La Stampa - 04.03.2020

(Barré) #1

LA STAMPA


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LA TIRATURA DI MARTEDÌ 3 MARZO 2020


È STATA DI 156.523 COPIE


LI


LETTERE


& IDEE


N


on è mai prudente trarre una mo-
rale dalle storie quando ancora
non è chiara la conclusione. È
pur vero, d’altro canto, che quel-
le che riguardano la salute pub-
blica sono così rilevanti, che
aspettarne la fine rischia di rendere vano lo
sforzo di trarne un insegnamento collettivo.
L’epidemia di coronavirus che imperversa (al-
meno) da un paio di settimane nel nostro Pae-
se è un fatto straordinario che interpella tutti,
per fare meglio da subito e contribuire a scrive-
re un finale, se non lieto, quantomeno accetta-
bile e sostenibile.
Gli spunti sono indubbiamente molti, ma
nel perimetro delle mie competenze mi limite-
rò a richiamarne tre: uno mediatico, uno scien-
tifico e uno politico.
Da un punto di vista mediatico, il caso del
Cov-19 riafferma il ruolo centrale svolto dalle
fonti d’informazione «tradizionali», a comin-
ciare dalla stampa quotidiana e dai telegiorna-
li, la cui copertura intensiva e allarmistica ha
avuto il potere di condizionare l’agire quotidia-
no di milioni di cittadini: influenzare la salien-
za attribuita dai cittadini ai temi del dibattito
pubblico è un potere enorme, utile e necessa-
rio per la vita democratica, che impone però
grande senso di responsabilità, ad esempio ri-
nunciando definitivamente alla massimizza-
zione del modello «acchiappa click» dell’edi-
zione straordinaria perenne, equivalente del-
lo strillone allarmato cartaceo.
Venendo al secondo punto, il virus ha segna-
to un’evoluzione sul fronte della rappresenta-
zione pubblica della conoscenza «esperta». La
presenza attiva delle donne e degli uomini di
scienza sui nuovi media ha prodotto, per la pri-
ma volta con tale intensità, un’ampia disponi-
bilità di approfondimenti e commenti a propo-
sito di ciò che sta capitando, portando alla ri-
balta conflitti interni e processi dialettici che,

benché fisiologici e salutari per chi pratica la
scienza di mestiere, sono di norma confinati
nel retroscena (valutazioni curriculari, concor-
si, dibattiti specialistici, revisioni tra pari). È
ancora presto per osservare le conseguenze di
tale novità, soprattutto sul fronte della fiducia
nei saperi esperti, ma fin d’ora possiamo ipotiz-
zare un aggravio di costi a carico del cittadino
«comune»: nell’era della scienza social, gli si
chiede non solo di saper discernere tra posizio-
ni scientifiche e pseudoscientifiche (come av-
venuto, peraltro senza troppo successo, nei ca-
si Di Bella, Stamina o Xylella), ma anche di at-
trezzarsi a riconoscere chi, nella schiera di au-
torevoli esponenti della comunità scientifica
attivi online o invitati in tv, sia più attendibile
rispetto all’argomento che di volta in volta sa-
rà portato alla sua attenzione.
L’ultimo punto ricade, infine, nel dominio
della comunicazione politica. Forse preda
dell’ossessione da «panico di massa», i decisori
pubblici, a cominciare dal governo, non hanno
presidiato adeguatamente la loro esposizione
mediatica, tantomeno la cornice comunicati-
va nella quale andava in scena (perché la Prote-
zione Civile e non Palazzo Chigi?), contribuen-
do paradossalmente ad alimentare quel pani-
co che avrebbero voluto disinnescare sul nasce-
re. La fiducia dei cittadini è una risorsa scarsa,
non da oggi, e se le istituzioni intendono pre-
servare la minima dose di credibilità necessa-
ria ad affrontare con pieni poteri questa emer-
genza, è fondamentale scegliere una linea
chiara e perseguirla coerentemente, nonostan-
te le legittime pressioni di chi vorrebbe (e, in
larga parte, ha già ottenuto) che tutto ripren-
desse come nulla fosse. Agire secondo il princi-
pio di precauzione è stata una scelta, non un
destino. Derogare tale principio a metà del
guado enfatizzerebbe i disagi, senza alcun be-
neficio per la salute pubblica. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

