La Stampa - 22.02.2020

(Nandana) #1

S


ul palco è come lo
champagne», disse
di lei Rudolf Nu-
reyev. «È la libera-
zione dal grigiore»,
per Maurice Béjart.
Sylvie Guillem è stata una del-
le ballerine più importanti del
Novecento, ma soprattutto
una donna coraggiosa. Il co-
raggio l’ha resa libera di volta-
re le spalle allo stesso Nureyev


  • che l’aveva nominata étoile
    dell’Opéra di Parigi a soli 19
    anni, la più giovane di sempre

  • per il Royal Ballet di Londra e
    per una carriera da solista; di
    ritirarsi dalle scene all’apice
    del successo e di diventare, og-
    gi, una guerriera animalista e
    ambientalista, a fianco di Sea
    Shepherd, l’associazione gui-
    data da Paul Watson.
    Nasce a Parigi. In che fami-
    glia?


«Molto semplice, modesta.
Mia madre insegnante di gin-
nastica artistica, mio padre in-
gegnere, casa in periferia».
Sua madre l’avvia alla ginna-
stica, diventa una promessa
olimpica, poi a 11 anni sco-
pre la danza. Cosa aveva in
più della ginnastica?
«Il palcoscenico, il sipario che
si apre».
Étoile a 19 anni. Che ha visto
in lei Nureyev?
«Peccato non poterlo chiedere
a lui. Sapeva che la carriera di
una ballerina è veloce, che
non bisogna aspettare, nono-
stante le regole dicessero il
contrario. Ma lui delle regole
se ne fregava. Immagino ab-
bia visto in me qualità e la fa-
me di salire sul palco e abbia
provato».
Una carriera pazzesca, 39 an-
ni di successi e poi a 50 anni la

decisione di ritirarsi. Quanto
ha sofferto?
«Abbastanza. Pensavo che un
taglio netto fosse meglio di un
dolore che mi corrodesse co-
me un veleno, ma tanto netto
non lo è stato. È che avevo vi-
sto grandi ballerini che aveva-
no fatto un passo di troppo sul
palco e avevo provato un gran-
de dolore. Non volevo questo
per me, arrivare ad impietosi-
re il pubblico. Dovevo decide-
re io quando dire basta, prima
d’essere obbligata a farlo».
Ha lavorato molto?
«Avevo le qualità fisiche, ma sen-
za il lavoro non raggiungi la qua-
lità. La gente pensa che sia suffi-
ciente ballare, ma per esaltare il
personaggio devi interpretarlo,
trasmettere che cosa senti, il ca-
rattere. Sì, ho lavorato davvero
molto e me ne sono resa conto
solo quando ho smesso».

Di lei hanno detto: altera,
snob, intollerante, bellissi-
ma, scomoda...
«Bah, mi riconosco in poche di
queste definizioni. La verità è
che io facevo il mio mestiere
con rispetto e lavoro e mi aspet-
tavo fosse riconosciuto. Se
non accadeva, lo dicevo. E così
anche quando vedevo in tea-
tro gente, dagli attrezzisti ai di-
rettori di compagnia che non
mettevano nella loro opera in-
telligenza, passione, onestà,
talento. Il teatro è un posto ec-
cezionale e tu devi essere ecce-
zionale. Non c’è spazio per l’ap-
prossimazione, l’arrivismo,
l’arroganza».
L’hanno soprannominata
Miss No.
«Il primo l’ho detto al coreogra-
fo Kenneth McMillan ed era
stata una bomba. Come ha osa-
to, dicevano... Ma non era per
mancanza di modestia. Io vole-
vo scegliere quando, cosa, chi.
Perché sul palco volevo essere
libera, leggera, luminosa.
Champagne, come sosteneva
Nureyev. Il quale però diceva
anche che prima di salirvi mi
prendevo a pugni in faccia, tan-
to ero dura con me stessa. Rigo-
rosa, perfezionista».
Dimentichiamo la danza. Og-
gi è animalista, ambientali-
sta, vegana. È stato un proces-
so lungo o un taglio netto an-
che questo?
«Mi ci è voluto tempo per arri-
vare a una decisione più radi-
cale, l’essere vegana. Ma pri-
ma non avevo mai fatto male a
un animale. Semplicemente
facevo come tutti: la carne la
mangiavo per abitudine, an-
che se non mi piaceva. Finché
ho visto un docufilm e ho reagi-
to in modo profondo. Mi sono
informata, ho studiato. E ho
deciso che dovevo cambiare,
che non era tardi e che non
avrei più voluto far parte della
sofferenza degli animali, della
natura. Senza compromessi».
Rigorosa come nella danza.
Finanche al boicottaggio.
«Se l’umanità vuole salvarsi de-
ve prendere le cose in mano.
Da una parte ci sono le lobbies,
le mafie, la politica e dall’altra
ci sono quelli che consentono
loro di vivere, vale a dire noi.
Se noi non usiamo più plasti-
ca, non mangiamo più carne,
più prodotti agricoli e indu-
striali tossici loro smetteranno
di produrre. Diversamente,
non lo faranno».
Perché Sea Shepherd?
«Per il discorso intelligente,
umano, chiaro di Paul Wa-
tson, il suo capo. Perché com-
batte sul campo con coraggio,
contro le spadare, il massacro
dei globicefali, mettendosi tra
le balene e gli arpioni. Per la
coerenza: sulle sue navi tutti
sono vegani».
Che ne pensa di Greta Thun-
berg? La loro sarà una genera-
zione migliore?
«Spero di sì. Il problema è che
abbiamo già distrutto l’80% del
mondo che spetta loro. Ma non
possiamo lasciare a Greta e agli
altri giovani la responsabilità
del futuro: bisogna agire ades-
so, informandoci ed educando
noi stessi, quindi educando i no-
stri figli. Facendo loro anche
paura, sì. Perché quello che sta
accadendo fa paura».—
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ieri

Nata a Parigi nel 1965 si è for-
mata alla scuola di ginnastica
artistica fino agli 11 anni. En-
trata alla scuola dell'Opéra di
Parigi all'età di dodici anni, è
ammessa nel corpo di ballo
nel 1981 all'età di 16 anni. Do-
po tre anni è nominata étoile
da Rudolf Nureyev.

Sylvie Guillem

“Sul palco ero champagne

Oggi sono una guerriera vegana

e mi batto per le balene”


  1. Ètoile a soli 19 anni all’Opéra di Parigi, Sylvie Guillem ha avuto una carriera folgorante durata 39 anni; 2 e 3. La ballerina francese davan-
    ti a una nave di Sea Shepherd e su una imbarcazione dell’associazione ambientalista guidata da Paul Watson, di cui è una sostenitrice


Oggi
Nel 2015 annuncia di
voler interrompere la carriera
(«Mi ritiro quando sono al
massimo»). Sposata col foto-
grafo Gilles Tapie, oggi tra-
scorre diverso tempo anche
in Italia ed è sostenitrice
dell'associazione ambientali-
sta “Sea Shepherd”.

L’INTERVISTA DEL SABATO


GILLES TAPIE GILLES TAPIE


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GILLES TAPIE


GILLES TAPIE


SABATO 22 FEBBRAIO 2020LASTAMPA 27


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