La Stampa - 28.03.2020

(Ben Green) #1
ANTONIO MONDA

È


un peccato che il libro
di memorie di Woody
Allen, intitolato A pro-
posito di niente, sia sta-
to accolto da un’attenzione me-
diatica focalizzata sulla contro-
versia con Mia Farrow, perché
è un testo ricco di spunti inte-
ressanti per comprendere la
personalità di un grande del ci-
nema, oggi vittima, a mio avvi-
so, di un assurdo ostracismo. È
necessario tuttavia riassume-
re la vicenda, dal momento
che è lo stesso cineasta a scri-
verne nel libro, la cui dedica re-
cita: «A Soon-Yi, la migliore.
Pendeva dalle mie labbra e poi
mi ha avuto in pugno». Nel
1992 la Farrow scopre che Al-
len, suo compagno da dodici
anni, aveva una relazione con
Soon-Yi, da lei adottata insie-
me al precedente marito An-
dre Previn. Da allora sono pas-
sati 28 anni: Allen e Soon-Yi si
sono sposati e hanno avuto
due figlie, mentre l’attrice ha
lanciato l’accusa, gravissima,
di molestie sessuali nei con-
fronti di Dylan, altra sua figlia
adottiva. Allen è stato scagio-
nato due volte, e in occasione
della seconda sentenza il giudi-
ce ha accusato la Farrow di
aver plagiato i figli contro
l’ex-compagno: nel libro Allen
rivela che «anche l’avvocato di
Mia ha dichiarato pubblica-
mente di non sapere se le mole-
stie si siano verificate o siano
frutto dell’immaginazione di
Mia». Da 1993 non è più suc-
cesso nulla, ma in occasione
del caso Weinstein, Allen è di-
ventato l’oggetto di una violen-
ta campagna da parte del figlio
avuto con la Farrow, il cui no-
me era Satchel ma è stato cam-
biato in Ronan Farrow dall’at-
trice, la quale ha dichiarato di
averlo concepito con Frank Si-
natra, altro suo marito e idolo

del regista newyorkese, al pun-
to che in Manhattan lo indica
tra i motivi per cui vale la pena
vivere. La campagna di Ronan
ha fatto del cineasta un «pa-
ria» al punto che Hillary Clin-
ton rifiutò un contributo eletto-
rale per la campagna presiden-
ziale. All’epoca Allen rimase
malissimo, ma ora replica con
ironia: «con Soon-Yi non abbia-
mo potuto fare a meno di chie-
derci se con cinquemila dollari
in più da spendere avrebbe po-
tuto vincere in Pennsylvania,
Michigan o Ohio».
Oggi fa impressione leggere
quanto Allen sia ferito dallo

stesso mondo intellettuale che
lo idolatrava, in particolare
quello che gravita intorno al
New York Times, ma è con l’am-
biente del cinema che si è aper-
to un conflitto irreparabile. La
campagna di Ronan Farrow ha
bloccato la distribuzione ame-
ricana dei suoi film e generato
ritrattazioni grottesche da par-
te di attori che hanno lavorato
con lui molti anni dopo il
1992: Timothée Chalamet è ar-
rivato a devolvere in carità il
compenso ottenuto in Un gior-
no di pioggia a New York, e Al-
len racconta che l’attore ha
«giurato di averlo dovuto fare
perché era in lizza per l’Oscar
con Chiamami col tuo nome, e
lui e il suo agente avevano pen-
sato di avere maggiori chance
di vincere prendendo le distan-
ze». Il cineasta parla con sarca-
smo di «cittadini benintenzio-
nati, infiammati di sacra indi-
gnazione: sembravano non ve-
dere l’ora di schierarsi in una
battaglia di cui non conosceva-
no nulla facendo a gara a chi
fosse il più integerrimo». Poi
conclude con una battuta che
gli creerà nuovi nemici: «erano
contro la pedofilia e non aveva-
no paura di dirlo ad alta voce,

