Il Sole 24 Ore Sabato 22 Febbraio 2020 7
Politica
IL VIRUS CAMBIA
LE CARTE A RENZI
E L’AGENDA
AL CONTE II
di
Lina
Palmerini
A
lla fine a disinnescare
la sua operazione poli-
tica è stato il coronavi-
rus. Si potrà anche dire
che Matteo Renzi giocherà in fu-
turo le sue carte, che posticiperà
le sue rivendicazioni sul Gover-
no ma di fatto l’allarme scattato
ieri sui primi casi di contagio in
Italia gli rovescia il tavolo. E
smonta quel palcoscenico me-
diatico che il leader toscano si
era costruito con tanto di an-
nunci in tv e prossime tappe già
programmate tra cui l’incontro
a Palazzo Chigi con il premier.
Diventa lunare, in questo qua-
dro, parlare di sindaco d’Italia o
di prescrizione - come hanno
fatto in queste ultime ore i ren-
ziani - quando l’attenzione degli
italiani è concentrata sul virus e
l’Esecutivo deve dare prova di
saper arginare i rischi. La novità
di ieri ha quindi stravolto
l’agenda delle priorità e perfino
le questioni economiche - quel
piano shock sugli appalti di Ita-
lia Viva o la cura da cavallo del
premier - diventano secondarie
rispetto alle primarie preoccu-
pazioni per la salute.
Quello che proprio non fun-
ziona più è parlare di crisi e di
redde rationem nella maggioran-
za quando dovrebbe esserci un
Governo pienamente in carica
per affrontare il senso di allarme
che si diffonde nell’opinione
pubblica. Una frenata delle osti-
lità è quindi nei fatti. Certamen-
te per Renzi che, insistendo,
perderebbe le ultime chance di
mettersi in sintonia con gli
umori popolari ma a questo
punto è anche il premier che de-
ve decidere cosa fare. Lui è stato
sfidato dal senatore fiorentino e
aveva già programmato le sue
comunicazioni e il voto in Parla-
mento (il o di marzo) ma
adesso dovrà scegliere se andare
e se usare anche il piano sanita-
rio per inserirlo nell’Agenda
come nuova sfida dell’Ese-
cutivo. Sarebbe comunque un
passaggio di chiarezza necessa-
rio davanti a un’emergenza che
richiede una prova di compat-
tezza della maggioranza. Il ri-
schio, invece, è che se evita il
passaggio parlamentare, anche
le modalità con cui affronterà le
urgenze legate al virus possano
diventare, più in là, motivo di
polemica nelle mani dei renzia-
ni. Tanto vale condividere - con
un voto in Aula - il momento più
drammatico che sta affrontando
il Governo. E le scelte che saran-
no messe in campo.
Ma se va in scena una tregua
in nome del virus, questo è solo
un aspetto. L’altro, più impe-
gnativo, è che diventa un vero
banco di prova per il Conte bis su
cui i cittadini non faranno scon-
ti. E infatti l’opposizione di Sal-
vini già affila le armi rispolve-
rando il tema della chiusura dei
confini dall’Africa e di Schengen.
Tra l’altro, vista oggi, a maggior
ragione appare sensata l’inizia-
tiva che presero i Governatori
del Nord chiedendo al ministro
della Sanità una quarantena per
gli alunni tornati dalla Cina.
«Nessuna necessità di so-
spendere Schengen»,diceva
Conte ieri. Ma mai come in que-
sta fase sembra necessario con-
dividere le scelte con tutti i parti-
ti e i ministri. Soprattutto se pos-
sono diventare un argomento
aggiuntivo di polemica in quella
che oggi è una tregua nella coali-
zione ma che presto tornerà a
darsi battaglia.
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POLITICA 2.
ECONOMIA & SOCIETÀ
ONLINE
«Politica 2.
