Internazionale - 28.02.2020

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Ventitré persone sono morte e almeno duecento sono
rimaste ferite nelle violenze scoppiate a New Delhi tra il 24
e il 26 febbraio durante le proteste contro la nuova legge
sulla cittadinanza, che discrimina i musulmani. “Per tre
giorni gruppi di teppisti hanno lanciato pietre e bombe
molotov e sparato con armi da fuoco”, scrive Scroll.in.
“Dilagate in diverse aree della zona nordest della capitale,
le violenze sono state senza dubbio di natura religiosa.
Sono cominciate come scontri tra indù (sostenitori della
legge) e musulmani (contrari), e sono sfociate in attacchi
su larga scala contro i quartieri islamici”. Case e negozi
sono stati dati alle fiamme al grido di Jai shri Ram, gloria al
dio Rama, diventato lo slogan degli estremisti indù nelle
“azioni punitive” contro i musulmani. The Caravan
scrive che anche alcuni poliziotti si sono uniti ai cori degli
estremisti. Vari giornalisti sono rimasti feriti. The Hindu
accusa sia il governo centrale sia quello locale, guidato da
Arvind Kejriwal, appena rieletto, di essersi fatti cogliere
impreparati. Le manifestazioni continuano in molte zone
del paese da settimane, ma è la prima volta che a New
Delhi sfociano nella violenza. La riforma contestata
facilita le procedure per ottenere la cittadinanza indiana
agli immigrati non islamici provenienti dai vicini paesi a
maggioranza musulmana. Le violenze hanno fatto passare
in secondo piano la visita del presidente statunitense
Donald Trump nella capitale. Con il primo ministro
Narendra Modi, Trump ha annunciato che continueranno
a “lavorare per raggiungere un accordo commerciale”. Nel
2019 Washington aveva tolto New Delhi dalla lista dei
partner commerciali perché troppo protezionista e Modi
aveva risposto imponendo dazi su 28 prodotti statunitensi.
Durante la visita di Trump ci si aspettava che la questione
sarebbe stata risolta con un accordo, per ora rimandato. u

India


Attacchi ai musulmani


SAJJAD HUSSAIN (AFP/GETTY)

EPIDEMIA
La Cina prepara
misure mirate

In Cina i casi confermati di co-
ronavirus sono saliti a 77.785 e i
morti a 2.666 (dati del 26 feb-
braio), per la maggior parte con-
centrati nello Hubei e a Wuhan,
la città di 11 milioni di abitanti
epicentro dell’epidemia. In un
ricovero per anziani di Wuhan,
almeno 19 persone sono morte,
anche se le autorità locali hanno
attribuito al virus solo uno dei
decessi. La quarantena in molte
zone del paese ha bloccato l’e-
conomia nazionale, che rischia
di pagare un prezzo molto alto.
Per questo, scrive Caixin, le au-
torità hanno deciso di dividere il
territorio fuori dallo Hubei e da
Pechino in diverse fasce di ri-
schio, in modo da applicare mi-
sure mirate e alleviare il peso di
restrizioni troppo drastiche. Il
paese più colpito dal virus dopo
la Cina è la Corea del Sud, dove
i casi confermati sono più di
1.200. Circa la metà è legata al-
la chiesa di Shincheonji, un
gruppo cristiano la cui sede nel-
la città di Daegu è stata indicata
come il focolaio dell’epidemia
nel paese. La gestione della cri-
si in Corea del Sud sembra effi-
ciente, scrive la Bbc, non come
nel vicino Giappone, dove la vi-
cenda della nave da crociera
Diamond Princess ha eviden-
ziato misure del tutto inadegua-
te. Oltre ai 700 casi di infezioni
legate alla nave, anche otto fun-
zionari del ministero della salu-
te saliti a bordo per gestire la
quarantena sono risultati posi-
tivi. Dopo la loro missione non
erano stati isolati.

(KYODO NEWS/GETTY)


PHILIPPE LOPEZ (AFP/GETTY)

CINA
Una sentenza
ingiustificata

Il 25 febbraio è stato condan-
nato a dieci anni di carcere Gui
Minhai, uno dei librai di Hong
Kong che vendevano libri sati-
rici sui leader del Partito co-
munista cinese e che nel 2015
erano stati arrestati dalla poli-
zia di Pechino e processati. Se-
condo il tribunale Gui, che ha
la cittadinanza svedese, avreb-
be ceduto informazioni segre-
te a paesi stranieri. “Il caso è
molto controverso perché ri-
guarda non solo i diritti dei cit-
tadini stranieri in Cina, ma an-
che il loro prelievo forzato e
l’incriminazione da parte delle
autorità cinesi”, scrive il quoti-
diano di Hong Kong South
China Morning Post. “Gui
nel 2015 era stato prelevato
dalla polizia cinese mentre si
trovava in Thailandia e portato
in Cina. Una volta scarcerato,
nel 2017 era stato arrestato di
nuovo mentre era con alcuni
diplomatici svedesi. La sen-
tenza di colpevolezza non
spiega le motivazioni. La giu-
stizia cinese lascia ancora mol-
to a desiderare. Oltre alla tra-
sparenza, Pechino dovrebbe
dimostrare il suo impegno ver-
so lo stato di diritto”.

IN BREVE
Malaysia Il 24 febbraio il primo
ministro Mahatir Mohamad si è
dimesso a sorpresa, alimentan-
do le voci sulla sua intenzione di
formare una coalizione senza il
suo successore designato,
Anwar Ibrahim.

New Delhi, 26 febbraio 2020

Yokohama, Giappone
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