Anatoli Podoksik – Pablo Picasso 1881-1973. Ediz. illustrata

(Bozica Vekic) #1

degli anni Dieci, periodo di profondissima ricerca spirituale, la
cattedrale dovesse necessariamente prevalere sul palazzo. Questa verità
trova ulteriore conferma nella lettura delle valutazioni espresse su
Matisse e Picasso dai loro primi critici russi. I critici seri, naturalmente,
riconobbero in Matisse un audace innovatore, apprezzarono il suo
talento artistico e le dimensioni della sua personalità creativa; gli stessi
critici, però, che certamente comprendevano Matisse fino in fondo,
rifiutarono con un’ostinazione eloquente di vedere in lui altro dal
“decoratore di palazzi”, ossia l’immagine di un Eden decorativo, simile
alle scene persiane e arabe, con pareti invetriate e sontuosi tappeti e
tessuti.
Nel primo numero di “Apollon “(1914), Yakov Tugendhold scrisse:
«Non è possibile filosofare nel Salone Rosa di Shchukin, ma neanche
si può cedere ai sentimenti Chechoviani [...]. Qui, senza mai alzarsi
dalla propria poltrona [allusione al paragone fatto dallo stesso Matisse
tra il proprio ideale artistico e una solida e comoda poltrona], si
possono doppiare tutti i poli e i tropici delle emozioni».[111]
Come Maurice Denis, anche Tugendhold riconosce le aspirazioni
matissiane all’assoluto, ma si tratta di aspirazioni orientali, come
segnalerà in una riedizione del suo saggio sulla galleria Shchukin.[112]
In definitiva, per Tugendhold, l’opera di Matisse non è arte grandiosa,
bensì gioiosa, frutto di una gioiosa abilità manuale.

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