La Stampa - 04.03.2020

(Barré) #1

TIZIANA PLATZER


I


o quella domanda a 40 an-
ni me la sono fatta. E la ri-
sposta è un presente incre-
dibilmente fortunato, più
di quanto potessi immagina-
re». Lo dice con consapevolez-
za divertita a cui non rinunce-
rebbe mai Luca Argentero, feli-
ce di vivere oltre le aspettative
infantili e adolescenziali, rima-
ste appuntate sul titolo del suo
spettacolo: «È questa la vita
che sognavo da bambino?».
Da ragazzino non giocava
con il desiderio di essere un
personaggio in tv, un attore
di cinema?
«No, avevo pensieri legati alla
mia storia, ero sicuro che avrei
partecipato al lavoro di fami-
glia: mio padre è un costruttore
e mi vedevo nella sua azienda».
Una bella virata la sua carrie-
ra...
«Non è stata una virata, è suc-

cesso così, tutto con una veloci-
tà pazzesca».
Nemmeno quando faceva il
barman ai Murazzi si sarebbe
immaginato i suoi 40 anni fra
un set e un palcoscenico?
«Che tempi quelli, io ero sem-
pre dietro al bancone del Jam-
min. Giovanissimo e entusia-
sta, amante della notte, ai Mu-
ri ho visto sicuramente più al-
be che tramonti. Quel luogo
era una magia».
Oggi vederlo così deserto fa
un po’ male, non crede?
«Vero, andrebbe ripensato, an-
che se quei Muri erano perfetti
per la città di quegli anni. Oggi
non potrebbero esserlo, né io a
40 anni li frequenterei con la
stessa modalità».
I 40 anni non mollano: sono
la chiave di lettura del suo
esordio come storyteller tea-
trale, un testo scritto con
Edoardo Leo?
«È stato proprio Edoardo a con-
vincermi. Le storie ce le raccon-
tavamo a cena e lui a un certo
punto mi ha detto che savrem-
mo p otuto condividerle. I pen-
sieri sulle mete raggiunte, sul-
la forza che si sente dentro ap-
partengono al mio presente».
Sono la prefazione ai tre per-
sonaggi scelti, Luisin Mala-
brocca, Walter Bonatti e Al-
berto Tomba? Che hanno a
che fare con la sua passione:
lei ama la montagna e la fati-
ca che implica?
«Malabrocca è il personaggio
che ti permette di parlare
dell’antieroe, di chi pensa che
la vittoria non sia l’unico obiet-
tivo della vita. Bonatti e Tom-
ba hanno invece a che fare con
le passioni della mia famiglia, i
racconti di nonni e genitori sul-
lo sci e l’alpinismo. La monta-
gna è la metafora dell’esisten-
za: in cima nessuno ti applau-
de quando arrivi, e la strada
che ti porta lì è faticosa».

Tomba olimpico è un amico?
«Ho avuto la fortuna di cono-
scerlo. Lui è la leggerezza,
l’empatia, il divertimento del
campione. Nella mia camera
da bambino avevo il suo po-
ster, lo ammiravo».
Sta finendo di girare la fiction
di Rai 1 «Doc. Nelle tue mani»
in onda a fine marzo: come si
vede con il camice bianco?
«È una storia vera, sono un me-
dico con molto talento che per
un trauma perde 12 anni di vi-
ta: non ricorda più la sua com-
pagna, è rimasto alla prima
moglie, i figli sono bambini. È
interessante immedesimarsi

in uno shock così serio».
Nella vita lei è al massimo del-
la felicità, sarà presto papà: si
sta preparando?
«Non penso a niente, se non a
quanto sono felice. Credo che i
pensieri comincino quando ve-
di tuo figlio la prima volta».
La replica di domenica cade
sull’8 marzo: a che punto è
#metoo?
«Sarò molto contento se gruppi
di amiche verranno a teatro, la
festa della donna è condivisio-
ne. Sul resto non mi esprimo, il
femminismo è un tema su cui è
facile fraintendersi».—
© RIPRODUZIONE RISERVATA

LUCA ARGENTERO L’attore oggi quarantenne


racconta gli anni da ragazzo e i desideri di oggi


“Vedevo l’alba


ai Murazzi


dal bancone


del Jammin”


sabato e domenica al colosseo

“È questa la vita che sognavo da bambino?”
Rispondono Malabrocca, Bonatti e Tomba

Luca Argentero nel suo spettacolo: «È questa la vita che sognavo da bambino?»

Su La Stampa

INTERVISTA


«È questa la vita che sognavo
da bambino?» è lo spettacolo
che sabato 7 alle 21 e domeni-
ca 8 marzo alle 17 arriva al
Teatro Colosseo con Luca Ar-
gentero, anche autore insie-
me a Edoardo Leo, che ne cu-
ra la regia, e Gianni Corsi. È la
narrazione della vita di tre
grandi sportivi, amati perché
hanno saputo far sognare. Si

tratta di Luisin Malabrocca, il
ciclista che nel primo Giro d’I-
talia dopo la guerra, arriva ul-
timo e comprende il valore
della «maglia nera»: tutti lo
acclamano. Walter Bonatti,
l’alpinista che ha sfidato in so-
litaria le vette nel mondo, fra
cui il K2. E l’olimpico Alberto
Tomba, uno dei giganti mon-
diali dello sci. T. PL. —

Ed eccoti da Giancarlo a
bere e ballare e poi parlare
e soprattutto ascoltare la
vita di Peppo, incontrare
Vinicio che... scivola e vai
via, e poi al Sax dove
uscendo alle 8 del mattino
si incontravano i runners
Barbara Torchio

La mia prima volta ai muri era il 1995,
avevo 15 anni, c’erano ancora i
marocchini che grigliavano e facevano
panini improbabili (provati). Era a volte
anche pericoloso ma allo stesso
tempo affascinante anche per quel
lato oscuro. Soprattutto i sabati sera
dopo i pomeriggi passati al Balon. Che
tempi! Tony Mangano

Quanta nostalgia: oggi i ragazzi
hanno altri luoghi per ritrovarsi.
Vorrà dire che ci saranno i Muri
per gli Over 50: presente!
Silvia Di Ciero

Solo vita, movida, gente che andava e
veniva, leggerezza nell'anima e nella
mente, tantissimi bei ricordi vissuti senza il
filtro degli smartphone. Bei tempi. Poi
l’inizio della fine... Appunti Rosa

E quella sera che feci
tantissime foto e poi mi
rubarono il telefono...
Almeno ero con i miei
amici Mi ricordo bene i
Murazzi....
Anche gli odori di
qualsiasi cosa,
compreso il Po che
d'estate aveva un
profumino niente male.
Ma era meraviglioso...
Forse è proprio lì che
abbiamo imparato a
vivere.
Elena Canaparo

I lettori de La Stampa scrivono su Facebook i loro «muri»

Su La Stampa raccontiamo le
notti dei Murazzi e raccogliamo
testimonianze dei torinesi e de-
gli artisti che le hanno vissute. I
ricordi spaziano: dai concerti
dei Subsonica e dei 99 Posse al-
la storia mitica di Giancarlo.

STEFANO POLLIO


48 LASTAMPA MERCOLEDÌ4 MARZO 2020


CULTURA & SPETTACOLI


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