RICCARDO FALCINELLILa fotografia, storica-
mente, nasce nella
prima metà del XIX
secolo in parallelo al-
le pretese imperialiste degli
Europei sul continente africa-
no: la foto è da subito lo stru-
mento che documenta – e
dunque legittima – la conqui-
sta coloniale, alimentando le
fantasie romantiche e vitto-
riane del cuore di tenebra,
dei selvaggi da civilizzare
con intenti apparentemente
umanitari. Se scorriamo le
immagini d’epoca, che siano
foto, cartoline o vignette illu-
strate, l’iconografia nera è
sempre selvatica, inferiore,
incolta. L’idea di un uomo al-
lo stato primordiale. Ma le co-
se cambiano già nell’Ottocen-
to. Seppur lentamente. Nel
1897 Neils Walwin Holm, na-
tivo del Ghana, diviene il pri-
mo membro africano della
British Royal Photographic
Society; da allora sono tanti
gli artisti africani che hanno
raccontato la cultura nera
dall’interno. In questi termi-
ni le immagini di Africa del
XXI secolo. Fotografie da un
continente sono una sorpresa
e un risarcimento.
Il volume – appena uscito
per Einaudi e curato da Ekow
Eshun, scrittore e giornalista
britannico – è sontuoso e affa-
scinante e riunisce per la pri-
ma volta il lavoro dell’ultima
generazione di fotografi
dell’intero continente africa-
no. Come dichiara in modo
programmatico il curatore,
questa antologia trae ispira-
zione dalle riflessioni dell’e-
conomista senegalese Felwi-
ne Sarr sulla necessità di ri-
pensare in modo nuovo e di-
verso l’idea di Africa. Un sug-
gerimento rivolto soprattut-
to allo sguardo occidentale in-
crostato da troppi secoli di
stereotipi, di esotismi, di im-
maginari modellati dall’espe-
rienza coloniale. La cultura
africana e le sue immagininon si riducono alle savane
dei documentari naturalisti-
ci, né alle campagne di sensi-
bilizzazione e di beneficenza
sul modello di Telethon o
dell’8 per mille. C’è anche
un’altra Africa, inedita, di cui
si parla poco, che desta meno
interesse agli occhi del main-
stream culturale.
I fotografi raccolti nel volu-
me rappresentano voci diver-
se, anche fra loro: c’è chi è in-teressato al reportage, alla
documentazione puntuale di
situazioni e contesti sociali;
c’è chi ha un approccio più
performativo vicino all’arte
contemporanea. Ci sono foto-
grafi romanzieri e altri che
parlano per metafore e poe-
sie. Ciò che unisce visioni tan-
to articolate è, appunto, una
rottura decisa rispetto al di-
scorso consolidato.
Il libro è organizzato in
quattro parti: si apre sulle cit-
tà e sulle metropoli, spazi fisi-Dalla Liberiaal Marocco,50 fotografiraccontanoun continente.Realtà urbane,riti tribali,sessualità(oltregli stereotipioccidentali)Yagazie Emezi è una fotografa autodidatta dedita soprattutto a storie che hanno come tema
centrale le donne africane, la loro salute e sessualità e le loro attitudini nei confronti della bel-
lezza. Nata e cresciuta ad Aba, una città nel Sudest della Nigeria, ha iniziato a fotografare do-
po essersi trasferita a Lagos, fologorata dal turbinio della città. Scattava famelica foto con il te-
lefonino per poi postarle sui social media. Ha realizzato reportage in diverse parti dell’Africa,
dal Ghana alla Tanzania, e pubblica su vari giornali, da «Time», a «Vogue». In «The comsup-
tion of the Black Model» (qui sopra), affronta i cliché occidentali sul corpo africano, presen-
tando una serie di tableaux raffiguranti le forme nere come fossero piatti pronti per gli appeti-
ti occidentali. «Spesso, in maniera intenzionale e no - dice - , il corpo nero diventa una tela su
cui proiettare narrazioni feticistiche». Un’altra serie importante è «The Process of Re-Lear-
ning Bodies», dedicata a donne che convivono con cicatrici sul corpo e sul viso.La no straAFR ICAGas di scarico e baraccopoli
Le fotografie di Hassan Hajjaj (qui sopra), marocchino in Inghilterra da quando aveva 12 an-
ni, sono una riflessione sulla cultura e l’identità nel mondo contemporaneo e globalizzato. Ri-
trae dal basso fieri uomini in djellaba verde, riuniti in un vicolo secondario di Marrakesh; don-
