Corriere della Sera - 08.04.2020

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36 Mercoledì8Aprile2020 Corriere della Sera


S


tiamo vivendo in un
grande esperimento
collettivo. Con il
lockdown,4miliardi
(!) di persone in tutto
il mondovedono
stravolteleloroabitudini quo-
tidianeesitrovano scaraven-
tateinunacondizione di gra-
vissima incertezza.Undato
per tutti: negliStatiUniti, le
domande perisussidi di di-
soccupazione sono già schiz-
zateaoltre10milioni.
Atraballaresonoipilastri
stessi della vita sociale su cui
sifonda la nostra «sicurezza
ontologica» (Giddens): la ra-
gionevole aspettativache cia-
scuno di noi ha di sapere
quello che si può aspettare
dalle personeedalle istituzio-
ni che lo circondano. Se il
«mondo» nel quale la vita
quotidiana si svolgeèunare-
altà dotata di senso,continui-
tà estabilità, quello che sta ac-
cadendo necostituisceuna
radicale messa in discussione.
In questesettimane nelle
nostresocietà si sta sedimen-
tando un’enorme quantità di
angoscia. Dove,con questo
termine, si deveintendere
quel sentimentodiincertezza
che ci paralizza (etimologica-
menteangoscia viene da an-
gere, stringere, soffocare: la
stessa sensazione di quando
mancailrespiroesisenteop-
pressione al petto).Unavera e
propria interferenza nel senso
dicontinuità dell’esistenza.
Certo, sappiamo che ilre-
sponsabile di tuttoquestoèil
virus Covid-19, invisibile e
sfuggente. Ma oltreaitanti
aspetti che ancora ignoriamo
sulla dinamicadelcontagio e
della malattia, quello che ci
angosciaèche non sappiamo
quando quest’epidemia finirà,
quando avremo una curaoun
vaccinoesoprattuttocosa tut-
toquestocomporterà nella vi-
ta di ciascuno. Dicerto,imor-
ti sono ormai giàcosì tanti da
avertoccatole cerchie familia-
ri oamicali di molti, mentre
non sicontano quelli che han-
no già vistoilproprioreddito
azzerato.

Nel suo libro Angosciaepo-
litica Franz Neumann ha so-
stenutoche la diffusione di
questostatod’animo fu alla
base del sorgeredel nazismo
nella Germania degli anni
Ve nti. La ragione sta nel fatto
che l’angoscia crea uno stato
ansiogeno tale da innescare
potenti dinamiche di aggiu-
stamento.Unadiagnosi che
non dobbiamo dimenticarese
nonvogliamo finiretravolti
dall’accumulo ditensione di
questi giorni.
Potremmo direche l’ango-
scia ha bisogno di esseresca-
ricataaterra.Unmodoèquel-
lo di trasformarla in paura.
Cioè in un oggettoconcreto,
delimitato, sufficientemente
identificabile su cuiconcen-
trarelarabbia accumulata.Sta
qui il pericolo dicavalcare, in
giornicome questi, le fake
news di chi accusa oraicinesi
ora gli americani di aver crea-
to il virus. Nel quadropsicoso-
ciale nel quale viviamo, usare
questi argomenti significain-
camminarsi sulla via pericolo-

Servono, prima di tutto,
istituzioni autorevolicoese e
ben funzionanti, in grado di
dispensarequel senso di ap-
partenenzaeprotezione di cui
tutti sentiamo bisogno. Litigi,
polemiche, incertezzesono
intollerabili. Quiacontareè
soprattuttol’azione di gover-
no. Ma ugualmenteimportan-
ti sono il modo in cui si pone
l’opposizioneel’efficacia delle
istituzioni che gestiscono
l’emergenza, in primis la pro-
tezione civileelasanità.Eche
diredell’Europa se non che la
sopravvivenza dell’Unione è
legata alla suacapacità di por-
sicome un grembo protetti-
vo?Qualunque scelta si faccia,
non ci sarà appello per le isti-
tuzioni di Bruxelles.
In secondo luogo, occorre
identificareobiettivicomuni.
Non facciamoci illusioni. Non
ci basterà né sarà possibile
semplicementetornareal
passato. Il problema che ab-
biamo davantièsìquello di ri-
costruire. Ma in assenza di
macerie.Èperché non ci sono
ponti, stradeecase distrutte
che occorrecapirequale so-
cietà edificare.Tenereaperte
le impreseèvitale. Ma ugual-
mentedecisivoècapiredovee
come investireper rigenerare
una economia che non potrà
che esserediversa da quella
che abbiamoconosciuto.
Infine, non si devedimenti-
careche l’angosciatendeage-
nerarestati depressivi. Dopo
questesettimane, non basterà
direalla gentedidarsi da fare.
Alcunireagiranno in modo
iperattivo. Molti, invece, non
ne avranno laforza.Pertorna-
reavivereoccorrerà credere
di nuovonel futuro, darsi un
perché.Unapartita che si vin-
cesolo sbloccando le persone,
rimotivandoleesoprattutto
creandocondizioni favorevoli
all’ebrezza generativadella li-
bertà.Equestosarà partico-
larmenteveroper gli under


