Anatoli Podoksik – Pablo Picasso 1881-1973. Ediz. illustrata

(Bozica Vekic) #1

debiti se non con se stesso» (Kahnweiler). Quarant’anni dopo, così
l’artista spiegava le ragioni e l’essenza della svolta creativa del 1907:
«Mi ero accorto che tutto era già stato fatto. Bisognava rompere con
tutto, fare la propria rivoluzione e ricominciare da zero».[54]
Questa rottura, però, questa rivoluzione non fu né istantanea né facile
da realizzare. Si dispiegò nel contesto di una nuova crisi spirituale e
creativa, più profonda e più vasta che mai, perché investiva le
possibilità tecniche, spirituali e pittoriche accessibili all’artista («Mi
ero accorto che tutto era già stato fatto»). Aveva a che fare con il futuro
stesso di Picasso come artista e, dunque, con la sua stessa esistenza
come individuo. Fu una rivoluzione solitaria, interiore, e forse nessuno
la comprese meglio di Apollinaire, che un anno dopo avrebbe vissuto
un’identica rivoluzione. Nel suo Pittore cubista (1913) Apollinaire
sintetizzò l’esperienza propria e di Picasso in una teoria della creazione
artistica fondata su un criterio per certi versi sorprendente: la fatica.
«Ci sono poeti a cui è la loro stessa musa a dettare le opere; ci sono
artisti la cui mano è guidata da un essere sconosciuto che li usa come
strumento. Questi artisti non sentono mai la stanchezza, perché non
lavorano mai veramente e riescono a produrre in abbondanza, da
mattina a sera, dovunque si trovino, in qualsiasi stagione: costoro non
sono esseri umani, bensì macchine poetiche o artistiche. La loro
ragione non è, per essi, una forza ostile; non devono mai combattere, e
la loro opera non presenta mai il minimo segno di sforzo. Non sono
divini né autoreferenziali. Sono una sorta di protesi della natura, e le
loro opere non passano attraverso l’intelletto.
Riescono a commuoverci senza umanizzare le armonie che creano. E
ci sono altri poeti e artisti che profondono continuamente le loro
energie, che si volgono alla natura, ma che con essa non hanno alcun
contatto diretto; devono trarre ogni cosa da dentro, da se stessi, perché
non c’è demone né musa che li ispiri. Vivono in solitudine ed
esprimono soltanto quel che riescono ogni volta a enunciare, sforzo
dopo sforzo, tentativo dopo tentativo. Gli uomini creati da Dio
riposeranno, un giorno, e ammireranno la loro opera, ma che fatica, che
imperfezione, che crudezza! Picasso esordì come pittore del primo tipo.
Mai, però, si è assistito a uno spettacolo fantastico come la
metamorfosi che lo ha portato a diventare un artista del secondo
tipo.»[55]
Seguendo le fasi concettuali e compositive delle Demoiselles

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