Anatoli Podoksik – Pablo Picasso 1881-1973. Ediz. illustrata

(Bozica Vekic) #1

nell’acquaforte del 1904 intitolata Il pasto frugale. Insieme alle
tendenze naturalistiche dei suoi disegni, il 1905 registra uno sviluppo
dell’elemento narrativo nell’arte picassiana in generale. Già il poeta
russo Aleksandr Blok osservava (sempre nel 1905) questo tipo di
stupefacente interazione: «Spesso i fondamenti di una proposizione – il
soggetto e il verbo – coincidono rispettivamente con il colore e la
linea».[46]
La linea di Picasso diviene ora vivace, sensibile al dettaglio, eppure
leggera, sofisticata e nervosa; sembra intonare le note più alte della
forma. Corpi lunghi e flessuosi resi nella loro interezza, spigolosi
gomiti sollevati, estremità aggraziate, profili raffinati, curve insolite,
angolosità, rughe. È una linea dotata di un timbro lirico, che necessita
di temi corrispondenti, come il verso libero, qualcosa di intimo sul
piano dell’atmosfera e di filosofico sul piano del contenuto.
Per i temi Picasso attinse al mondo dei circhi itineranti, con tutta la
ricchezza di potenziali interpretazioni liriche e filosofiche che esso
contiene. E ciò è particolarmente vero proprio per l’artista che
considerava quel mondo come una metafora dell’ambiente in cui lui era
immerso, la bohème artistica di Montmartre, dove si viveva «in
povertà, ma splendidamente» (Max Jacob) in preda a febbrile
eccitazione e a una sensibilità acuita dalla fame, tra la cordialità degli
amici e una devastante, melanconica alienazione. La visione picassiana
era ispirata e pittoresca: è una visione da poeta, che per contenuto ed
emotività si avvicina alquanto all’atmosfera dei Poemetti in prosa di
Baudelaire, mentore spirituale sia di Picasso sia dei poeti suoi amici.
Nella loro condizione di emarginati sociali, questi giovani si sentivano
legati al destino del poète maudit, e ogni loro ricostruzione storica
finiva immancabilmente per poggiare su Baudelaire, eroica figura di
genio ribelle che fu, per essi, come uno dei fari da lui descritti.
Anzi, la Montmartre di questi giovani poeti e pittori – un abbaino e
un attico a Parigi – ricordavano in una certa misura la squallida eppure
magica camera doppia (tinteggiata di rosa e di blu) descritta da
Baudelaire in uno dei suoi Poemetti in prosa. Il Ragazzo con cane
esposto all’Ermitage, poi, sembra addirittura una risposta esplicita a un
altro poemetto baudelairiano, Les bons chiens: «Io canto il cane
infangato, il cane senza domicilio, il cane flâneur, il cane saltimbanco,
il cane il cui istinto, come quello del povero, dello zingaro e
dell’istrione, è reso meravigliosamente acuto dalla necessità, da questa

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