  1. Questa, in effetti,èlapar-
    tita della lorovita.Enoi più
    adulti possiamoedobbiamo
    solo esserealloroservizio.
    ©RIPRODUZIONE RISERVATA


sa che portaafabbricareun
nemicocontrocui prenderse-
la. Col rischio di favorire
l’escalation bellica.
Un’altra via passa dalla ri-
cercadi uncapocapacedi
prendersi cura di noiediciò
che non possiamocontrolla-
re.NehaparlatoErich Fromm
in Fugadallalibertà :gli stati
di angosciacollettivasono
spesso il preludio di una svol-
ta antidemocratica. L’autorita-
rismo, che già si diffonde in
vari paesi, diventa improvvi-
samenteaccattivantecome via
percalmarel’ansia che sovra-
sta interi popoli.
Se si riconoscelaportata
della destabilizzazione psichi-
cache la crisi sta portando
questi due esiti nefasti non
possono essereesclusi.Per
questo, maicome in questo
momentoèfondamentale
non farepassi falsieimbocca-
refin da subitouna via diver-
sa. Sulla base di quello che
sappiamo, si può suggeriredi
tenerepresentetrelinee di la-
voro.


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ANALISI
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SEGUEDALLA PRIMA


S


olo alcuni privilegiati
—forse antenati di
coloroche oggi rie-
sconoafaretampone
e cura virale incasa —
poteronovenerarla. Non è no-
to, ma non è escluso che alla
popolazione sia statoracco-
mandatodilavarsi spesso le
mani,cantando per duevolte
un ritornello augurale. Il mor-
bo infuriò, raggiunse il picco,
defluì. La vita riprese.
Quasi quattro secoli dopo, i
provvedimenti che l’Italia ha
presocontro la pandemia Co-

vid-19 sono gli stessi. In sinte-
si: non uscire, aspettare,
eventualmente pregare. Tutto
giusto. Ma non basta.Perché
nelfrattempo latecnologia e
la ricercaci hannoresi molto
diversi dacome eravamo nel
Seicento.Perché non usarle?
Ci saràtempo perverificare
meriti eresponsabilità. È evi-
dente che sono staticommes-
si errori: non prepararsi all’ar-
rivo del virus, non predispor-
rescortedimascherine, non
proteggere medici e infermie-
ri, lasciare che molti ospedali
diventasserofocolai, non fare
dellaValSeriana unazona
rossa.Variconosciutoche
l’ItaliaèstatoilprimoPaese
occidentaleachiudere, ed è

riuscita a evitare ilcontagio di
massa al Sud. Ma ora occorre
fare di più. Molto di più. Non
basta ripetereche bisogna
stareacasaeprometterede-
naro a tutti, ritoccando la cifra
ogni giorno; occorre creare le
condizioni per ricominciare a
vivere e a lavorare.
Il modello è evidente: le na-
zioni che meglio hanno frena-
toil viruseorganizzatolari-
presa. Non solo Corea del Sud
e Giappone; anche la Germa-
nia.Itedeschi fanno quasi
centomila tamponi al giorno,
isolano i positivi, distinguono
le fasce d’età e le aree geogra-
fiche da proteggerecon mag-
gioreattenzione;efanno ri-
partirelamacchina produtti-

va— mai spenta del tutto —
affidandola a chi non può tra-
smettere il Covid-19.
L’Italia di oggi non è la Ger-
mania, d’accordo. Ma non è
neppurel’Italia del Seicento,
dei monatti e di donFerrante
chevaa letto a morire «pren-
dendoselaconlestelle». Le
cose da farenon sono facili,
peròsono ineludibili: uno
screening di massa,conun
test rapidocome potrebbe es-
sere la ricercadi anticorpi nel
sangue; un’app checonsenta
di tracciareipositivi; misure
per proteggere gli anziani; e la
ripartenza della produzione,
garantendo la sicurezza dei
lavoratori. Non sonocose che
si fanno in pochi giorni;van-
no programmate pertempo, e
quindi bisognacominciarea
predisporle subito,conun
piano operativo checoinvolga
istituzioni pubbliche, labora-

