.
È stato capo
di Gabinetto
con Emma Bonino
alla Farnesina
e ambasciatore
d’Italia a Berlino
L’ISTITUZIONE EUROPEA CHE PIÙ RAPIDAMENTE POTREBBE EMETTERE I TITOLI
Una Bei potenziata per creare i Covidbond
Con un fondo di garanzia,
i miliardi d’interventi
attuali salirebbero a
Isabella Bufacchi
Dal nostro corrispondente
FRANCOFORTE
Lo strumento principe per contra-
stare le sfide epocali del coronavi-
rus, che è l’eurobond o il Covid-
bond ovvero un titolo di Stato euro-
peo con rischi condivisi garantito e
rimborsato da un budget comune
europeo, non esiste. E se anche vi
fosse quell’ampia volontà politica
per realizzarlo che al momento a
Bruxelles non c’è, la sua creazione
sotto profili legislativi, tecnico-
normativi richiederebbe lunghi
mesi: un tempo che la gestione ac-
celerata della pandemia non conce-
de. L’Europa tuttavia può già da og-
gi andare molto vicino a un euro-
bond, e in velocità, usando per
emittente un’istituzione europea
già esistente: il Meccanismo euro-
peo di stabilità, per i membri del-
l’euro e con una potenza di fuoco
attorno ai miliardi, o la Banca
europea degli investimenti che ha
come azionisti i Stati della Ue.
Scartata per ora l’ipotesi del Mes
emittente di Coronabond, resta
concretamente sul tavolo il poten-
ziamento della Bei, che dagli attuali
miliardi di interventi subito di-
sponibili per iniziative di contrasto
alla pandemia, potrebbe salire a
quota miliardi tra progetti e fi-
nanziamenti co-partecipati.
La Bei,istituzione che dalla sua
fondazione, nel , finanzia dalle
Pmi alle grandi opere, ha attual-
mente miliardi di finanzia-
menti in essere, rispetto a un capi-
tale di miliardi: dunque nel ri-
spetto della leva attuale ha uno
spazio di manovra immediato di-
sponibile attorno ai miliardi.
Il potenziamento del ruolo Bei
nella crisi Covid-, per andare oltre
questi miliardi, è in discussione
già da qualche settimana. E ancora
ieri gli sherpa dell’Ecofin stavano
lavorando alla fattibilità di tutti gli
interventi possibili. La soluzione
più semplice e diretta sarebbe quel-
la di un aumento di capitale della
Bei tra i e i miliardi: tuttavia i
tempi risultano lunghi, troppo, per-
chè manca ancora il budget europeo
- dal quale eventualmente
attingere a risorse già stanziate dai
. La Bei, l’Efsi e il Piano Juncker
hanno potuto rispondere alla Gran-
de Crisi del - con interven-
ti extra grazie al dirottamento del
budget europeo già approvato. Ora
manca la materia prima, il budget.
Il presidente della Bei Werner
Hoyer, favorevole a soluzioni rapi-
de e pan-europee per contrastare la
crisi epocale del coronavirus, ha
proposto l’uso parziale della capa-
cità di intervento del Mes per met-
tere il turbo alla Bei, un ibrido ri-
spetto all’aumento di capitale. Ba-
sterebbe utilizzare il % dei mi-
liardi del Mes, ovvero miliardi,
per dare alla Bei il volano di cui ha
bisogno per incrementare il soste-
gno alle Pmi per la tenuta dell’eco-
nomia. L’idea di una “joint ventu-
re” temporanea Mes-Bei per la
pandemia tuttavia si sta facendo
strada lentamente.
Ed ecco allora che è spuntata una
terza via, che sarebbe rapida e facil-
mente percorribile e che al momen-
to viene data in pole position: agli
Stati azionisti, pro-quota come ora
nella partecipazione al capitale del-
la Banca, viene chiesto di creare un
fondo di garanzia speciale Covid-
che si accolla le perdite dei finanzia-
menti Bei. I tre Paesi principali
azionisti della Bei al %, Italia, Ger-
mania e Francia, sottoscriverebbe-
ro il % delle garanzie ciascuno. Un
fondo di garanzia da miliardi può
consentire alla Bei di raddoppiare i
suoi finanziamenti annuali, da a
miliardi, arrivando a quota
miliardi aggiuntivi se si mettono
nel calcolo anche i miliardi della
co-partecipazione ai finanziamenti
da parte delle banche. Il cantiere è
aperto, i lavori sono in corso: ma in-
tanto il numero dei contagiati con-
tinua a salire e per l’Europa il tem-
po, al di là dei finanziamenti, è una
risorsa sempre più scarsa.
