Corriere della Sera - 22.02.2020

(Sean Pound) #1


CorrieredellaSera Sabato22Febbraio2020
CULTURA

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seguì icorsi all’università dell’Iowa, ma se
è veroche,come quella di Carver, anche la
carriera di DenisJohnson iniziacon la so-
brietà, l’intenzione del Nostro non sembra
mai quella divolerci narrareiltormento
senza fine della cronacadiun’abiezione
quanto, invece, farci sentire il grido di chi
dall’inferno è riuscito a scappare e ci rac-
conta che accanto alla morte e al dolore e
alla sofferenza ci son stati anche attimi di
purafelicità, e la bellezza, e il fremere del-
la vita dentro levene.
Perché inverità non somiglia davvero a
nessuno, DenisJohnson, tantomeno a
Carver e a Bukowski, e lo sicapisce dai libri
che l’hanno influenzato ereso uno scritto-
re, Il giovaneHolden e TomSawyer e
Huckleberry Finn ,perché, diceva,come
Jesus’ Son parlano all’esperienza dell’ani-
ma giovane
, e poi aggiungeva, riguardano
il viaggio di un’anima giovane
.
Scrivevacome un dio, DenisJohnson, e
dentro la sua prosa splendeva la poesia, ed
era uno writers’ writer extraordinaire ,
amato daRoth e Franzen e De Lillo e Zadie
SmitheGeorge SaunderseDavidFoster
Wallace, che ne dicevano meraviglieforse
perché sirendevancontoappieno—co-
me Saliericon Mozart in quella memora-
bile scena di Amadeus — di quantofosse
difficile scriverecome lui, che nelle sue
opere migliori riesce sempre a mettere la
misura, la precisione e il rigore al servizio
d’una immaginazione selvaggia, mentre
tiene lo sguardo sempre fisso sulle viscere
e sul cuore addolorato dell’umanità.
Ho letto quattro libri suoi, tutti in ingle-
se: ilcapolavoro Jesus’ Son , Angels —il
primoromanzoche uscì nel 1983 perché
fino a poco prima non aveva praticamente
fatto altro che bere e bucarsi —, la raccolta
di poesie Incognito Lounge , e The Larges-
se of the SeaMaiden
, la raccolta di raccon-
ti che uscì postumaeche Einaudi ha ri-
pubblicato direcentecol titolo La genero-


sità della sirena ,tradotta da SilviaPare-
schi, frescaemeritata vincitricedel
premio per la traduzione della Classifica di
Qualità de «la Lettura».
Leggetelo anchevoi, DenisJohnson.
Nonc’èverso di spiegareadeguatamente
la sua grandezza, e provarci rassomiglia a
cercaredi sbuzzare un pescecon un mar-
tello. La si può solo invocare: in Work ,for-
se il miglioredei racconti di Jesus’ Son ,
due disperati si introducono in unacasa
abbandonata sulle rived’un fiumeesi
mettonoarubareifili di rame strappan-
doli via dalle pareti marceper raccattare i
dollari che servono per bere, e mentre son
lì eccopassareveloce una barcaa motore,
e attaccato alla barca, a una trentina di me-
tri d’altezza, uno di quegli aquiloni gigan-
ti, un kite , e in cima allacorda del kite , so-
spesa in aria,c’èuna donna nudacoica-
pellirossi che fluttua sul fiume e sullacasa
dilapidata.
E poi il racconto prosegue, e viene fuori
che la donnacoi capellirossi era la moglie
diWayne, uno dei due disperati, e anche la
casa untempo era diWayne, e il narratore
a uncerto punto dice di essercerto d’esser
finito dentro a un sogno diWayne, e che
comunque, sogno o non sogno, era stato
uno dei giorni più belli della sua vita.
Eccola, l’anima giovane!
©RIPRODUZIONERISERVATA


1925,unastatuaper Ovidio


LalungaattesadiSulmona


PoesiaesocietàL’impegnodiUgoOjettiperchélacittàabruzzesecelebrassel’autorelatinochevieranato


