Anatoli Podoksik – Pablo Picasso 1881-1973. Ediz. illustrata

(Bozica Vekic) #1

ripudio di tratti non indispensabili, al fine di mettere a nudo l’essenza
plastica dell’immagine e di enfatizzarne la realtà. Picasso parlò, a
questo proposito, di «surrealtà», e già ai tempi del cubismo si
considerava un realista. Per Picasso, infatti, la scultura serviva anche
come verifica della percezione della realtà, della sua validità fisica,
dato che, come lui stesso osserva, «la scultura è il miglior commento
che un pittore possa proporre sulla pittura».[74] Contadina (a figura
intera) è il ritratto della statua di una donna presso cui, nell’abitato di
La Rue-des-Bois, non lontano da Parigi, il pittore trascorse diverse
settimane alla fine dell’estate del 1908. Conosciamo il suo nome, e da
qualche parte potrebbero persino esistere delle fotografie, ma queste
difficilmente potrebbero convincerci della realtà di madame Putman
più di quanto già non faccia Picasso nella Contadina, con i suoi tratti
ruvidi e il suo corpo da lavoratrice dei campi, plasmato dalla fatica.
Anche il giovane Van Gogh dipinse le stesse figure con penetrante
realismo, ma nella monolitica contadina di Picasso, eseguita con una
sobrietà pari all’accuratezza, ci troviamo di fronte a un super-realismo
che trasforma la contadina in una grande divinità ctonia, pietrificata da
un’insormontabile gravità, il viso vanamente rivolto al cielo. «Una
bottiglia su un tavolo non è meno significativa di un dipinto religioso».
Non c’è nulla di meglio, per descrivere l’essenza delle nature morte
picassiane del 1908, di ciò che l’autore stesso ebbe a dirne in una
conversazione con Yakov Tugendhold nei primi anni Dieci.[75] E se
gli studiosi, per opere come Piatto verde e bottiglia nera e Brocca e
vasi, parlano ora con cautela non solo di un ritorno al concreto bensì
anche di una drammatizzazione dello spazio circostante (Daix), queste
stesse nature morte della collezione Shchukin verranno interpretate, nel
secondo decennio del Novecento, in Russia, come una sorta di
rivelazione spirituale, sorta di “icone nere”.
Queste immagini, pur essendo costituite non da oggetti simbolici o
misteriosi, bensì d’uso comune, paiono tuttavia animate più da un
desiderio di auto-espressione che non da un interesse per l’oggettività
materiale. Ciò è vero, quantomeno, per queste prime opere che, in
pratica, sono in tutto e per tutto simili alle composizioni, alle figure e ai
paesaggi eseguiti nel 1908 da Picasso nel suo studio parigino, nel senso
che con tutta evidenza non sono ritratti dal vero. Si resta sgomenti di
fronte all’esaltazione drammatica di Piatto verde e bottiglia nera,
perché un effetto del genere si è piuttosto portati ad aspettarselo

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