Anatoli Podoksik – Pablo Picasso 1881-1973. Ediz. illustrata

(Bozica Vekic) #1

almeno fino alla fine del 1902.[39] Sei mesi più tardi, di ritorno a
Parigi da Barcellona, Picasso si mise al lavoro su un dipinto che, in una
lettera inviata a Max Jacob, lui stesso descrive come «una prostituta di
Saint-Lazare con sua madre», ossia La visita.
Nella lettera appena citata (così come nel disegno a essa allegato,
2.6.436) Picasso si riferisce a questo dipinto chiamandolo Due sorelle,
titolo che esprime la sua personale visione dell’opera, anche se va
ovviamente inteso come allegoria, come simbolo, come accostamento
dei due aspetti metafisici di un’unica essenza femminile – il volgare e il
sublime, quali possibili sviluppi del destino di una donna – «una
prostituta di Saint-Lazare e una madre». A giudicare dagli schizzi, la
concezione iniziale dell’opera aveva una sfumatura sentimentale, la
storia di come la sacra Maternità sia apparsa a una prostituta sotto
forma di donna incinta che reca un neonato tra le braccia. A poco a
poco, però, questi dettagli secondari, quali l’espressione del viso e il
gesto, scompaiono, insieme a qualsiasi particolare dell’aspetto esteriore
e dell’abito. Tutto quel che attiene all’evento dipinto è reso in modo
assai generico e frugale: il luogo si esaurisce in una parete con arco; le
pose e i gesti delle figure ritratte sono frenati e passivi; i volti sono
anonimi; gli abiti indeterminati e vaghi. Picasso non si limitò a
escludere ogni dettaglio, bensì ridusse i propri mezzi espressivi fino
all’ascetismo.

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