Anatoli Podoksik – Pablo Picasso 1881-1973. Ediz. illustrata

(Bozica Vekic) #1

luogo di semplici composizioni figurative si trovano ovunque
raffigurazioni di certi episodi, idee per soggetti, ognuna con la propria
interna tensione drammatica. Si direbbe quasi che la nuova forma –
fondata sul ritmo espressivo di linee forti e sinuose, su piani netti, puliti
e articolati, sull’equilibrio interno dell’intera struttura pittorica, questa
forma limpida e imponente – abbia generato nell’immaginazione
dell’artista potenti immagini senza identità e senza tempo. Quel che
nelle opere del 1907 può vagamente apparire come un che di pre-
temporale, quasi uno sfondo dell’eternità, diviene ora, grazie alle
caratteristiche della forma, realtà oggettiva che emerge dalla soluzione
tematica stessa.
Il pensiero creativo di Picasso, però, pur emergendo dagli archetipi
del pensiero mitologico universale, aveva da tempo abbandonato il
terreno della psicologia per addentrarsi nel territorio di idee totalmente
aliene a ogni narrativismo, a ogni “racconto” poetico con riferimenti
psicologici. Profondamente impegnato per tutto il 1907 a sviluppare
una nuova anatomia plastica per la propria opera pittorica, un’anatomia
fondata sulla materialità della figura umana, Picasso, per passaggi
impercettibili, d’istinto, scopre e poi assimila le differenze psico-fisiche
di struttura tra i due archetipi del maschile e del femminile: la forma
squadrata (simmetria e stabilità) dell’uno e la forma romboidale
(potenzialità plastica e goticismo) dell’altro. L’elementare struttura
morfologica lo aiuta a cogliere l’essenziale verità, metaforicamente
espressa, dei fenomeni naturali.
A quel punto, Picasso aveva ormai scoperto la scultura lignea
africana al museo etnografico del Palais du Trocadéro e, come molti
altri artisti, aveva acquistato svariate statue e maschere. Queste, per lui,
non erano semplicemente opere dotate di un’incredibile carica
espressiva, opere in cui altri cercavano la spiegazione delle sue
innovazioni. André Malraux attribuisce a Picasso la seguente
affermazione: «Le loro forme non ebbero su di me più influenza che su
Matisse o su Derain. Per questi ultimi, però, le maschere erano sculture
come tante altre. Quando Matisse mi mostrò la sua prima testa africana,
fece riferimenti all’arte egizia».[65]
Picasso, invece, le vide subito come oggetti magici caratterizzati da
un idioma artistico loro proprio. E la scoperta dell’arte africana lo
scosse per la corrispondenza che aveva con il suo più profondo e
personale atteggiamento nei confronti della vita e del lavoro creativo.

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