TM


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P


ur lodevole in una situazione d’emer-
genza come l’attuale, non è certo parti-
to in discesa il tentativo di Conte di
coinvolgere l’opposizione nella defini-
zione delle prime misure economiche
anti-crisi, per assicurare ai decreti del
governo un iter parlamentare più rapido e condivi-
so. Salvini non ha neppure aspettato l’incontro tra
il premier e la delegazione del suo partito per spa-
rare a zero sul governo, e preannunciare il suo
“no” alle prime decisioni per arginare le conse-
guenze della paralisi economica indotta dal coro-
navirus. Forza Italia, per bocca delle due capo-
gruppo Gelmini e Bernini, ha ipotizzato una serie
di correzioni che imporrebbero una riscrittura dei
provvedimenti in preparazione. Alla fine i più pos-
sibilisti, ma fino a un certo punto, sono stati quelli
di Fratelli d’Italia, fedeli alla nuova linea modera-
ta che spinge Meloni in alto nei sondaggi.
Un atteggiamento incomprensibile, che con-
traddice il senso di responsabilità mostrato a cal-
do dagli stessi interlocutori, di fronte all’impenna-
ta del virus e all’evidente sofferenza in cui è entra-
to il Nord del Paese, con conseguente rallenta-
mento, e in qualche caso blocco dell’apparato pro-
duttivo nazionale. Dal turismo alla moda, al siste-
ma dello svago, cinema, teatro, e negli ultimi gior-
ni anche all’industria vera e propria, che sconta un
collasso dei mercati e addirittura i primi respingi-
menti dei prodotti da esportazione causa panico
da contagio, il grido di dolore di imprenditori
grandi e piccoli sta assumendo dimensioni preoc-
cupanti. E richiede un rapido intervento, per tam-
ponare la congiuntura ed evitare che si comincino
a manifestare gli effetti anche in termini di cancel-
lazione di posti di lavoro nelle aziende che si fer-
mano.
Perché allora Salvini più dichiaratamente, ma
anche Berlusconi e Meloni, che pure avevano vo-
tato il primo decreto d’emergenza del governo,
hanno innestato la retromarcia? Innanzitutto per-
ché pensano che la crisi del coronavirus sarà lun-
ga, e il governo, che al momento gode di un certo
consenso, malgrado le incertezze e le esagerazio-
ni dei primi giorni, alla fine ne sconterà le conse-
guenze, nel senso che non sarà in grado di appron-
tare i rimedi necessari al crollo dell’economia che
s’annuncia, nell’Italia che già barcollava sul filo
della recessione, prima che arrivasse l’epidemia a
peggiorare la situazione. Puntare sulla rovina del
governo giallo-rosso, ma in realtà del Paese, non è
un gran che. Ma si sa che tra Salvini e Conte, così
come tra Renzi e Conte, è in corso una partita spie-
tata, che prevede che a conclusione dei rispettivi
duelli uno solo resti in piedi.
Inoltre i leader dell’opposizione, nonché
l’ex-premier e fondatore di Italia viva, considera-
no possibile il fallimento dell’iniziativa per ottene-
re maggiore flessibilità dall’Europa, in forza di un
evento imprevisto e catastrofico come l’epidemia
da coronavirus, sebbene il commissario agli Affari
economici, Paolo Gentiloni, abbia annunciato
maggiore disponibilità da parte della commissio-
ne europea. Tra il dire e il fare di Bruxelles, in effet-
ti, troppo spesso c’è di mezzo il mare. E non è detto
che al primo vertice le rivalità tra i membri del
Nord dell’Unione, più gelosi di politiche di rigore
che singolarmente sono abituati a rispettare, e
quelli meridionali, al momento più colpiti dall’e-
mergenza, possano riaffiorare difficoltà come
quelle che in passato hanno impedito accordi seri
su problemi gravi e incombenti, come l’immigra-
zione. E questo anche a dispetto del fatto che Fran-
cia e Germania potrebbero presto aggiungersi al-
la lista dei partner europei che reclamano un sensi-
bile cambio di linea da parte delle autorità euro-
pee. Inoltre va considerato che la questione dei
profughi siriani, riaperta all’improvviso dal lea-
der turco Erdogan, aggiunge tensione a tensione,
e non fa prevedere sbocchi positivi.
Non è la prima volta, anche in tempi recenti,
che i rapporti tra governo e opposizione passano
per un tentativo di appeacement e subito dopo ri-
precipitano nel muro contro muro. In fondo an-
che Berlusconi, all’inizio del suo mandato, diede
una stretta di mano simbolica a Napolitano, allora
suo avversario. Ma ne seguì il ventennio che sap-
piamo. Stavolta c’erano e rimangono tutte le ra-
gioni per ripensarci, in presenza di un problema
così grave che riguarda il mondo intero. Eppure,
sbagliando, le nostre opposizioni, esterne e inter-
ne al governo, preferiscono scommettere sul disa-
stro. —
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L’OPPOSIZIONE