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PIù difficile
coinvolgere
in tempi
brevi il Mes,
se ne
studia però
una sorta
di joint-
venture
con la Bei
Ago
della bilancia.
Una eventuale
emissione
di eurobond
potrà passare
solo con
l’assenso
di Angela Merkel
EPA
Milano
Ftse Mib
-3,
IERI DA INIZIO ANNO
-26,
Londra
Ftse 100
-5,
-27,
Parigi
Cac 40
-4,
-27,
Francoforte
Dax
-3,
Variazione % di ieri e da inizio anno
LE BORSE
Differenziale fra BTp e Bund a 10 anni ora per ora. In punti base
LO SPREAD
-28,
150
170
190
210
23/
20/
24/03 25/03 26/03 27/
197,4 181,
I mercati
LA GIORNATA
I realizzi rovinano
il rimbalzo delle Borse
Lo spread risale a 181
Si chiude la settimana
migliore dal ma è
il mese peggiore dal
Andrea Franceschi
Dopo tre giornate rally che hanno
fatto recuperare a Wall Street il
% è arrivato il giorno delle prese
di profitto. Nonostante i ribassi di
ieri tuttavia la performance setti-
manale di Wall Street (+% l’indi-
ce Dow Jones) resta la migliore
mai registrata dalla crisi del .
Magra consolazione: la perfor-
mance da primato arriva al termi-
ne del peggior mese dal per la
Borsa americana. Le poderose mi-
sure di stimolo fiscale e monetario
messe in atto dal Governo e dalla
Fed per far fronte alle conseguen-
ze del virus hanno contribuito a
una certa ripresa della fiducia in
un quadro che resta estremanente
incerto. Lo stesso vale per le Borse
europee: l’indice Stoxx (ieri
-,%) ha chiuso la settimana in
netto rialzo (+%) pur confer-
mando un saldo in profondo rosso
(-%) nell’ultimo mese.
Se oltreoceano la risposta mone-
taria e fiscale alla crisi è stata imme-
diata (così come avvenuto nel )
nel Vecchio Continente l’unica isti-
tuzione che si è dimostrata in grado
di dare risposte rapide è stata la Bce
con l’ampliamento del piano di
Quantitative easing e la decisione di
rimuovere il tetto massimo del %
di titoli acquistabili per Paese. Sul
fronte fiscale tuttavia il fallimento
dell’Eurogruppo di giovedì dimo-
stra quanto sia difficile trovare
quella risposta univoca che mercati
e cittadini chiedono a gran voce.
Spread in rialzo di 20 punti
L’Unione si conferma prigioniera
degli egoismi nazionali e l’Italia, in
prima fila tra i Paesi che chiedono
maggior solidarietà nella gestione
della crisi, finisce per subirne il con-
traccolpo sui mercati: anche per ef-
fetto delle prese di profitto dopo i
guadagni dei giorni scorsi ieri i BTp
sono stati venduti e lo spread BTp è
salito di punti riportandosi oltre
quota punti. La copertura della
Bce resta comunque importante e
ciò garantisce al Tesoro l’accesso al
credito come dimostra la solida do-
manda per i BoT semestrali colloca-
ti ieri: , miliardi di euro a fronte
di un totale collocato di miliardi.
La nota dolente resta quella del co-
sto di rifinanziamento che a febbra-
io, per i titoli di questa scadenza, era
negativo (-,% il tasso dell’ana-
loga asta di febbraio) e ieri è risalito
a , per cento.
L’impatto sulla crescita
Al netto delle misure di stimolo che
saranno messe in campo resta alta
la preoccupazione per l’impatto
economico del blocco delle attività.