ne sugli scooter che indossano abaya coloratissime lunghe fino alle caviglie e scarpe da ginna-
stica, veli neri firmati Louis Vuitton e occhiali da sole a forma di cuore. Diversi mondi si tocca-
no nelle immagini che spuntano da cornici fatte a mano da lui, partendo da scatolette di cor-
ned beef e lattine di Coca-Cola con le scritte in arabo. Sono segni e simboli, individui impegna-
ti nella loro personale forma di lotta di liberazione dalla percezione e dai pregiudizi sulla loro
cultura o identità, insistendo per esser visti in tutta la loro complessità.Tipi di Marrakesh incorniciati tra lattineHASSAN HAJJAJ. COURTESY OF THE ARTISTBellezza non è magrezza
Corpi neri per gli appetiti dei bianchi
Ekow Eshun
«L’Africa del XXI secolo»
(trad. di Mario Capello)
Einaudi
pp. 272, € 70CONTINUA A PAGINA XVIIImmagini
«Mutation» è il progetto del fotografo Andrew Esiebo nato
per documentare l’inarrestabile sviluppo urbano di Lagos, la
sua città, capitale commerciale della Nigeria. Fino a cin-
quant’anni fa centro costiero in stile europeo di modeste di-
mensioni, oggi è tra le dieci metropoli più grandi del mondo:
tra gli otto e i venti milioni di persone (impossibile una stima
esatta) che potrebbero arrivare a 100 milioni entro ses-
sant’anni. La maggior parte vive al di sotto della soglia di po-
vertà in insediamenti informali, senza acqua corrente e fogna-
ture, abbattuti per far posto a nuovi progetti immobiliari e su-
bito ricostruiti. Esiebo riprende gli abitanti di Lagos nel quoti-
diano caos di colori e forme inaspettati, per le trafficatissime
strade, soffocate dai gas di scarico di camion e minibus gialli :
«Sono impressionato dalla perseveranza e dall’inventività
dei lagosiani - racconta- dai loro infiniti e creativi metodi di so-
pravvivenza».Troppi secoli
di immaginario
modellato su esotismi
e passato colonialeJodi Bieber, originaria di Johannesburg, ha vinto il World
Press Photo of the Year nel 2010 per la sua fotografia di Bibi
Aisha, una donna afghana alla quale marito e cognato hanno
mozzato orecchie e naso, apparsa sul «Time». La serie «Real
Beauty» (qui sopra un’immagine) le è stata ispirata dall’au-
mento dei casi di anoressia tra le donne nere sudafricane, da
quando il modello corporeo culturalmente desiderabile ha
cominciato a privilegiare lo standard di magrezza occidenta-
le rispetto alle forme piene tradizionali. Il progetto si è scon-
trato con il conservatorismo della società sudafricana, con la
paura diffusa che i partner o le chiese disapprovassero il pren-
dervi parte delle donne. I ritratti sono stati scattati a casa del-
le protagoniste che hanno deciso autonomamente la posa da
assumere. «Volevo che esprimessero a pieno la propria perso-
nalità o le proprie fantasie. Non ho mai usato Photoshop per
rimuovere lividi, cicatrici, cellulite o imperfezioni».JODIBIBIERCOURTESY YAGAZIE EMEZIZanele Muholi, nato in Su-
dafrica nel 1972, attivista e
fotografo, «riscrive la sto-
ria di trans e queer nere co-
me atto di resistenza nei
confronti della violenza e
dell’intolleranza subite dal-
le comunità lgbtqia+». Il
progetto intitolato «Som-
nyama Ngonyama» consi-
ste in oltre settanta autori-
tratti scattati in giro per il
mondo (uno qui a lato), uti-
lizzando oggetti quotidia-
ni. Spugnette abrasive e
guanti di gomma simboleg-
giano il lavoro femminile e
le costrizioni dell’identità
di genere. I copertoni ri-
mandano ai linciaggi e al
«necklacing», pratica usata
dagli attivisti neri contro
chi era sospettato di colla-
borare con il governo du-
rante l’apartheid (la prima
vittima fu una donna di
ventiquattro anni). Conchi-
glie cauri e scacciamosche
evocano gli stereotipi eso-
tizzanti sull’Africa e i suoi
abitanti nati al tempo
dell’imperialismo.Le battagliedi una transZANELE MUHOLI. COURTESY OF STEVENSON, CAPE TOWN/JOHANNESBURG AND YANCEY RICHARDSON, NEW YORKANDREW ESIEBOXIV LASTAMPASABATO28 MARZO 2020
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