gibonsi con Roma, coincise poi con quello della Via Francige-
na. Era anche il tratto più pericoloso per via delle frequenti
imboscate. Drappelli di armati – gli “scorridori delle strade”
- pattugliavano i tratti insidiosi. Periodicamente si sfoltiva
la vegetazione lungo la via, per impedire gli assalti non visti.
Il banditismo infestò a lungo la Francigena, nonostante
le severissime condanne. La pena di morte era frequente
e le impiccagioni avvenivano lungo la strada per ammonire
i malintenzionati. Si narra che presso le forche di San Qui-
rico d’Orcia, nel 1400, San Bernardino facesse un’accorata
intercessione affinché fosse sistemata almeno una vasca per
evitare che il sangue dei cadaveri fosse «magnato dalle fiere
domestiche e selvatiche».
SUL SELCIATO DELLA FRANCIGENA, MONACI
IN FUGA E ASTUTI BRIGANTI SENZA SCRUPOLI
Per cercare di evitare i pericoli, fra Buonconvento e il con-
fine con la Tuscia laziale i pellegrini potevano scegliere fra
tre possibili direttrici. La più occidentale lambiva le falde del
Monte Amiata e toccava l’abbazia di San Salvatore, visitata da
Carlo Magno e caposaldo religioso di tutta la val d’Orcia. Ma
era la via più rischiosa, poiché le fitte selve della montagna
servivano da rifugio ai briganti. La più orientale seguiva la
linea di crinale fra la val d’Orcia e la val di Chiana, passan-
do per Corsignano (che diventerà Pienza nel Quattrocento),
Sarteano e San Casciano de’ Bagni. Infine c’era la già citata
via “centrale”, impostata sulla Cassia, la più utilizzata dai
viaggiatori, percorsa infinite volte da personaggi più o me-
no decisivi per la storia d’Italia. Ma le varianti, le deviazioni,
le occasioni di passare da una strada all’altra erano infinite. A
volte, a sentire le voci del posto, si era attratti dal misterioso
ribollire del sottosuolo. Si dice che Filippo Benizzi, in fuga
nel 1269 dal conclave di Viterbo per timore di venir eletto
papa, si rifugiò in una grotta poco discosta dalla Francigena
ritrovando la pace interiore fra i vapori di un “bollore”, una
collina calcarea da cui sgorgavano acque solforose. L’aura sa-
crale del luogo attirò col tempo molti viandanti, desiderosi di
immergere in quelle benefiche acque il corpo affranto dalle
fatiche. Un’abitudine che si ripete ancora oggi, nella località
che ha preso il nome di Bagni San Filippo.
Tra campagne
ordinate e piazze
come piscine
d’acqua termale
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Bell’Italia 139