SCOMMETTE


SUL DISASTRO


MARCELLO SORGI


SEGUE DALLA PRIMA PAGINA


LA COMUNICAZIONE POLITICA


TRAVOLTA DAL PANICO DI MASSA


GIUSEPPE TIPALDO


N


el futuro digitale che ci stiamo co-
struendo diventeremo padroni
di noi stessi per governare il no-
stro passato in base a ciò che oggi
ci piace di più. Come i dittatori
dei regimi totalitari del Novecen-
to potremo togliere dalle foto tutto ciò che il tem-
po ha allontanato o trasformato, gli amici, gli
amori, persino i nostri sentimenti. Il nuovo iPad
ha inserito questa funzione che una pubblicità
di Apple presenta con una matita che cancella le
persone: «Trasformare un ricordo nel ricordo
perfetto è semplice, con iPad». Cambierà così
anche il significato di una fotografia, che non sa-
rà più l’istantanea di una realtà che vogliamo
conservare, ma solo la narrazione che ne resta
per ciò che siamo diventati, o che crediamo di es-
sere diventati. Volendo esagerare, ma mica tan-
to, c’è qualcosa in tutto questo che fa pensare al
romanzo dispotico di George Orwell, 1984, e
ad alcuni suoi slogan: «La menzogna diventa ve-
rità e passa alla storia. Chi controlla il passato
controlla il futuro, chi controlla il presente con-
trolla il passato».
Da domani potremo cancellare dai nostri ri-
cordi un amore tortuoso che ci ha fatto soffrire o
l’immagine dell’amante che vogliamo nascon-
dere al coniuge, così come Giuseppe Conte po-
trà ritoccare tutte quelle immagini che lo ritrag-
gono accanto a un Matteo Salvini sorridente,

semplicemente facendo sparire da quella foto il
leader della Lega che è diventato il suo più acer-
rimo avversario. In fondo era quello che faceva
Iosif Stalin, assumendo persino dei professioni-
sti che rendessero «un ricordo perfetto», come
nelle pubblicità dell’iPad, le istantanee del pas-
sato. Negli anni delle Grandi Purghe (750mila
morti, un milione di esiliati) scomparvero lette-
ralmente dalle foto ufficiali del Pc non solo Avel
Enukidze o Leon Trostsky e tanti altri, ma persi-
no Nikola Yezhof, ufficiale della polizia segreta
che era stato la sua mano destra fino al 1939,
l’uomo che per conto suo decretava le condan-
ne a morte e che da allora fu rimosso da tutte le
foto, a cominciare da quella in cui sorrideva ac-
canto al suo ex capo, lasciando Stalin sulla riva
del fiume che parlava da solo al vento e all’aria.
Tutte queste cancellazioni servivano a cambia-
re le percezioni del pubblico, e il suo impegno
nei ritocchi fu così forte che finì effettivamente
per riscrivere la storia a suo piacimento, proprio
come raccontava Orwell nel suo romanzo.
Quello che permette la nuova funzione di iPad a
noi comuni mortali non ha certamente tutti questi
risvolti sociopolitici. Ma sembra quasi l’inganno di-
spotico che facciamo a noi stessi, illudendoci con il
ricordo perfetto di poter controllare il passato. Per-
ché a volte per ingannare se stessi basta credere ve-
ro tutto ciò che si desidera. —
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COL NUOVO IPAD CANCELLEREMO