Economia & Società»
di Lina Palmerini
su
ilsole24ore
.com
Revisione della spesa,
occasione sprecata
da 5,5 miliardi
all’anno di risparmi potenziali che
diventerebbero effettivi se gli ac-
quisti centralizzati diventassero
davvero la regola nella Pubblica
amministrazione.
Per capirlo bisogna addentrarsi
nel lessico della Consip, la società del
ministero dell’Economia che si trova
al centro della galassia degli acquisti
pubblici. La società, spiega l’ultimo
bilancio della Consip, nel ha
«presidiato» , miliardi di spesa,
con un aumento del ,% rispetto al-
l’anno precedente che l’ha portata a
raggiungere quasi la metà dei mi-
liardi che ogni anno la Pubblica am-
ministrazione spende in consumi
intermedi. Ma la spesa «presidiata»
è quella per la quale esiste almeno
un contratto attivo nell’anno. Ed è
soprattutto diversa dalla spesa «ero-
gata», cioè quella effettivamente
passata da Consip nell’anno. Questo
dato si ferma a , miliardi, e offre
insieme una notizia positiva e una
negativa: perché in un anno è cre-
sciuto del %, ma non arriva a un
quarto della spesa presidiata e a un
ottavo di quella complessiva.
Perché è tutta la macchina della
centralizzazione ad andare a strap-
pi. Ed a conoscere accelerazioni e
frenate continue a seconda di quale
spinta domina momentaneamente
il complicato processo italiano di
produzione delle leggi. L’ultima ma-
novra, per esempio, ha accelerato,
allargando gli obblighi di acquisto
centralizzato agli autoveicoli e la
possibilità di utilizzare la piattafor-
ma telematica del Mef nei lavori
pubblici, e ha ampliato l’utilizzo ob-
bligatorio degli accordi quadro e del
sistema dinamico di acquisizione.
Ma è arrivata a pochi mesi da uno
sblocca-cantieri che ha trasformato
da obbligo a facoltà gli acquisti cen-
tralizzati nei Comuni non capoluo-
go, intervenuto dopo che la manovra
aveva alzato da mille a mila
euro la soglia minima che fa scattare
l’obbligo di rivolgersi al mercato te-
lematico degli acquisti pubblici.
Tanta variabilità non si registra
invece in quello che appare il capi-
tolo più ambizioso della riforma del
, e che da allora rimane inat-
tuato: la «qualificazione» delle sta-
zioni appaltanti, che avrebbe dovu-
to ridurre del -% i centri di spe-
sa limitando il campo di gioco ai
soggetti in grado di ottenere una
patente di affidabilità sulla loro ca-
pacità operativa. Anche qui il prin-
cipio è semplice, ed è quello del
controllo che guida tutto il processo
di centralizzazione. Ma, evidente-
mente, è troppo ardito per tradursi
in un decreto attuativo.
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ACQUISTI CONSIP
L’Osservatorio di Cottarelli:
forte gap tra spesa presidiata
e spesa realmente erogata
Duello Conte-Renzi congelato
L’emergenza rinvia la crisi
Emilia Patta
Manuela Perrone
ROMA
L’emergenza coronavirus irrompe
nella partita a scacchi in corso ormai
da giorni nella maggioranza. Giuseppe
Conte rientra a Roma da Bruxelles e
smorza ogni polemica: «La priorità è
questa». Le stesse parole che usa Mat-
teo Renzi in serata - «ora tutti devono
sostenere l’azione del Governo» -
escludendo la possibilità di aprire una
crisi in pieno rischio epidemia. Anche
se soltanto in mattinata su Facebook
aveva rilanciato il suo “prendere o la-
sciare”. La tregua forzata è tale che po-
trebbe persino slittare la resa dei conti
finale. Ma se la tabella di marcia fosse
confermata, avrebbe due tappe crucia-
li: l’incontro tra il premier e il leader di
Italia Viva a metà settimana e le comu-
nicazioni di Conte alle Camere sul-
l’agenda il o il marzo.