tori privati da riconvertireai
test sulla pandemia, hotelda
requisireper la quarantena
dei positivi senza sintomi o
consintomi lieviedelle per-
sone dimesse ma ancora in
grado di trasmettereilvirus.
Qualcuno si è già mosso: fuori
dall’ospedale di Cinisello Bal-
samo, per fare un solo esem-
pio, il tampone si fa in auto;
sono pratiche che devono di-
ventare di usocomune.
Gli italiani,conrareecce-
zioni, si sonocomportati be-
ne. Siamoconsapevoli che
nontorneremo subitoalla
normalità. Iltelelavoroconti-
nuerà. Fino a settembre le le-
zioni probabilmenteprose-
guiranno on line (va dato atto
agli insegnantieamolti stu-
denti di non essersifermati).
Sarà un’estate strana. Evitere-
mo gli assembramenti:con-
certi, spettacoli, stadi aperti

L’EMERGENZA


NONBASTADIRESTATEACASA


purtroppo non saranno per
domani. Ma il lavorodeveri-
prendere. Finanziamenti e
prestiti sono importanti, però
servono a rilanciare la produ-
zione, non a sostituirla. Molti
imprenditoriemanager de-
nunciano che le lorofabbri-
che in Italia sono le uniche a
restare chiuse, mentre quelle
dello stesso gruppo in Fran-
cia, Germania, Inghilterra
funzionanoregolarmente.
Così si perdono quote di mer-
catoe si creano disoccupati.
Occorreaffrontarel’emer-
genza immediata,certo; ma
l’inedia, se oggi inevitabile,
domani può diventare morta-
le. Non dobbiamo avere fretta
di ripartiretra pochi giorni;
ma non possiamo pensare di
averedavantianoi un oriz-
zonteinfinito, illudendoci
che la Bce possa stampare sol-
di per tutti. © RIPRODUZIONE RISERVATA

CAPIREQUALE SOCIETÀ


DOBBIAMORICOSTRUIRE


AngosciacollettivaPertornareavivereoccorreràcredere


dinuovonelfuturo,darsiunperché.Unapartitachesi


vincesolosbloccandolepersone,rimotivandole


diMauroMagatti


SEGUEDALLA PRIMA


S


embrascontato.Maèunasorta
dimetafora(bellissima)dei
nostrigiorni:ildovereperil
dovere.Aprescindere.Iltranviereche
failsuolavoroconpochissimi
passeggeri(autorizzati)oneppure
un’anima.Epoiilpoliziottoche
sorvegliapiazzaDuomosenza
nessuno,maproprionessuno,come
nellecartolinedeimonumentiche
avevanoinonni.L’addettoallepulizie
chespazzalaGalleria,avantie
indietro,tantocheallafinesembra
veramenteunsalotto.Iltassistache
stalìperaspettareilcliente,nonsisa
mai.Unafettadicittàchetieneviva
lacittà:comunque.AMilano,intutta
Italia.
Lavoratoriinvisibili,sipotrebbedire.
Unelogioancheperloro,sidovrebbe
aggiungere.Suimedici,gliinfermieri,
tuttoilpersonalesanitario,sièscritto
enonsiscrivemaiabbastanza.In
primalineaesenzamunizioni,come
inunatrinceasulCarso105annifa.
Mac’èlalista(lunga)dichicombatte
enonappare.L’edicolantechesi
svegliaall’albapervendereigiornali.
Lacassierachefaiturnicomenulla
fossee,selaringrazi,rispondenel
modopiùnobile:«Facciosoloilmio
lavoro».Ivolontari,spessogiovani,
ingiroaportarelaspesaaglianziani.
Ilcamionistacomeilfruttivendolo,
mapureilprofessorechehasuperato
i60anniediventapadronedella
piattaformadigitale.Cisonoatti
eroici,sulserio,enesiamofelici.
Orgogliosi.Mac’èpoiuna
quotidianitàdellavorofattobene,a
tuttiilivelli,avolterischiando,che
rendepreziosiibadantieipanettieri.
Unmondochecicircondadasempree
dicuiciaccorgiamoadesso.
Seèvero,comediceCamus,che
«questaporcheria»dimalattia
«anchequellichenoncel’hannola
portanonelcuore»,allostessotempo
ciporteremonelcuoreilavoratori
invisibilidellenostrecittà.Comeil
tranvieresenzapasseggeridipiazza
Cordusio. © RIPRODUZIONE RISERVATA

ILAVORATORIINVISIBILI
CHETENGONOVIVE
TUTTELENOSTRECITTÀ

diVenanzioPostiglione


ILLUSTRAZIONEDI


DORIANOSOLINAS


diAldoCazzullo

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