Q


uale ministrodella
Pubblicaistruzione,
ma quali politici, pre-
lati, nobili, burocrati,
commendatoriegrandi uffi-
ciali:apresiedereilcomitato
d’onore che dovevaraccogliere
ifondi per
erigerea
Sulmona la
statua in
bronzodel
poeta latino
Publio Ovi-
dio Nasone
potevaesse-
resolo un
altropoeta, «tantopiù che il
suo Abruzzo gliene potevaoggi
offrire uno degno d’amarlo e di
esserne amato—Gabriele
d’Annunzio».
Dalla prima pagina del «Cor-
rieredella Sera», il 23 giugno
1906,UgoOjetti, giornalista e
letterato, ironizzavasucosa
avrebbe potuto pensare l’auto-
redelle Metamorfosi e dell’ Ar-
te di amare «d’uncomitatoco-
sì decorato ecosì decorativo»,
datoche «le autorità del suo
tempo, nella persona di Augu-
sto» lo «fecero morire di stra-
zio in un esilioferocetra i bar-
bari Geti sul Mar Nero».
Bisognerà attendereil1 925
prima che la statuavenisse
scoperta alla presenza delre
Vittorio Emanuele III in piazza
XX settembre, ma d’Annunzio,
ormai personaggio quasi leg-
gendario, di quel famosoco-
mitatod’onoreera statosolo
chiamato a fare parte. Il nome
delVa te, infatti,compare nello
sterminatoelencodiautorità
allegatoall’accoratoeaulico
appelloconcui l’allora sinda-
co,baroneFedericoTabassi,
diede il via alla sottoscrizione e
di cui direcenteèstata ripro-
dotta unacopia a cura del Cir-
colocollezionismo e del Lions
di Sulmona.

ti, essi avrebbero parlato di lui
con parole direaltà e di rispet-
tosa fratellanza». Solo loro
avrebberocapito di Publio Ovi-
dio Nasone ciò che per molti
politici è incomprensibile: «La
spontaneità dell’arte sua, la sua
debolezza sentimentale, l’egoi-
smoel’impazienza di godere,
laforza dell’osservazione di sé
stesso. La franchezza nelcon-
fessarsi tuttoalpubblico, l’ir-
ruenza nellapenacome nella
gioia, l’eleganza di quel suo
scetticismo superficiale».
L’assenza di una statua del
suo figlio più illustre, nato nel
43 a.C., era, per Sulmona una
ferita aperta quando Ojetti ne
scrivevasul «Corriere», tanto
più che nel 1887, ben 19 anni
prima, ne era stata eretta una a

Costanza, inRomania, l’antica
Tomi doveOvidio morì nel 17
d. C. nell’esilioacui lo aveva
condannato Augusto per fargli
pagareisuoi crimini. «Erano
due, dice egli stesso: un errore
euna poesia, carmen et error ,
forse un pettegolezzochetoc-
còda vicino le molto tangibili
donne dellacasa d’Augusto»,
annotavaOjetti. Autoredelle
due statue fu lo scultore Ettore
Ferrari, massone, antimonar-
chico,exparlamentare, poi
perseguitato dal fascismo che,
come ricorda l’archeologa sul-
monese Emanuela Ceccaroni,
non partecipò all’inaugurazio-
ne non perché aveva80anni,
ma perché,come scrisse lui
stesso, «lacoscienza politica
non permette in modo assolu-
todi intervenire».
[email protected]
©RIPRODUZIONERISERVATA

A spingereUgo Ojetti a pro-
porreilnome di d’Annunzio,
oltrealla stima, era probabil-
mentel’amicizia che lo legava
al poeta pescaresecon il quale
condivideva l’ammirazione per
le donne. Inviato di guerra,ro-
manziere e saggista, «il princi-
pe dei giornalisti italiani» fu
per molti anni firma del «Cor-
riere», che diresse tra il 1926 e
il 1927. «Avevabuon giococon
le signore, che lo apprezzavano
almeno quantolui apprezzava

U


nacommedia, non una tragedia, è
quella nella quale si ritrova Alexan-
dra, la bella e famosa attrice piena
di talento improvvisamente rimastavedo-
vadi un amatissimo marito, brillante e
corrosivo criticoteatrale.
Delresto,Fay Weldon l’autrice britanni-
cadeltesto, intitolato Le peggiori paure
(edito daFazi nella traduzione di Mauri-
zio Bartocci), ci ha abituati al sarcasmo
estremocapace divolgere ilcompianto in
risata. E in questo suoromanzo ci ritro-
viamo in unavera a propria università
dellacattiveria, dovealla sfortunatissima
protagonista della vicenda niente viene
risparmiato.
Femminista osservante, anche secon
qualche periodica,resipiscente messa a
punto («Per secoli gli uomini hanno mal-
trattato le donne, ora però le donne, spe-
cialmente inglesi,tendono a trattare trop-

po male gli uomini»), in Le peggiori pau-
re Fay Weldon (1931) non prende parte per
nessuno dei suoi personaggi, maschi o
femmine che siano, in quanto risultano
tutti quanti maligni, ipocriti, opportuni-
sti, oltre che menzogneri al massimo gra-
do.
Sebbene il maggiorecolpevole sembri
in un primotempo il marito, defunto per
infarto (causato dacosa???) nellaresiden-
za dicampagna mentre la moglie è in
teatro a Londra, rivelatosi — post mortem
e, a sorpresa dellaconsorte soltanto —
adultero e traditore seriale,c’è uncontor-
no di amiche, di parenti, diconoscenti, di
vicini dicasa che fanno a gara in perfidia,
invidia ecolpi bassi.
Si salva la protagonista, la multitradita
Alexandra?
Diciamo per il buco della serratura, in
quanto a suavolta, purresistendo onore-
volmente ai numerosicolpi del destino —
o, meglio, appunto di quei parenti, amici
e conoscenti — in fatto di piccole e meno