I segnali di un possibile disgelo, sia
pure temporaneo, sono più di uno. Al
Consiglio dei ministri di martedì sera
approderà il Family Act della ministra
renziana Elena Bonetti. E dei quattro
punti indicati come dirimenti da Ren-
zi - il piano shock per le opere, la giu-
stizia, l’abolizione o il cambiamento
del reddito di cittadinanza e la propo-
sta di riforma costituzionale per in-
trodurre l’elezione diretta del capo del
Governo - quello sui cantieri potrebbe
trovare una convergenza e scongiu-
rare almeno per il momento l’ipotesi
del ritiro della delegazione governati-
va da parte di Iv già ai primi di marzo.
Un armistizio centrato sulla ripar-
tenza dei cantieri è però il massimo
che Conte potrebbe concedere, visto
il logoramento dei rapporti. D’altron-
de Renzi ancora ieri sera confidava ai
suoi di sentirsi «già fuori dal Gover-
no» e di essere convinto che Pd e MS
non sono disposti a fare reali aperture
sugli altri punti da lui indicati. «Con le
sue sparate Renzi non fa male a me, a
Conte o al Governo, ma al Paese», ha
attaccato il capo politico pentastellato
Vito Crimi. E anche il ministro degli
Esteri Luigi Di Maio, che finora si era
tenuto lontano dalle polemiche nella
maggioranza, ha avvertito: «Bisogna
mostrare compattezza. In questi mo-
menti serve una politica con senso di
responsabilità». Duro anche il vicese-
gretario dem Andrea Orlando: «Mi
auguro il massimo grado di coesione
e unità. Purtroppo, lette le dichiara-
zioni di molti, non ne sono certo».
È tuttavia significativo che alcuni
parlamentari di Iv invitino a una lettu-
ra attenta delle “condizioni” snoccio-
late dal leader. Ad esempio, fanno no-
tare, si parla soltanto di evitare il «po-
pulismo giustizialista» ma non si no-
mina il nodo prescrizione. Quanto al
reddito di cittadinanza, le opzioni
messe sul tavolo sono due: eliminarlo
o modificarlo. Se l’abolizione è inac-
cettabile per il MS, l’esigenza di un
rafforzamento della seconda gamba
delle politiche attive per il lavoro è in-
vece condivisa sia dai Cinque Stelle sia
soprattutto dai dem. E persino sul
“sindaco d’Italia” «avviare un tavolo di
confronto non costa nulla», fanno no-
tare i trattativisti di Italia Viva.
L’eventuale ricucitura momenta-
nea passerebbe naturalmente anche
dalle nomine ai vertici delle par-
tecipate che vanno al rinnovo in pri-
mavera. Una partita in cui, se decide
di restare, Renzi vuole contare. An-
che se le vicende degli ultimi giorni
hanno fatto scendere ai minimi sto-
rici la fiducia tra gli alleati. Tant’è
che Pd e MS hanno sollecitato tutti
i loro parlamentari a essere presenti
in Aula lunedì alla Camera quando si
voteranno a scrutinio segreto le pre-
giudiziali al decreto intercettazioni:
senza i renziani la maggioranza
avrebbe soltanto sei voti di vantag-
gio. E tra i pentastellati di governo è
forte il sospetto che Renzi voglia co-
munque far saltare l’Esecutivo Con-
te più avanti. Magari dopo aver in-
cassato sulle nomine.
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LE LITI NEL GOVERNO
Il premier rientra subito da
Bruxelles. Di Maio avverte:
«Serve compattezza»
Il leader Iv: «Sostenere
il Governo». Ma i nodi politici
restano. Spiragli sui cantieri
IN BILICO FRA GOVERNO E OPPOSIZIONE
Fiducia appesa alle manovre di 35 senatori
Mariolina Sesto
ROMA
Cosa succede in Parlamento - e
soprattutto in Senato - se Italia
viva ritira il suo appoggio alla
maggioranza? Potrebbe scattare
la ricerca di un sostegno alterna-
tivo. Chi conosce la composizio-
ne dei gruppi parlamentari e le
dinamiche in atto al loro interno
ha già fotografato un’area com-
posta da - senatori nella
quale si potrebbe trovare un sal-
vagente pro-Conte. O, anche, un
gruppo “stabilizzatore” della le-
gislatura, disponibile a scendere
in campo perché le Camere non
vengano sciolte prima del loro
termine naturale.