CHI CI FA SOFFRIRE


PIERANGELO SAPEGNO


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E


richiede un rapido inter-
vento, per tamponare la
congiuntura ed evitare
che si comincino a manife-
stare gli effetti anche in ter-
mini di cancellazione di
posti di lavoro nelle aziende che si fer-
mano.
Perché allora Salvini più dichiarata-
mente, ma anche Berlusconi e Meloni,
che pure avevano votato il primo decre-
to d’emergenza del governo, hanno in-
nestato la retromarcia? Innanzitutto
perché pensano che la crisi del corona-
virus sarà lunga, e il governo, che al
momento gode di un certo consenso,
malgrado le incertezze e le esagerazio-
ni dei primi giorni, alla fine ne sconte-
rà le conseguenze, nel senso che non
sarà in grado di approntare i rimedi ne-
cessari al crollo dell’economia che s’an-
nuncia, nell’Italia che già barcollava
sul filo della recessione, prima che arri-
vasse l’epidemia a peggiorare la situa-
zione. Puntare sulla rovina del gover-
no giallo-rosso, ma in realtà del Paese,
non è un gran che. Ma si sa che tra Salvi-
ni e Conte, così come tra Renzi e Con-
te, è in corso una partita spietata, che
prevede che a conclusione dei rispetti-
vi duelli uno solo resti in piedi.
Inoltre i leader dell’opposizione,
nonché l’ex-premier e fondatore di Ita-
lia viva, considerano possibile il falli-
mento dell’iniziativa per ottenere mag-
giore flessibilità dall’Europa, in forza
di un evento imprevisto e catastrofico
come l’epidemia da coronavirus, seb-
bene il commissario agli Affari econo-
mici, Paolo Gentiloni, abbia annuncia-
to maggiore disponibilità da parte del-
la commissione europea. Tra il dire e il
fare di Bruxelles, in effetti, troppo spes-
so c’è di mezzo il mare. E non è detto
che al primo vertice le rivalità tra i
membri del Nord dell’Unione, più gelo-
si di politiche di rigore che singolar-
mente sono abituati a rispettare, e
quelli meridionali, al momento più col-
piti dall’emergenza, possano riaffiora-
re difficoltà come quelle che in passato
hanno impedito accordi seri su proble-
mi gravi e incombenti, come l’immigra-
zione. E questo anche a dispetto del fat-
to che Francia e Germania potrebbero
presto aggiungersi alla lista dei part-
ner europei che reclamano un sensibi-
le cambio di linea da parte delle autori-
tà europee. Inoltre va considerato che
la questione dei profughi siriani, ria-
perta all’improvviso dal leader turco
Erdogan, aggiunge tensione a tensio-
ne, e non fa prevedere sbocchi positivi.
Non è la prima volta, anche in tempi
recenti, che i rapporti tra governo e op-
posizione passano per un tentativo di
appeacement e subito dopo riprecipita-
no nel muro contro muro. In fondo an-
che Berlusconi, all’inizio del suo man-
dato, diede una stretta di mano simbo-
lica a Napolitano, allora suo avversa-
rio. Ma ne seguì il ventennio che sap-
piamo. Stavolta c’erano e rimangono
tutte le ragioni per ripensarci, in pre-
senza di un problema così grave che ri-
guarda il mondo intero. Eppure, sba-
gliando, le nostre opposizioni, esterne
e interne al governo, preferiscono
scommettere sul disastro. —
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MERCOLEDÌ 4 MARZO 2020 LA STAMPA 19

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