La Stampa - 22.02.2020

(Nandana) #1

ROMA


L


a Russia ha enormi
problemi con le dro-
ghe. E i clan delle loro
mafie, che notoria-
mente sono feroci come po-
chi altri e ormai si sono im-
piantati in mezzo mondo,
stanno dimostrando alla cri-
minalità di tutto il mondo
quanto può essere utile per
il business il cosiddetto
dark-web. In Russia, infatti,
spopola un portale clandesti-
no che si chiama “Hydra” do-
ve si fanno transazioni illeci-
te, si compra e si vende droga,
all’ingrosso e al minuto, attra-
verso centinaia di shop on-li-
ne che affollano la piattafor-
ma. Vi si trova di tutto, anche
documenti contraffatti e hac-

keraggi mirati. I clienti paga-
no con moneta virtuale, in bit-
coin. Lo spacciatore non si
espone. Il tossicodipendente
ordina, paga on-line, poi rice-
ve un messaggio con le istru-
zioni per andare a recuperare
il pacchetto con le dosi. Qual-
che volta la merce arriva a ca-
sa con la posta.
Sembra un film, ma in Rus-
sia è la quotidianità del Gunk,
l’Ufficio per il controllo dro-
ghe. E ieri era a Roma il suo vi-
cedirettore, il generale Ser-
gey Savochkin, per il grande
seminario tra capi delle agen-
zie antidroga organizzato dal-
la nostra Direzione centrale
servizi antidroga. «Nel 2016 -
ha illustrato - è nata una gran-
de piattaforma, “Hydra”, la
cui struttura è simile a molte
altre che esistono in Usa e Eu-
ropa. Vendono vari servizi il-

legali. Il giro di affari è di circa
sette milioni di dollari statuni-
tensi al giorno».

La lotta
Per ostacolare questa piat-
taforma, nel solo 2019 la ma-
gistratura ha ordinato la
chiusura di 22 mila pagine
web. Secondo il monitorag-
gio del Gunk, su “Hydra” per

il 52% si vende la cannabis,
per il 14% le amfetamine,
per il 10% la cocaina, e poi
tutto il resto. La Russia, dun-
que, è un grande mercato
per le droghe. Al pari degli
Stati Uniti, si sente invasa da
sostanze prodotte altrove e
difende le sue frontiere co-
me può. «La federazione rus-
sa - racconta ancora Savoch-

kin - cerca di utilizzare quelli
che sono i meccanismi inter-
nazionali soprattutto per le
banche dato online. Cerchia-
mo anche di controllare le so-
cietà di logistica».
Se però in passato il Gunk
lavorava per frenare l’ingres-
so della cocaina colombiana
che arrivava nei porti del
Nord Europa e poi entrava in
Russia nascosta nei Tir, oppu-
re la marijuana marocchina
che sbarcava in Spagna e da lì
rimbalzava fino a Mosca, o an-
cora l’eroina di produzione af-
ghana che dalla porosa fron-
tiera meridionale entrava nel-
la Federazione, la novità scon-
volgente per i russi è la produ-
zione in casa di droghe sinteti-
che. «L’importazione dei pre-
cursori cambia lo schema», ri-
conosce il generale.
I clan russi sono astuti e si ri-
forniscono di materiali non
controllati. «A livello mondia-
le, per prevenzione si dovreb-
be aggiornare l’elenco delle
sostanze controllate, e quindi
controllare la produzione, la
vendita e soprattutto il rila-
scio di licenze». Anche i russi,
pur con tutte le storiche diffi-
denze, si sono integrati nei cir-
cuiti internazionali di polizia.
«Vorrei sottolineare che negli
ultimi due anni, per decreto
abbiamo inserito 95 nuove so-
stanze nell’albo delle sostan-
ze considerate precursori,
mai sequestrate in territorio
russo, ma sulla base di segna-
lazioni internazionali». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

SERGEY SAVOCHKIN


VICEDIRETTORE UFFICIO


PER IL CONTROLLO DROGHE


LA BATTAGLIA AGLI STUPEFACENTI


Il generale Sergey Savochkin: attorno al portale Hydra ruota un business pari a sette milioni di dollari al giorno

“Traffico di droghe e piccolo spaccio


La mafia russa fa affari nel dark-web”


Ben 57 capi di agenzie antidroga sono stati a Roma per un semi-
nario di lavoro. «La produzione di cocaina ed eroina - commenta
Giuseppe Cucchiara, direttore della Direzione centrale Antidro-
ga - non accenna a diminuire in una sorta di tempesta perfetta,
dove domanda ed offerta si condizionano reciprocamente».

COLLOQUIO


Sergey Savochkin (terzo da destra), ieri a Roma

La piattaforma
consente transazioni
attraverso centinaia
di negozi: i clienti
pagano in bitcoin

L’anno scorso
la magistratura
ha fatto chiudere
ventiduemila
pagine web

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