Nella maggior parte dei casi si
tratta di parlamentari di estrazio-
ne centrista, anche se nel caldero-
ne ci sono anche uomini e donne
di destra o simpatizzanti della si-
nistra. Interpellati, tutti smenti-
scono, ma intanto si preparano a
tutti gli scenari possibili.
Il gruppo centrista per defini-
zione è quello di Italia viva, che
conta al Senato esponenti più
Riccardo Nencini, il socialista che
ha “prestato” a Renzi il simbolo
(con il quale è stato eletto) per
formare il gruppo. Gruppo che
oggi vota la fiducia a Conte ma
domani potrebbe spostarsi - in
tutto o in parte - all’opposizione
o appoggiare un altro governo.
C’è poi il gruppo degli ex Movi-
mento Cinque stelle fuoriusciti e
confluiti nel gruppo misto. Ne
fanno parte otto senatori, alcuni
dei quali - come Buccarella, De
Falco, Di Marzio e Fattori - votano
stabilmente i provvedimenti del
governo Conte e le relative fidu-
cie. Altri, come Ciampolillo, scel-
gono invece a seconda dei casi.
Variegata l’area dei forzisti.
Al Senato il gruppo di Forza
Italia conta parlamentari, di
cui almeno sette potrebbero
fare scelte autonome. Ad
esempio se la deputata Mara
Carfagna - che ha varato la sua
associazione “Voce libera” -
dovesse decidere di lasciare il
partito di Silvio Berlusconi,
quattro senatori a lei vicini
(Mallegni, Dal Mas, Stabile e
Masini) potrebbero seguirla. Si
parla poi - anche se molti ne-
gano - di un possibile allonta-
namento dal gruppo di altri se-
natori come Paolo Romani,
Sandro Biasotti, Andrea Cau-
sin e Gaetano Quagliariello.
Più omogenea l’area degli ex
Dc, corteggiatissima perché an-
che questa dispone di un simbolo
elettorale che potrebbe tornare
utile nel caso di fondazione di un
nuovo gruppo parlamentare. Ne
fanno parte Antonio De Poli, An-
tonio Saccone e Paola Binetti che
sono stati eletti sotto le insegne
dell’Udc di Lorenzo Cesa e oggi
siedono nel gruppo di Forza Ita-
lia. Per alcuni non sarebbe certo
una scelta facile. Un senatore co-
me De Poli, che ricopre l’ambitis-
simo ruolo di questore anziano in
quota opposizione, forse più dif-
ficilmente passerebbe sotto le in-
segne della maggioranza.
Infine ci sono altri singoli se-
natori, come il socialista Riccardo
Nencini, che potrebbero muover-
si in autonomia. Tutti però con
l’obiettivo comune di salvare le
sorti della diciottesima legislatu-
ra. Ed evitare il voto anticipato.
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Stabilizzatori della legislatura
(con o senza Conte)
divisi in cinque gruppi
I GRUPPI «MOBILI» AL SENATO
Gli schieramenti in campo
Sono cinque le aree politiche in
cui si muovono i senatori che
potrebbero “salvare” la legislatura
se Italia viva decidesse di uscire
dalla maggioranza: il gruppo di
Italia viva, quello dei fuoriusciti
M5S che siedono nel gruppo
Misto, alcuni senatori di Forza
Italia vicini a Mara Carfagna o a
Paolo Romani, gli Udc che siedono
nel gruppo di Forza Italia e altri
singoli esponenti come il
socialista Nencini
ELENA
FATTORI
Ex senatrice del
Movimento
Cinque stelle,
ora nel gruppo
Misto
Ex M5S
Nel gruppo Misto del Senato
siedono otto senatori fuoriusciti
dal Movimento Cinque stelle.