soprattutto alla luce della nuo-
va scoperta scientifica per cui
la donna ha sempre ragione».
La sua tesi è che la Farrow,
sconvolta per la vicenda di
Soon-Yi, sia accecata dall’odio
al punto da trasformare l’aver
tenuto sul grembo Dylan men-
tre guardavano la televisione
in una molestia sessuale. Nella
pagina meno nobile del testo,
Allen racconta che Ronan è
morbosamente attaccato alla
madre, al punto che i due dor-
mivano insieme nudi fin quan-
do lui aveva undici anni.
Si tratta fortunatamente so-
lo di un passaggio, perché il li-
bro è in realtà il racconto vivido
di una vita intensa e fortunata,
che Allen offre al lettore con
una profondità che nasce dalla
leggerezza. Esemplare il rac-
conto della serata in cui vinse il
primo Oscar per Io & Annie,
quando rimase a New York a
suonare il jazz e scoprì quanto
era successo dai giornali: chi lo
conosce sa che non è affatto
snobismo. Allen, che ha inizia-
to la propria carriera scrivendo
testi per Sid Caesar e Mel
Brooks, ha sempre avuto un no-
tevole talento narrativo, come
dimostrano gli esilaranti libri
scritti in precedenza e i numero-
si pezzi pubblicati sul New Yor-
ker. A proposito di niente riesce
ad essere divertente anche nel
modo in cui riesce a sdramma-
tizzare la nuova condizione di
paria: «Non nego che arrida al-
le mie fantasie poetiche il fatto
di essere un artista il cui lavoro
non viene visto nel suo paese e,
vittima di un’ingiustizia, è co-
stretto a cercare il proprio pub-
blico all’estero. Pensate a Hen-
ry Miller, D.H. Lawrence, Ja-
mes Joyce. Mi vedo al loro fian-
co, con uno sguardo di sfida. È

a questo punto che mia moglie
mi sveglia e mi dice: “Stai rus-
sando”». A cominciare dal tito-
lo, ribadisce una concezione
della vita assolutamente cupa,
nella quale l’ironia, spesso ge-
niale, rappresenta il modo di al-
leviare il dolore dell’esistenza.
Allen non cede alla disperazio-
ne, ma sa che la vita regala po-
che consolazioni, e le ha elenca-
te nel finale di Manhattan:
«Frank Sinatra, Groucho Marx,
Marlon Brando, Joe Di Mag-
gio, Louis Armstrong, il secon-
do movimento della sinfonia
Jupiter, i film svedesi, le pere e
le mele dipinte da Cezanne, l’E-
ducazione Sentimentale di Flau-
bert, i granchi mangiati da Sam
Woo e il volto di Tracy», che in
quel film era la donna amata e,
bisogna ricordarlo, ancora una
liceale. Allen mescola l’high-
brow e il lowbrow e avvisa che è
fondamentale saper cogliere
ogni momento, altrimenti la vi-
ta appare nella sua realtà tragi-
ca. Manhattan si concludeva
con le parole «bisogna aver fi-
ducia nella gente», ma quell’a-
nelito di speranza arrivava do-
po che aveva dichiarato di rac-
contare «la gente a Manhattan
che si crea problemi inutili e ne-
vrotici per non occuparsi delle
più insolubili e terrificanti que-

stioni universali». Anche in A
proposito di niente Allen confer-
ma di avere uno sguardo che ne-
ga ogni trascendenza, e sugge-
risce di adattarsi a sopravvive-
re con poche cose: «basta che
funzionino», per citare il titolo
di un altro suo film.
Il libro consente di approfon-
dire il suo rapporto con Manhat-
tan: nativo di Brooklyn, Allen la
celebra come un luogo idealiz-
zato, e, non diversamente dal
film che le ha dedicato, dichiara
di amarla sproporzionatamen-
te. Il realismo delle ambienta-
zioni evita che divenga l’isola
che non c’è di Peter Pan, tutta-
via sembra che voglia preserva-
la dal dolore e dalla solitudine:
è un approccio simile a quello
della protagonista della Rosa
Purpurea del Cairo, dove la città
adorata è un sogno in bianco e
nero nel quale fuggire prima di
tornare a una quotidianità gra-
ma. È una tragedia buffa, quel-
la che ci propone ancora una
volta Woody Allen, dominata
dall’ingiustizia e dal caso, dove
soltanto l’amore può offrire la