piccole vendette se lacavaabbastanza
bene.
Unfestival della malvagità è ilromanzo
diFay Weldon, di quella famigliare, do-
mestica, di vicinato, spinta ai livelli estre-
mi che, però, grazie alla penna pungente
(e intinta nelveleno) dell’autrice, proprio
non riesce a far piangere.
Ovvio che il lettore interessato allave-
rosimiglianza dei personaggi, non ne
troverà a sufficienza, invanocercando un
soggetto per lo meno normale, che non
goda necessariamente delle disgrazie
altrui, di quelle della povera Alexandra in
questocaso,condannata dalla vox populi
come pessima madre, moglie adultera,
attrice mediocre e donnaottusa, accecata
dalla propria fama, dalla propria bellezza.
Ma l’intento dell’autrice non è quello di
raccontare unarealtà, bensì unconcen-
trato delle possibilirealtà; e, soprattutto,
di divertire. E, importantissimo, di diver-
tirsi, scrivendo, lei stessa.
©RIPRODUZIONERISERVATA

Algrangirotondodellaperfidia.Divertendosi


Narrativa«Lepeggioripaure»dellabritannicaFayWeldonpubblicatodaFazinonèmoltoverosimilemanonimporta


diGiuseppeGuastella
Letterato

●Nato a Roma
nel 1871,
scrittore, critico
letterario e
giornalista, Ugo
Ojetti (nella
foto) fu una
delle figure
intellettuali più
prestigiose
nell’Italia del
primo
Novecento

●Volontario di
guerra nel
primo conflitto
mondiale, aderì
al fascismo e fu
direttore del
«Corriere della
Sera» tra il
1926 e il 1927.
Morì a Fiesole
nel 1946

Lepeggioripaure
di Fay Weldon è
uscito per Fazi
(traduzione di
Maurizio
Bartocci, pp.
270, e 16). Il
volume era
uscito la prima
volta nel 2002
per lo stesso
editore

La statua di Ovidio in piazza XX settembre a Sulmona (foto da Wikipedia)


Lamobilitazione
Lafirmadel«Corriere»
avrebbevoluto
coinvolgerel’amico
Gabrieled’Annunzio

loro. Non chefosse un liberti-
no, né delresto glielo avrebbe
permesso sua moglie, nobil-
donna piemontese dal piglio
energico, che gli fufedelissima
e richiese altrettanto», scriveva
di Ojetti su questo giornale Ga-
etano Afeltra nel 2003.Poeta
lui stesso, Ojetticonsigliava
che, oltre a d’Annunzio, in quel
comitato sedessero «altri dieci
o dodici poeti viventi» in grado
di spiegare «che Ovidio non è
una statua ma è un uomo.Poe-

diIsabellaBossiFedrigotti


Iracconti
Lagenerositàdella
sirena di Denis Johnson
(traduzione di Silvia
Pareschi) è edito da
Einaudi (pp. 168, e 18):
si tratta di una raccolta
di racconti uscita
postuma nel 2018 (in
Italia nel 2019)

Molti scrittori nel nuovo numero de «la
Lettura», il #430, in edicola fino a sabato 29
febbraio. Marco Missiroli svelacome il
rapportocon sentimenticome l’orgoglio e la
vergogna accomuni tanti grandi, classici
come Gustave Flaubert o di cultocome
Annie Ernaux.Ragiona su rivoluzione e
ribellione Alessandro Piperno, a proposito di
poeticome Arthur Rimbaud (di cui Marsilio
propone la nuova edizione delle Opere ) e

Charles Baudelaire. Quali atmosfere si
legano ai periodi dell’anno? Luca Ricci, in
libreria dal 27febbraiocon il nuovo Gli
estivi , secondo libro della sua quadrilogia
sulle stagioni (La nave diTe seo), scrive per
«la Lettura» 4 racconti dedicati proprio alle
stagioni. Neaveva scritto un elogio su «la
Lettura»: lo scrittore MauroCovacich
apparirà in uncameo nella fiction tv Un
postoalsole , e qui raccontacom’è successo

di finire sul set. Molti autori anche nello
speciale sulfestival I Boreali di Iperborea (al
TeatroParenti di Milano dal 27febbraio al
1° marzo): tra loro, l’olandese Jan Brokken
racconta itemi del suo IGiusti (Iperborea)
nell’intervista di AlessiaRastelli, e la danese
JanneTe ller spiega i meccanismi narrativi
che accomunano i suoi libri per adulti e per
ragazzi. Chiude il numero un racconto
thriller del bestseller George Pelecanos.

In edicola nel weekend


PipernosuRimbaud


conMissirolieCovacich


EarrivanoiBoreali

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