Internazionale - 28.02.2020

(backadmin) #1

Le opinioni


Q


uando ero giovane non avevo parole.
Leggevo tanto, amavo i libri, le storie, la
lingua. Stavo cercando di diventare
una scrittrice, vivevo per le parole. I
miei pensieri e alcune delle speranze e
delle paure che stavano prendendo for-
ma nelle lunghe conversazioni con i miei amici usci-
vano a fiotti, ma le parole mi venivano meno proprio
quando ne avevo più bisogno. Erano gli anni ottanta,
molto prima che si cominciasse a credere alle parole
delle donne che avevano subìto violenze sessuali,
molto prima del dibattito contemporaneo sul consen-
so, molto prima che espressioni come “stupro” si ap-
plicassero anche alle violenze commesse da una per-
sona conosciuta e si discutesse senza problemi di
molestie sessuali sul posto di lavoro. Era un’epoca in
cui sembrava così improbabile che gli uomini che mi
minacciavano in strada rispettassero la mia volontà
se dicevo no, lasciami stare, che mi disperavo e cerca-
vo di scappare, ritrarmi, sparire.
In quei momenti ero muta. Sapevo che parlando
avrei peggiorato le cose, anche se le donne che si era-
no trovate nella mia stessa situazione venivano rim-
proverate per non aver parlato. La ridicola teoria che
giustificava quei rimproveri era quella secondo cui
eravamo tutti esseri razionali e potevamo usare il lin-
guaggio, quindi chi non lo faceva sceglieva di non far-
lo, e la responsabilità era solo sua.
Era una bugia. Non avevamo tutti lo stesso potere.
A volte dicendo “no” o “fermati” non ottenevamo
nulla. A volte, se parlavamo, l’uomo al quale cercava-
mo di sfuggire si arrabbiava di più. Alcune di noi, mol-
te di noi, milioni di noi venivano molestate e quando
raccontavamo quello che era successo ci dicevano
che eravamo delle bugiarde. La nostra società fingeva
di preoccuparsi per gli abusi sessuali ma si rifiutava di
riconoscere la loro onnipresenza.
Possiamo fare cose con le parole: stabilire confi-
ni, giurare, testimoniare. Ma se le nostre parole non
hanno potere, parlare e vederle fallire è quasi peggio
che stare zitte. In una democrazia dell’informazione
che è il risultato di una democrazia delle voci, i fatti
circolano. Negli Stati Uniti invece abbiamo qualcosa
di diverso, sia nella vita personale sia nella politica
nazionale: una brutale gerarchia di chi può essere
ascoltato e creduto, in cui le persone che conoscono
i fatti a volte non vengono ascoltate, perché chi ha
più potere spinge i fatti fuori della porta e rende il
prezzo di affermare quei fatti pericolosamente alto.


È così che l’industria del petrolio ha trasformato la
scienza del cambiamento climatico in un falso dibat-
tito pieno di false incertezze. È così che il processo
per mettere in stato d’accusa il presidente si è tra-
sformato in un’occasione per mostrare come è pos-
sibile aggirare i fatti e le leggi.
Ed è così che il produttore cinematografico Har-
vey Weinstein finora ha assoldato un esercito di per-
sone per difendere il suo diritto a palpeggiare e stu-
prare impunemente. Le molestie sessuali sono forse
l’esempio più odioso e più chiaro di come la disparità
di potere genera crimini e poi protegge chi li ha com-
messi, ma non sono l’unico.
Fin da quando ha cominciato a essere raccontata
due anni e mezzo fa, la storia di Harvey Weinstein e
del suo esercito di protettori è stata un esempio. Più di
90 donne hanno dichiarato di essere state molestate
o aggredite da lui. Ma Weinstein aveva tutto quello
che il denaro può comprare: un esercito di avvocati di
fama internazionale, di spie e di persone influenti che
si davano da fare per mantenere i suoi segreti, met-
tendo a tacere e screditando le donne delle quali ave-
va abusato. Molte di loro sono state messe a tacere
due volte. La prima quando hanno subìto una violen-
za (“Se dicevi no diventava più aggressivo”, ha rac-
contato una di loro). La seconda volta quando sono
state intimidite perché non parlassero o sono state
pagate per tacere o minacciate di veder rovinata la
loro reputazione o la loro carriera, o entrambe le cose.
Il processo a Weinstein ha avuto un’ampia copertura

La condanna di Weinstein


è un passo avanti


Rebecca Solnit


Possiamo fare


cose con le parole.


Ma se le nostre


parole non hanno


potere, parlare e


vederle fallire


è quasi peggio


che stare zitte

Free download pdf