Vanity Fair Italia 20170208

(Romina) #1

(^68) I VANITY FAIR 08.02.2017
A bbiamo
realizzato un album... Pardon volevo dire
“ho”: scusi, eh, ma sono ancora abituato a
parlare al plurale».
Per vent’anni (su 44) il plurale di Samuel
Umberto Romano – per tutti solo Samuel



  • sono stati i Subsonica, il gruppo rock
    elettronico torinese che tra i primi ha rotto
    gli argini della musica indie in Italia, por-
    tandola al grande pubblico. Oggi che la
    band si è presa un periodo di pausa («Non
    ci siamo lasciati ma ci stiamo amabilmen-
    te tradendo»), Samuel, da solo, ha deciso
    di farsi abbracciare per la seconda volta
    dalla platea più grande che ci sia.
    Dal 7 febbraio è uno dei Big in gara al 67°
    Festival di Sanremo, dove torna dopo l’e-
    sperienza in gruppo nel 2000. Una scom-
    messa vinta col destino, visto che a 6 anni,
    dopo avere scritto la sua prima canzone,
    sua madre lo piazzò davanti alla televisio-
    ne e gli disse: «Se vuoi imparare a scrivere
    canzoni, devi guardare il Festival».


Tanti anni dopo, che effetto fa?
«Bello: torno nella classe dove ho impara-
to a comporre!».
Poco dopo uscirà il suo primo disco da so-
lista.
«Vorrei che fosse riconosciuto come l’ope-
ra di un cantautore. Mi sono concentrato
molto sul racconto, sui testi».
Che umori ci sono all’interno?
«Festosi, ma ci sono anche brani più om-
breggiati. L’ho definito un album di chia-
roscuri».
La canzone di Sanremo, Vedrai, è più chia-
ra o più scura?

«Super chiara! Non ho scritto un pezzo
apposta per Sanremo, l’ho dovuto sce-
gliere tra quelli che avevo già nell’album.
Vedrai è quello che si avvicina di più all’e-
spressione del festival, cioè una canzone
strofa-ritornello-strofa. All’Ariston si va a
parlare unicamente quel linguaggio, sen-
nò non si viene capiti. La risposta sarebbe
stato un brano troppo elettronico. Rabbia
avrebbe funzionato, ma il ritornello ha
una tonalità molto bassa: io lì voglio an-
dare a cantare, non a parlare».
Vedrai di che cosa parla?
«Di amore, ovviamente. Ma, come nel di-
sco, questo viene analizzato da una pro-
spettiva diversa, l’attenzione si sposta sui
lati B e le crepe».
Rabbia parla dei litigi.
«Ho sempre pensato che le liti fossero inu-
tili e noiose. Poi mi sono reso conto che so-
no un passaggio fondamentale: scontrarsi,
tirare fuori il peggio serve a su-
perarlo e andare avanti».
Sanremo da solo come si af-
fronta?
«Sarà meno divertente: in
gruppo si scherza, ci si divide
le interviste».
Quanti dei cantanti in gara
quest’anno ha dovuto googlare
per sapere chi fossero?
«Non l’ho ancora fatto, in
realtà. A parte i mostri sa-
cri, qualcun altro lo cono-
sco, ci siamo incrociati in
giro per i festival. Ma di te-
levisione ne guardo poca,
vedo solo film».
Non soffre il fatto che Boo-
sta, altro membro dei Sub-
sonica, la stia tradendo pro-
prio con la Tv, ad Amici?
«Ognuno tradisce con
chi vuole, io preferisco farlo con la musi-
ca, perché è l’unica cosa in cui riesco a tro-
vare un equilibrio. La Tv è fondamenta-
le, a Sanremo ci vado, però da musicista.
Quando inizi a parlare di musica in televi-
sione è l’anticamera per non farla più».
Alla televisione ha detto molti no?
«Uno importantissimo, quasi grosso come
il sì di Davide».

Manuel Agnelli è andato a X Factor per li-
berarsi dalla gabbia dell’indie. Lei non si è
mai sentito in gabbia?
«Manuel è stato la colonna della musica in-
dipendente italiana. Io, forse perché sono
più giovane e ho un’estrazione sociale di-
versa – arrivo dalla famiglia medio borghe-
se di periferia che guardava Sanremo –, ho
un meccanismo più pop e nazionale. Non
mi sento indie, anche se nell’indie ci sto be-
ne. È più facile, per me, raccontare la can-
zone all’italiana. Questa credo sia stata an-
che la fortuna dei Subsonica: un suono, una
costruzione musicale indipendente, ma te-
sti e melodie italiane. Io sono così: amo la
musica dance, la techno, il rock, però sbro-
dolo ascoltando Lucio Dalla o De André».
Molti trovano che i suoi nuovi singoli siano
troppo simili ai pezzi dei Subsonica.
«Be’, ovvio: il suono è mio, la voce anche.
Chi fa musica deve rispettare i giudizi delle

«HO PERSO DIECI CHILI IN UNA SETTIMANA:


PENSAVANO STESSI MORENDO.


E, ONESTAMENTE, LO PENSAVO ANCH’IO»


PIEMONTESI ROCK
Samuel, al centro, con gli altri
Subsonica, nati a Torino nel
1996: da sinistra, Luca Vicini
«Vicio», 45, basso;
Massimiliano Casacci «Max»,
53, voce e chitarra; Davide
Dileo «Boosta», 42, voce
e tastiera; Enrico Matta
«Ninja», 45 anni, batteria.

OLYCOM

persone e tenerne conto,
ma non può farsi influen-
zare più di tanto. Se uno è
arrivato a un certo punto
è perché ha tracciato una
linea, non perché ha se-
guito il pubblico: prima di gente che dava
consigli non ce n’era».
Continuare a essere «SamueldeiSubsoni-
ca» non aiuta. Perché non mette il cogno-
me dopo il nome?
«In effetti “Samuel Romano dei Subsoni-
ca” sarebbe più complicato da dire. La ve-
rità è che preferisco distinguermi con la
musica: certe sonorità sono uguali perché

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