Alcuni votano stabilmente
con il Governo, altri decidono
caso per caso
MATTEO
RENZI
Il leader di Italia
viva ed ex
premier
Italia viva
Il gruppo conta al Senato 17
senatori (più Nencini): la
maggior parte proviene dal
Partito democratico, qualcuno
come la senatrice Conzatti, da
Forza Italia
PAOLO
ROMANI
Senatore di
Forza Italia
Da Forza Italia
All’interno del gruppo di Forza Italia,
che è composto da 61 senatori, 7-
esponenti potrebbero lasciare il
gruppo o autonomamente o se, ad
esempio, la deputata Mara
Carfagna uscisse dal partito
«Pluralismo Rai violato,
conseguenze erariali»
Andrea Biondi
Se la Rai viene meno al suo ruolo di
«garante dell’informazione», le «con-
seguenze» finiscono anche per essere
«di ordine erariale stante il contributo
pubblico (canone) percepito dalla
Rai». Una frase non da poco questa
della delibera con cui Agcom mette in
fila motivi ed episodi alla base della
sanzione da , milioni per mancato
rispetto dei principi di indipendenza,
imparzialità e pluralismo. L’azienda
in serata bolla i rilievi dell’Autorità co-
me «infondati e gravemente lesivi
della libertà editoriale e d’impresa».
La decisione Agcom è della scorsa
settimana ed è stata pubblicata ieri,
nel giorno di un Cda in cui l’ad Fabri-
zio Salini ancora una volta non è riu-
scito a portare il pacchetto di nomine
per il rinnovo dei direttori dei Tg, co-
me richiesto in particolare dal Pd. Il
timing ha attirato sull’Autorità criti-
che e l’accusa - per la Lega si tratta di
«barzelletta che non fa ridere» - di
muoversi secondo logiche politiche.
Rilievi accolti con stupore in Agcom
per «valutazioni che non guardano al
merito giuridico e agli aspetti qualita-
tivi ma anche quantitativi alla base
del procedimento». Come a dire: i fat-
ti sono fatti e la sanzione, sebbene sia
la più alta inflitta alla Rai, è pari allo
,% dei ricavi contro un limite
massimo del %.
Nel mirino dell’Authority diversi
episodi riguardanti il Tg, a partire dal
servizio sul «fallimento del modello
svedese di accoglienza degli immigra-
ti», ma anche il servizio della Tgr Emi-
lia-Romagna sui nostalgici di Predap-
pio, o momenti di programmi come
Cartabianca, L’Approdo, Realiti. Nel
calderone anche il Festival di Sanre-
mo sul tema della «rappresentazione
dell’immagine femminile». Fra le mo-
tivazioni spicca «una costante, reite-
rata e sistematica sotto-rappresenta-
zione della prima forza politica pre-
sente in Parlamento»: il MS. Che
quindi sarebbe il più danneggiato dal-
la Rai targata Salini. Il quale però è
espressione proprio del MS. Agcom,
commenta Alberto Airola (MS), san-
ziona la Rai «nel momento in cui il Pd
tenterebbe di delegittimare l’ad Sali-
ni? Vogliono prendersi tutta la torta?».
Intanto ieri l’ad Salini ha concluso
il Cda esaltando i risultati di questi
mesi invitando alla collaborazione
costruttiva da parte di tutti in azien-
da. «Ci sono una montagna di pro-
blemi”, ha chiosato la consigliera Ri-
ta Borioni (Pd).
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LA MULTA AGCOM
L’Authority solleva anche
il nodo del canone. L’azienda
replica: «Rilievi infondati»
Gianni Trovati
Un numero: , miliardi di euro.