«Le oltre milioni e richieste
settimanali di sussidi di disoccu-
pazione registrate negli Usa - se-
gnala Philippe Waetcher,capo eco-
nomista di Ostrum Asset Manage-
ment - sono un segnale di ciò che ci
aspetta: una depressione più che
una recessione». L’economista sti-
ma che tutto ciò si tradurrà per
l’economia americana in mila
posti di lavoro persi e una flessione
del Pil della prima economia del
mondo tra il e il % per l’anno in
corso. Secondo Capital Economics
saranno soprattutto i servizi (tra-
sporti e turismo su tutti) a risentire
del contraccolpo. Soprattutto qua-
lora la paura del virus dovesse
spingere la gente a mantenere abi-
tudini di consumo prudenti anche
una volta passata l’emergenza. Le
riserve di cassa delle aziende - scri-
vono gli analisti - saranno un fatto-
re decisivo nel determinare chi riu-
scirà a passare indenne alla crisi e
chi sarà destinato a soccombere.
Caccia alla liquidità
La liquidità continua ad essere am-
bita anche da parte degli investitori
come dimostra il record di sotto-
scrizioni dai fondi monetari (,
miliardi di dollari i flussi netti regi-
strati da Epfr Global nell’ultima
settimana). A questi numeri ha fat-
to da contraltare a un’altra ondata
di riscatti dall’azionario (, mi-
liardi di dollari) e soprattutto dai
fondi obbligazionari che hanno
fatto registrare un record di de-
flussi settimanali ( miliardi di
dollari). In parte questa corsa ai ri-
scatti si spiega con la necessità di
liquidare investimenti che erano
andati bene (i titoli governativi ad
esempio) per coprire le perdite su
altri fronti più rischiosi come
l’azionario. In parte ciò si potrebbe
leggere come il segnale di una certa
preoccupazioni sulla tenuta dei de-
biti societari con la recessione alle
porte. Nelle scorse settimane era
stato soprattutto il segmento dei
“bond spazzatura” ad essere ber-
sagliato dai riscatti. Gli ultimi dati
dimostrano che nell’occhio del ci-
clone è entrato anche il debito delle
aziende più solide: i fondi che inve-
stono in bond Investment Grade
hanno fatto segnare ben miliar-
di di dollari di riscatti netti.
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IL CONSIGLIERE DIPLOMATICO DI CONTE
Benassi, l’uomo del dialogo con la Germania
«Piero Benassi? Un trouble solver,
uno che i problemi li risolve,
certamente non li crea e
soprattutto innamorato della
Farnesina». Risponde così Emma
Bonino quando le si chiede un
giudizio sull’ambasciatore Piero
Benassi, anni a giugno, già suo
capo di gabinetto alla Farnesina
(casi risolti Shalabayeva e
liberazione Quirico) e oggi
consigliere diplomatico del
presidente del Consiglio, Giuseppe
Conte. È lui quello che negli ultimi
due anni ha spiegato a Conte i
segreti (e le insidie) della
diplomazia nelle sfumature da
“Back Channel”. A lui si riferiva
Conte (facendo ingelosire un poco
il titolare degli Esteri di allora
Moavero) quando alla conferenza
degli ambasciatori, l’anno scorso,
ne apprezzava l’opera. È lui che ha
dato una veste presentabile alle
spericolate arrampicate sugli
specchi del Conte , fortemente
condizionato da Salvini. Ed è
quello che lentamente ha
sdoganato un premier sconosciuto
facendogli giocare un ruolo su
Libia e Mediterraneo
introducendolo nei club dei
grandi: G, G e Nato. Sempre lui,
in maniche di camicia, seduto di
fianco a Conte guida ora le danze
dei vertici in videoconferenza, si
chiamino Consigli europei, G o
G. Sa esattamente quando
parlare e quando stare zitto, anche
a costo di apparire scorbutico. Del
resto del diplomatico classico ha
poco, è schivo ma diretto. Doti che
lo hanno fatto apprezzare nei
quattro anni passati a Berlino
come ambasciatore dal al
, quando si è sgolato per far
capire agli “amici” tedeschi che
nessun operaio della Volkswagen
avrebbe mai pagato un euro per il
debito degli spendaccioni italiani.
Rispettato anche quando, nel
maggio del , scrisse una
lettera di fuoco allo Spiegel che se
la prendeva con il nascente
Governo giallo-verde ma di fatto
«offendeva un popolo intero».
Sempre lui, negli ultimi giorni, è
stato il vero regista della “lettera
dei nove”. C’è da sperare solo che
gli “amici” tedeschi, oltre ad
omaggiarlo, come hanno fatto
mesi fa con la Gran Croce al merito,
sappiano seguirlo ed ascoltarlo
ancora nei prossimi giorni.
—Gerardo Pelosi
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