possibilità di riscatto, o quanto
meno l’illusione. Giunto al tra-
monto della vita, sceglie la tene-
rezza di Broadway Danny Rose
sulla cupezza di Crimini e Mi-
sfatti, ma i passaggi esilaranti
non stemperano la mestizia
dell’assunto: invece di conside-
rare il bicchiere mezzo pieno o
mezzo vuoto afferma di vedere
«la bara mezza piena».
Sono molti i retroscena sui
film e sui legami sentimentali,
ma Allen rifiuta l’aneddoto fine
a se stesso preferendo le battu-
te fulminanti: durante la ceri-
monia matrimoniale ha detto
alla prima moglie Harlene Su-
san «sì lo voglio» con lo stesso
tono con cui Orson Welles pro-
nunciava Rosebud (nella ver-
sione italiana Rosabella) in
Quarto Potere. Illuminante il se-
guito: «mi sembrò di sentire
una porta blindata chiudersi
sulla mia vita. La porta di un se-
polcro. Sì, amavo Harlene, ma
non avevo idea di cosa fosse l’a-
more». Tra le pagine migliori ci
sono quelle dedicate a Diane
Keaton, che gli è stata fedele
nel momento più difficile, ma
forse le più rivelatorie sono
quelle relative alla famiglia. Ap-
prendiamo che il padre, «un
ebreo piccolo di statura che
non si faceva mettere i piedi in
testa da nessuno» rubò un anel-
lo a una cugina della madre in
vista del matrimonio: aveva fre-
quentazioni inquietanti e ama-
va sparare, al punto che in guer-
ra fece parte di un plotone di
esecuzione che fucilò un com-
militone che aveva violentato
una ragazza. Come succede a
molti protagonisti dei suoi film
la madre lo malmenava ogni
giorno: «non era una gran bel-
lezza. Quando anni dopo ho
detto che assomigliava a Grou-

cho Marx, tutti hanno pensato
che scherzassi». Degne di Pren-
di i soldi e scappa le pagine in
cui li descrive insieme: «non c’e-
ra nulla su cui andassero d’ac-
cordo, a parte Hitler e le mie pa-
gelle. Eppure, malgrado i mas-
sacri verbali, rimasero sposati
per settant’anni – giusto per far-
si dispetto, immagino. Ciò no-
nostante, sono sicuro che a loro
modo si amassero – in un modo
forse noto solo ad alcune tribù
di cacciatori di teste del Bor-
neo». Nelle ultime pagine il to-
no mescola la leggerezza alla
malinconia, come era successo
nel finale di Io & Annie, dove di-
ceva «così guardo alla vita: pie-
na di solitudine, di miserie, di
infelicità... e disgraziatamente
dura troppo poco». A distanza
di più di quaranta anni il senti-
mento è rimasto analogo, e Al-
len saluta i lettori componendo
una lista delle persone che
avrebbe voluto essere, che van-
no da Bud Powell a Fred Astai-
re, o «chi ha scritto Un tram che
si chiama desiderio». Ma poi di-
chiara di preferire la vita rispet-
to a quello che lascerà come ar-
tista: «vivere nel cuore e nella
mente del pubblico non mi im-
porta niente, preferisco vivere
a casa mia». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

«Saperla lunga»
(trad. di Alberto Episcopi
e Cathy Berberian)
Bompiani, pp. 144

«Citarsi addosso»
(trad. di Cathy Berberian
e Doretta Gelmini)
Bompiani, pp. 156

Dagli amori ai film, il grande regi sta-attore


si racconta in un’autobiografia (p oco autorizzata)


Il libro

Gli altri titoli

Nato a Brooklyn nel 1935
Woody Allen ha scritto per radio, televisione , teatro, cinema e
«New Yorker» prima di diventare comico nei locali notturni e poi
regista. In sessant'anni di carriera, ha scritto e diretto cinquanta
film, recitando in molti di essi JAVIER ARCENILLAS / LUZ

Tutto quello che avreste

voluto sapere su

WOODY

ma non avete mai osato

chiedere ad

ALLEN

«Effetti collaterali»
(trad. di Pier Francesco Paolini,
a cura di Daniele Luttazzi)
Bompiani, pp. 141

«Conversazioni su di me
e tutto il resto»
(trad. di Carlo Prosperi)
Bompiani, pp. 618

Mio papà era un ebreo
piccolo di statura,
amava sparare
e in guerra
fucilò un commilitone

Quando dissi sì
al primo matrimonio
mi sembrò
si chiudesse la porta
di un sepolcro

Bicchiere mezzo
pieno o mezzo
vuoto? Più che altro
vedo una bara
mezza piena

Un libro divertente
e caustico
ma anche venato
di malinconia

Personaggio

Un grande amore
per Manhattan
luogo ideale
ma sempre reale

Woody Allen
«A proposito di niente»
(trad. di Alberto Pezzotta)
La nave di Teseo
pp. 400, ebook € 15.99
ediz. cartacea € 22

II LASTAMPASABATO28 MARZO 2020
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