Un’occasione (per ora) sprecata: la
centralizzazione degli acquisti da
parte delle Pubbliche amministra-
zioni. E per di più in una riforma che
tutto sommato ha funzionato, no-
nostante la continua altalena nel
gioco dell’oca normativo che carat-
terizza le troppe regole italiane.
Il riassunto dei risultati rag-
giunti e di quelli mancati dal lungo
processo di centralizzazione degli
acquisti pubblici è offerto da una
nota che l’Osservatorio della Catto-
lica sui conti pubblici italiani diret-
to da Carlo Cottarelli pubblicherà
oggi. E piomba sulla stretta attuali-
tà del dibattito sulla futuribile ri-
forma dell’Irpef che proprio da una
nuova opera di spending review
dovrebbe raccogliere le risorse per
abbassare la pressione fiscale sul
lavoro senza far saltare i conti pub-
blici. Ma la spending review, per
produrre risultati, va fatta davvero.
E seguita nel tempo. Come mostra
la lunga storia della centralizzazio-
ne degli acquisti.
Il principio, elaborato fin dal
, è in linea teorica piuttosto
semplice. Le oltre mila pubbliche
amministrazioni italiane acquista-
no ogni giorno computer, stampan-
ti, carta, arredi, strumenti medici e
tutto quel che serve loro per funzio-
nare. Si tratta dei cosiddetti «consu-
mi intermedi», cioè i beni e i servizi
che sono indispensabili alla mac-
china pubblica per svolgere la pro-
pria attività ed erogare i servizi. Se
questi acquisti passano da una serie
limitata di soggetti verificati, è il
principio, il loro costo sarà inferiore
rispetto a quello prodotto dalla li-
bertà totale d’azione sul territorio,
per sua natura incontrollabile e sog-
getta a possibili rigonfiamenti pato-
logici dei prezzi per nascondere cor-
ruzione e rapporti opachi tra forni-
tori e acquirenti.
Questo risparmio medio ha ani-
mato per anni il dibattito un po’
stucchevole sul costo della siringa,
variabile da Regione a Regione. Ma
oggi è quantificabile. Gli acquisti
controllati, calcola lo studio a firma
di Stefano Olivari sulla base dell’ul-
tima rilevazione Mef-Istat sul tema,
costano in media il % in meno.
Nascono da qui i , miliardi di euro
Mattarella: la democrazia
dà voce alla diversità
VISITA ALLA SINAGOGA DI ROMA
Visita privata alla comunità ebraica di Roma del capo dello Stato Sergio
Mattarella (foto). «La democrazia - ha detto nel discorso al Tempio
Maggiore - esiste proprio perché dà voce alle diversità, ai contributi
differenti che vi sono nella società. E il contributo recato dalla comunità
ebraica del nostro Paese è decisivo nella storia d’Italia. Non sempre
questo è stato compreso, ci sono stati tanti periodi di sofferenza: 82 anni
fa - ha ricordato - l’Italia ha vissuto la vergogna delle leggi razziali. Vi sono
stati momenti drammatici, pochi anni dopo, crudeli e tragici».
ANSA
ANTONIO
DE POLI
Senatore eletto
nelle liste
dell’Udc,
ora siede
nel gruppo di Fi
Eletti con l’Udc
Ci sono in Senato tre
parlamentari eletti con il simbolo
dell’Udc di Lorenzo Cesa: sono il
questore anziano Antonio De
Poli, Paola Binetti e Antonio
Saccone
RICCARDO
NENCINI
Senatore eletto
con il simbolo
del Psi, ora siede
nel gruppo Iv
Il simbolo del Psi
Riccardo Nencini è stato eletto con
il simbolo del Psi, che ha prestato a
Matteo Renzi per poter formare un
gruppo parlamentare. Se Iv uscisse
dalla maggioranza Nencini potrebbe
decidere autonomamente cosa fare